Le misure di Draghi al massimo possono andar bene alla famiglia Boschi
Certo, si può benissimo credere che tutta questa liquità immessa nel mercato possa alimentare quella che viene chiamata l’economia reale. A suo tempo anche la Roma acquistò Renato Portaluppi e Andrade credendo che fossero calciatori e non turisti in infradito provenienti dal Brasile. E la credulità popolare arrivò anche a pensare che Berija, successore alla guida dell’NKVD dopo Ezov, sarebbe stato un commissario del popolo meno inflessibile. Poi intervengono i fatti, e i grafici visto che qui si parla di economia e di finanza, e la realtà comincia a cantare in modo diverso da come raccontano l’immaginazione o la propaganda.
Certo, le misure di denaro a bassissimo costo da parte di Draghi, in un anno di Quantitative Easing (il complesso di politiche di immissione di liquidità nel sistema finanziario ed economico) fino ad ora non hanno funzionato. Per quanto la propaganda tricolore racconti quello che vuole, in dodici mesi di Quantitative Easing di Draghi l’indice Euro Stoxx 50, che calcola le cinquanta società più importanti collocate nelle borse del continente, ha perso il 17 per cento. Da questo grafico di Bloomberg possiamo capire molto dell’efficacia delle politiche di Draghi sui principali titoli europei, quelli che finiscono per determinare ciò che accade in economia
Come si vede le misure di Draghi, pallino rosso segna il via di queste politiche, sono andate bene all’inizio per poi non servire nè durante la crisi greca nè nei giorni caldi di quella cinese e tantomeno nei momenti più roventi della crisi bancaria di inizio anno. Per questi motivi, notissimi ai mercati quanto ignoti alle opinioni pubbliche, e per il comportamento delle altre banche centrali, prima accennato, Draghi doveva fare qualcosa. Vediamo in sintesi le misure annunciata da Draghi con la consueta conferenza di Francoforte e le prospettive che questa comporta. Prima di tutto le misure non sono certo piccole, non a caso le borse hanno tutte avuto un’impennata, in previsione di una significativa ondata di liquidità a loro beneficio. Grosso modo riguardano: 1) la fissazione del tasso di interesse a zero 2) l’aumento del costo del deposito del denaro presso la Bce per facilitare la circolazione esterna all’istituto 3) l’ampliamento dell’acquisto di asset da 60 a 80 miliardi di euro mensili da aprile 4) la possibilità di acquistare obbligazioni non bancarie 5) il rifinanziamento delle banche in 4 operazioni a lungo termine a partire dalla tarda primavera.
Roba, dal punto di vista finanziario, e degli istituti bancari, meglio del socialismo o della più sregolata economia del dono. Si presta denaro a costo zero, si vanno a comprare bond stampando moneta dal nulla, si estende questo programma al di fuori dei titoli finanziari, si prevede di rifinanziare le banche in programmi pluriennali. Il problema è che non funziona. O meglio, produce degli effetti per produrre delle crisi. Vediamo.
Ovviamente l’effetto immediato è stato ottenuto, quello di far calare spettacolarmente l’euro in modo da recuperare competitività col dollaro. Qui cambio Euro-Dollaro a pochi minuti da discorso Draghi.
