Le mezze verità di Lagarde
L’inflazione è colpa delle imprese, ma paghiamo sempre noi…
Il dibattito sull’inflazione ed il rialzo dei tassi sta finalmente svelando i perversi meccanismi di speculazione che hanno sospinto in alto i livelli dei prezzi, ma se la diagnosi si avvicina alla realtà, la cura è sbagliata.
«La prima (fase di aumento dell’inflazione, ndr.) è stata caratterizzata dalle imprese, che hanno reagito al forte aumento dei costi degli input difendendo i propri margini e trasmettendo i maggiori costi ai consumatori – ha detto la presidente della Bce –. L’intensità di questa reazione è stata insolita. Durante i passati shock alle ragioni di scambio nell’area dell’euro le imprese avevano teso ad assorbire l’incremento dei costi nei margini di profitto, poiché a causa della minore crescita i consumatori erano meno propensi a tollerare i rincari». Queste sono le parole che ha pronunciato Lagarde durante il forum dei banchieri centrali a Sintra. Certo non ci voleva un genio, ed erano mesi che da più parti si sosteneva che una parte consistente dell’inflazione fosse sostenuta dalla speculazione delle imprese per fare extraprofitti. Altro che “spirali prezzi salari” come vaneggiavano alcuni economisti nostrani a partire da Visco, l’inflazione è stata una gallina dalle uova d’oro per imprese e speculatori che hanno scaricato integralmente i costi, ma non solo, sui consumatori.
Dice ancora Lagarde: «l’entità della crescita dei costi degli input ha reso più difficile per i consumatori valutare se i rincari fossero stati causati da un incremento dei costi o dei profitti, alimentando una trasmissione ai prezzi più rapida e più marcata. Al tempo stesso, la domanda repressa liberata dalla riapertura delle attività, l’eccesso di risparmio, le politiche espansive e le restrizioni all’offerta a seguito delle strozzature hanno fornito alle imprese margini di manovra più ampi per mettere alla prova la domanda dei consumatori con prezzi più elevati. Pertanto, i profitti per unità di prodotto hanno contribuito per circa due terzi all’inflazione interna nel 2022, mentre nei vent’anni precedenti il loro contributo medio era stato di circa un terzo. Di conseguenza, gli shock hanno alimentato l’inflazione molto più rapidamente e molto più intensamente che in passato».
Dunque finalmente vi è stato un risveglio tra le elites europee sui danni del capitalismo senza limiti? Per niente, l’accusa alle aziende serve ad ammantare di giustizia sociale la politica monetaria di rialzo dei tassi che la BCE sta portando avanti. Ma non è per nulla chiaro come questa possa essere una politica redistributiva, anzi. Generalmente il rialzo dei tassi genera maggiore indebitamento, fallimenti tra le aziende medio-piccole ed una ulteriore centralizzazione del capitale. Se si guarda all’aumento dei tassi del ’79 le conseguenze per i salariati furono drammatiche, sia in termini di salari che di occupazione. E’ vero che la situazione non è del tutto simile, tanto che non vi è stato un sensibile aumento dei salari di fronte all’inflazione, ma questa manovra monetaria ha tutto il sapore di un’austerity programmata che strangolerà ulteriormente le classi popolari.
Dice Lagarde: « Secondo le nostre ultime proiezioni, i salari dovrebbero aumentare di un ulteriore 14% da qui alla fine del 2025 e tornare pienamente in termini reali al livello pre-pandemico. Nonostante tale recupero delle retribuzioni sia già da tempo considerato nelle nostre prospettive di inflazione, l’effetto dell’aumento dei salari sull’inflazione è recentemente stato amplificato dalla minore crescita della produttività rispetto alle proiezioni precedenti, determinando un incremento del costo del lavoro per unità di prodotto». Ma come spiega Paul Mattick: “L’inflazione può diventare un inconveniente, erodendo gli interessi raccolti dalle banche e il valore degli investimenti degli obbligazionisti, costringendo le imprese a un gioco infinito di recupero reciproco. Quindi può sembrare preferibile abbassare i salari in maniera più diretta permettendo alle tendenze recessive causate dalla bassa redditività di manifestarsi. Ciò favorisce anche la concentrazione del capitale, poiché le imprese più piccole vanno sotto con l’aumento dei tassi di interesse.”
Dunque l’obbiettivo della BCE non è affatto quello di andare a colpire gli extraprofitti, ma di abbassare ulteriormente i salari ed il costo del lavoro sperando in qualche modo che questo funga da rilancio della produttività e della redditività, cosa che non è in alcun modo provata, anzi. Per una seria redistribuzione delle ricchezze sarebbe bastato tassare i profitti delle grandi aziende e favorire un aumento dei salari. In questa condizione invece la partita delle grandi concentrazioni di capitale è un win-win mentre le piccole e medie aziende del “Made in Italy” modello Santanchè andranno incontro ad una serie di fallimenti (per questo la Meloni borbotta, perché per la sua base sociale si prospettano tempi duri, non di certo perché ha a cuore le classi popolari). Ma anche gli stati potrebbero andare in sofferenza di fronte al dispiegarsi delle tendenze recessive. Dunque la denuncia di Lagarde è al limite una campagna di marketing per giustificare il rialzo dei tassi, mentre i costi sociali di questa politica saranno enormi.
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