Intervista: le rivolte di Maribor
Iniziamo chiedendoti una genealogia delle mobilitazioni a Maribor, evidenziando i nodi politici aperti da queste e la fase attuale del movimento.
Tutto è cominciato il 29 ottobre 2012, quando i componenti del mio gruppo politico (che da quel giorno si chiama 29 ottobre esso stesso) lanciano una contestazione al governo. In realtà non era la nostra prima uscita pubblica perché già il 15 ottobre 2011, il giorno della Global Revolution, eravamo scesi in piazza insieme a gran parte del mondo. Ma il 29 ottobre 2012 è un’altra cosa. Esso non è consistito in una data singola di mobilitazione! Infatti qualche giorno dopo il sindaco di Maribor Kangler installò dei nuovi “radar” (una sorta di autovelox ndr) per le vie principali della città. Il problema era che il guadagno derivante da queste nuove installazioni sarebbe andato per il 92% ai privati: era un enorme caso di corruzione, un contratto pubblico-privato insopportabile e scaricato sulle tasche dei cittadini. Cosi la gente inizia ad insorgere, dapprima si fanno assemblee sui radar e sull’operato del sindaco, quindi si alza di livello il tutto poiché circa 5000 persone subito vengono pizzicate dai radar.
Iniziano quindi le “Maribor’s uprisings”.
Esatto. Aumenta il dibattito, alcune persone iniziano a scendere in piazza (poche inizialmente in verità) ma la volta dopo ancora sono già 500 (si parla qui della prima rivolta) e la volta dopo ancora, ad impedire al sindaco di uscire da un consiglio comunale, in 1500. E’ la prima volta che il sindaco deve uscire scortato dalla polizia mentre manifestanti tirano uova contro il comune. Poi arriva la seconda rivolta, con sempre più gente che però stavolta lancia pietre , contrastata da elicotteri e lacrimogeni. Ad inizio dicembre 15,000 persone scendono in piazza, con 130 arresti di cui alcuni assolutamente privi di senso – 28 persone sono arrestate pur non avendo partecipato a momenti “violenti” di piazza – mentre la rivolta (la terza) viene repressa sempre con lacrimogeni e un ingente schieramento di polizia. La quarta rivolta è invece molto pacifica, con più di 5000 persone che sfilano per la città andando di fronte alle chiese, al carcere, all’università, al comune, insomma con un corteo cittadino di denuncia delle responsabilità politiche di un sistema in crisi.
Una serie di rivolte che otterrà importanti risultati…
Durante le rivolte succedono cose non indifferenti, visto che il sindaco si dimette dopo la terza rivolta, anche in forza del tam tam su FaceBook che vede una pagina contro di lui arrivare a circa 40.000 “mi piace” mentre le piazze non accennano a svuotarsi. Ma per noi il problema non era la persona, bensì l’istituzione in sé, il consiglio comunale, che volevamo attaccare, e cosi facciamo coordinandoci sempre tramite questa pagina FaceBook (che assume sempre più importanza) per andare sotto le case dei vari consiglieri comunali a imporgli di dimettersi mentre leggiamo le loro malefatte, con la polizia che ci guarda a vista senza intervenire. Un’altra cosa che facciamo è occupare la sala comunale, subendo arresti ma aprendo un conflitto che non volevamo chiudere fino a che non si sarebbero dimessi tutti. Poi però la situazione si è sostanzialmente pacificata, visto che cade anche il governo centrale a Lubiana, si apre una fase di transizione e via così
Quale composizione sociale partecipa alle rivolte? Quale il ruolo degli spazi di aggregazione presenti in città?
E’ una composizione variegata. Inizialmente l’idea di fare cadere il sindaco parte qui a Pekarna (spazio autogestito di Maribor, ndr) il 29 ottobre. La seconda e la terza rivolta hanno visto moltissime persone in piazza, di età tra i venti e i settant’anni, artisti, studenti, dottori, con i giovani a tirare pietre e i meno giovani comunque a dare manforte e rimanere in piazze. Anche le assemblee di quartiere sono un fenomeno interessante: dopo la terza rivolta, persone più attive nelle dimensioni sociali e culturali underground, con ruoli importanti all’interno delle contestazioni a Maribor, hanno deciso di provare a fare questo esperimento di autogestione e di discussione sull’ipotesi di gestione dal basso, partecipata delle differenti zone della città. Vedremo come andrà.
Qual è per te l’obiettivo da raggiungere in questo HubMeeting?
Per noi è necessario connetterci con altri gruppi in Europa a livello personale e collettivo, abbiamo specifiche situazioni qui in Slovenia ma sappiamo che quello che stiamo passando può essere letto e agito anche a partire da altri contesti che sono già passati per queste fasi. Inoltre qui ci sono persone dalla Croazia, dalla Bosnia, dalla Macedonia che testimoniano come i Balcani si stiano piano piano risvegliando a livello sociale, cercando di combattere anche nazionalismi e tentazioni di destra. Ciò è importantissimo. Speriamo inoltre che questo risveglio possa poi connetterci a quei paesi che già si stanno mobilitando, è necessaria unità per affrontare questa situazione. Il 15 maggio spagnolo, o il 13 settembre con il Global Noise sono stati importanti momenti simbolici per noi, speriamo che anche dalla piccola Slovenia ci possa unire a questi momenti dando continuità alle lotte.
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