L’immagine non ha bisogno di commenti, anche se lo stesso Draghi, in conferenza da Francoforte, ha detto letteralmente che non si aspetta una ripresa economica spettacolare. Eppure l’euro è calato lo stesso, segno che è sui mercati finanziari che si gioca la partita vera. Vediamo qui in che modo, tenendo come epicentro la terra che conta ovvero la Germania. Ecco come ha reagito il Dax, l’indice di Francoforte alla notizia del tasso zero di Draghi
Niente male come speeball per i titoli azionari, vera e propria cocaina finanziaria che serve per rianimare mercati un pò deboli. Quindi tutto bene? Beh, giusto se ancora uno è quel tipo di mohicano che legge l’Unità, è abbonato a Repubblica, e prende sul serio le trasmissioni di Concita De Gregorio. Perchè è da quest’altro grafico che si possono incominciare a vedere i problemi. Quelli che hanno come epicentro la Germania. Certo, la borsa di Milano è salita, nella struttura del Mibtel rispetto al passato hanno maggior peso i titoli bancari assicurativi e non a caso i bancari riprendono (in vista magari di acquisizioni), il bond italiano scende etc. ma andiamo dove è il problema. Sempre a Francoforte. Vediamo il rendimento dei bond tedeschi a dieci anni
L’annuncio di Draghi li porta verso un deciso ribasso. Si dirà, ma che problema è? Il denaro a costo zero, l’acquisto di bond da parte della Bce rendono normale un rendimento dei bund tedeschi così basso che non fa altro che assottigliare il debito pubblico della Germania. Si, ma andatelo a dire a Die Welt, influente quotidiano tedesco, che commenta così, parlando di Draghi “Il maestro dello spettacolo colpisce ancora”. Se proprio si fossero equivocate queste parole basta vedere il commento di Holger Zschäpitz, caporedattore economico di Die Welt: “lo spettacolo dei mercati non può proseguire se non peggiorando la situazione del risparmiatore”. Qui si intendono tre cose precise: la prima è la difficoltà a rastrellare fondi dai risparmiatori tedeschi con questi tassi di interesse, la seconda la crisi del modello della banche tedesche che, a tasso zero, non possono lucrare sui tassi, la terza il costo zero dei bond tedeschi, effetto delle politiche di Draghi, che impedisce di prosperare, regalando rendimenti sicuri, ai fondi pensione di quel paese. Per non dire che buona parte dell’establishment non vede di buon occhio il calo dell’euro nella prospettiva di una moneta rifugio. Insomma, la Germania è al cuore della contraddizione delle politiche di Draghi: a causa delle stesse misure da una parte il Dax di Francoforte ne beneficia, dall’altra il modello risparmio-banche-fondi pensione in Germania vede (e non da oggi) prospettive di crisi. In questo senso Draghi, che nutre le borse con una vera e propria economia del dono di denaro ai grandi player finanziari, è una conferma vivente di Marx dallo scranno più alto della banca centrale: risolve crisi preparando le condizioni per crisi ancora più forti. Magari all’interno del paese chiave dell’Europa. Crisi di quelle che finiscono addosso a tutti, nonostante la propaganda dell’improvviso di Rignano che fa da presidente del consiglio.Certo, il programma di aiuto alle banche europee è previsto già da oggi ma non sfugge a nessuno che il settore, a livello planetario, attraversi potenti pulsioni e trasformazioni. Le banche stanno infatti attraversando, sia a livello micro che macro, cambiamenti pari, se non superiori, a quanto avvenuto nella manifattura dopo l’immissione massiccia di tecnologie. E lo stesso Draghi ha fatto capire chiaramente, da Francoforte, che in uno scenario di tassi di interesse zero, o negativi, ci saranno banche in grado di sopravvivere ed altre no. Chissà i riflessi in Italia, e ci saranno, di tutto questo.
Il futuro ovviamente è già scritto. Si chiama Giappone, il paese che ha cominciato le politiche alla Draghi già alla esplosione della bolla immobiliare di inizio anni ’90. Ma che da qualche anno, con le Abenomics, ha radicalizzato queste politiche in modo da anticiparci quando accade in Europa. Guardiamo questo grafico da Zero Hedge
La scritta blu (Abenomics) significa l’inizio di politiche alla Draghi da parte del governo giapponese. Si guardi prima la freccia verde chiara (Boj Balance Sheet) riguarda il bilancio della banca centrale giapponese che si espande (stampando soldi). La si confronti con la traiettoria della freccia rossa (Japan GDP) e di quella verde scura (Nikkei 225). Così vediamo che di fronte ad una spettacolare espansione del volume di soldi stampati dalla banca centrale giapponese il Pil di quel paese è aumentato di poco. Mentre, in compenso, è schizzata la borsa. Tutte condizioni per l’esplosione di una bella bolla finanziaria quando un Pil così basso, nonostante le iniezioni di denaro, non ce la farà a giustificare dei valori azionari così alti. Anche perchè il debito giapponese, nel frattempo, è salito.
