Kobane, il Curdistan autonomo respinge l’offensiva jihadista
Questo il bilancio dell’ultimo mese di scontri tra i combattenti di Rojava (“Ovest”, il termine con cui i curdi definiscono il Curdistan siriano) e la formazione jihadista – volta ad intensificare l’espansione in Siria del califfato, proclamato a luglio in una moschea di Mosul dal leader Abu Bakr Al Baghdadi.
Un’avanzata resa possibile dall’abbandono della regione da parte dell’esercito baathista di Assad, delle milizie qaediste di Al-Nusra e del filo-occidentale Esercito Libero Siriano. Ma anche dal sostegno dello stato turco; il quale non solo permette il passaggio di armi, munizioni e proseliti dell’ISIS dai propri confini, ma ne tollera la presenza anche nei propri grandi centri urbani come Istanbul – secondo quanto riportato nei giorni scorsi dall’agenzia Firat.
Dal confine settentrionale siriano, tuttavia, non arrivano solamente presenze ostili per i curdi. Non senza grandi rischi (le truppe turche chiudono un occhio sugli islamisti, ma sparano a vista su altri frontalieri illegali) centinaia di miliziani del PKK, ma anche volontari giovani e meno giovani desiderosi di sostenere la causa della Rojava, sono accorsi a difendere Kobane.
In accordo con i principi del Confederalismo Democratico, una piattaforma di organizzazione autonoma promossa dallo storico leader del PKK Abdullah Ocalan, da 15 anni rinchiuso nella prigione turca di Imrali. Impostazione che distingue la traiettoria politica in Rojava da quella del Curdistan iracheno, dove i partiti dinastici e clientelari del KDP e del PUK, e le lobbies che li sostengono, cercano di approfittare della debolezza del morente governo centrale per istituire una forma classica di stato nazionale.
Continueremo a documentare gli eventi in Rojava ed il processo di costruzione di autonomia che vi sta avendo luogo: per un quadro introduttivo consultate “La Rivoluzione in Rojava: costruire autonomia in Medio Oriente” su questo stesso sito.
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