La “seconda vita” di Eddi?
Un commento all’articolo de La Stampa di Massimo Numa sulla decisione di Eddi di arruolarsi nelle YPG, le le Unità di Difesa delle Donne nella Federazione della Siria del Nord.
Oggi, in un articolo pieno di inesattezze, di omissioni e di allusioni, La Stampa parla della scelta di una nostra compagna di unirsi alle YPJ (qui trovate la sua lettera -> http://bit.ly/2iYE9JN). L’articolo comincia dicendo che le YPJ sono considerata come “un’organizzazione terrorista” da parte delle autorità turche, omettendo però di segnalare che non sono considerate tali dall’UE, dall’ONU e da svariati paesi, tra cui il nostro. Dopo aver riempito le proprie pagine con analisi superficiali sulla svolta autoritaria in Turchia a seguito del fallito golpe, ora La stampa prende il califfo Erdogan in parola. Ma poco importa, ogni torsione della realtà è buona purché si possa far aleggiare nell’articolo lo spettro che ha sempre eccitato l’autore, Massimo Numa, purché si possa evocare la parolina magica che getti confusione e ombre su una scelta coraggiosa che istintivamente sosterrebbero tutti i suoi lettori. Il sotto-testo è evidente: da pericolosa notav a pericolosa combattente delle YPJ.
D’altronde l’unica storia di Eddi che si trova nell’articolo della Stampa è quella delle sue vicende giudiziarie, quei provvedimenti attraverso cui le autorità italiane decidono di farla pagare a chi, fuori dalle logiche sindacali e partitiche, fuori dai dai tornaconto personali, decide di mettersi in gioco per cambiare le cose. Una storia che Eddi ha sempre rivendicato con orgoglio, senza retorica né grandiloquenze, nella consapevolezza che quando si vanno a toccare gli interessi di chi comanda nel nostro paese lo Stato non ha mai dubbi sul dove schierarsi. Il tentativo, un po goffo, è di farla passare per una ragazza un turbolenta e un po annoiata invece che di una militante politica che ha fatto una scelta profonda e consapevole. Non ha forse lasciato “una famiglia borghese e benestante”? È lo stigmate della figlia di papà, il dardo preferito che giornalisti strapagati scoccano dai loro comodi appartamenti per provare a squalificare in partenza ogni sussulto di una generazione impoverita e martoriata dalle politiche sostenute da quotidiani come La stampa che oggi ci hanno portato nel baratro in cui siamo, in Italia come in Medioriente. Dalle loro colonne, quelle stesse da cui si chiamavano fino a pochi mesi prima “ribelli siriani” i gruppi salafiti come l’ISIS, dopo ogni attentato sono partiti accorati quanto ipocriti appelli sull’urgenza di combattere la barbarie dello Stato islamico. Quando una giovane italiana decide di farlo in prima persona, imbracciando il fucile accanto a sue coetanee di ogni religione per difendere un processo di emancipazione sociale e politica che sta investendo tutto il Nord della Siria proprio a partire da quei soggetti che di più Daesh ha cercato di annientare, le donne, invece di sostegno e ammirazione tra le righe trasuda solo la frustrazione e la voglia inconfessata di gettare discredito sul nemico di sempre.
Quello che più ci ha colpito, però, è leggere il titolo dell’articolo: una seconda vita. Come se la scelta di Eddi marcasse una discontinuità con la sua militanza a Torino, come se ci fosse una doppiezza equivoca nella sua decisione. In un Occidente dissociato da sé stesso, al tempo della meschinità e della paranoia assunti a valore universale, dare seguito alle proprie idee è considerata gesto sospetto. È in fondo indicativo di ciò che non hanno mai capito di noi tanti pennivendoli e politici di professione, di ciò che risulta loro più insopportabile e che quindi deve essere nascosto con la calunnia: non facciamo ciò che facciamo per sederci su una poltrona, per farci una carriera o per sete di avventura. Lo facciamo perché crediamo che siano le lotte contro l’oppressione e le ingiustizie a rivoluzionare il mondo, a rendere liberi e renderci liberi.
Nessuno strappo, nessuna rottura. La nostra vita è sempre la stessa ed la stessa fiamma ci guida dalla Val di Susa a Torino fino in Siria del nord.
Vento in poppa Eddi, berxwedan jiyane!
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