L’unica cosa che è discesa, in verità, non sono i profitti ma i salari. Qualcuno, col proprio lavoro, dovrà pure pagare tutta questa immissione di denaro dal nulla. Il modello Draghi non è dissimile, come abbiamo visto nasce come risposta alle misure giapponesi sullo stesso terreno: abbassare tassi interesse e rianimare il mercato azionario. In compenso c’è chi ha già fissato la lista per la spesa per Mario Draghi, ovvero la stima dei titoli possibili da comprare, operazione possibile dal 16 marzo con le nuove misure. Visto che fino ad oggi non si potevano comprare titoli non finanziari con i soldi dalla Bce da ora è possibile. Dando finalmente una mano all’Euro Stoxx 50 dopo questo maledetto 17 per cento perso lo scorso anno. La lista della spesa che vediamo, come si ntta in piccolo è stata compilata da Goldman Sachs Global Investment Research. Vedi mai che Mario Draghi, che ha lavorato a Goldman, darà una mano a qualche vecchio amico.
Con una lista della spesa del genere qualche azione importante non può che salire e, in generale, il costo del lavoro e la spesa pubblica non possono che scendere per sostenere questo gigantesco sforzo di evoluzione del valore. Non a caso un costo del lavoro basso e una spesa “sostenibile” sono sempre l’ABC di ogni raccomandazione all’economia che si rispetti. Come si vede, nel capitalismo, anche stampare denaro, un universo di denaro, non è una operazione neutrale. Va sottomesso il lavoro: il capitale riesce a regalare solo a sé stesso. E poi alla prossima crisi si vedrà. Certo, in Italia sono misure buone per la Boschi Family magari tengono in piedi le banche più furbe, sono utili per le aziende degli amici e tengono in vita, con bilanci zombie, i governi Renzi finchè riescono a reggere. La famiglia Boschi, che tiene banca e governo, dovrebbe essere felice. Rimane da dire che giusto nelle scuole di formazione renziane si può parlare di mercato. Qui siamo di fronte ad un capitalismo che per mantenere sé stesso deve stampare quantità impressionanti di denaro. Riuscendo, viene da dire, persino a riprodurre enormi diseguaglianze e spettacolari crisi anche quando stampa soldi dal nulla.
redazione, 11 marzo 2016
Breve appendice.
Interessante come la corsa al ribasso dell’euro, tanto utile per Draghi e per l’economia europea, si sia interrotta non appena, verso la chiusura delle borse, ha incrociato il ribasso del petrolio. Già perchè i giornalisti, che cominciano ad avere visioni mistiche quando parlando di Draghi, dovrebbero ricorcare che l’oracolo della Bce non è onnipotente specie quando entra in campo il petrolio. In poche parole: prezzo del petrolio e cambio euro-dollaro sono notoriamente correlati e possono avere dinamiche autonome dai voleri della banca centrale europea. Infatti scatta il classico meccanismo, già visto ad esempio nel decennio 1999-2009 per cui il calo del prezzo del petrolio può condurre ad un apprezzamentod dell’euro (Us Trade Deficit, The Dollar, and the Price of Oil, a cura del Congressional Research Service editor James Jackson, febbraio 2010 , pg. 5). Infatti il petrolio a prezzo più basso conduce, in prospettiva, ad un maggior consumo di petrolio nell’area euro e quindi, successivamente, ad un apprezzamento della moneta unica rispetto al dollaro. Visto che il petrolio viene acquistato in dollari. In quel modo se, come adesso, la politica della Bce è alleggerire il prezzo dell’euro per essere competivi, l’andamento del prezzo del petrolio può essere un ostacolo. Anche quando spari nelle vene dei mercati decine di miliari di euro al mese. Così, dopo aver stampato una montagna di moneta, per infazionare un po’, l’Europa magari rischia di trovarsi con un euro alto. La soluzione? Le monache di Draghi del Corriere della Sera ce l’hanno già: l’intervendo dei governi dopo che “Draghi ha fatto tutto quello che si poteva fare”. Ovvero nuovo intervento sul costo del lavoro, per recuperare competività, “razionalizzazione” ulteriore della spesa per comprimere il debito creato da questa situazione e “liberare” investimenti. E’ una spirale, la classe dirigente italiana è in loop da un quarto di secolo e ripete le stesse formule.
da Senza Soste
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