Lo Stato spagnolo continua a tirare la corda. Il partito Bildu a rischio di illegalizzazione
Il giorno prima anche l’Abogacía del Estado, un organo integrato nel Ministero di Giustizia spagnolo, ha impugnato le liste di Bildu attraverso due ricorsi, anche qui uno nei confronti di tutte le candidature di Bildu, e l’altro nei confronti di 16 gruppi elettorali indipendenti.
Alla base di tutti i ricorsi presentati sino ad ora, ci sono alcune relazioni, inchieste di polizia che vogliono dimostrare come sia la coalizione Bildu che i vari gruppi elettorali, siano in realtà uno strumento della sinistra abertzale, in quanto “progettate dal complesso ETA-Batasuna”.
La costruzione dei ricorsi segue quindi una linea ben definita per non lasciare nessuna tregua a quei partiti, coalizioni e gruppi elettorali che vorrebbero presentarsi alle prossime elezioni amministrative del 22 maggio: la loro candidatura rappresenterebbe un vero e proprio inizio di un nuovo ciclo politico. E per ostacolare in tutti i modi un percorso di risoluzione del conflitto politico basco, e nel concreto la presentazione di un alternativa elettorale reale di sinistra e indipendentista, gli organi giuridici dello Stato spagnolo utilizzano contro Bildu gli stessi documenti attribuiti all’organizzazione armata ETA e utilizzati contro il partito Sortu, recentemente illegalizzato. L’affanno impiegato nel dimostrare che Bildu è il “piano B” di quello che per lo Stato spagnolo è il “complesso ETA- Batasuna”, si può percepire nelle 388 pagine presentate nell’ultimo ricorso con tanto di intercettazioni telefoniche e stralci di documenti a riguardo, la cui valenza dovrà essere valutata da 16 magistrati che compongono la sala 61 della Corte Suprema e prendere di conseguenza una decisione a riguardo, entro la mezzanotte di sabato prossimo.
Parallelamente a tale fervore politico in vista delle elezioni amministrative di maggio, un’altra notizia nella giornata di ieri riguardante l’ETA è apparsa sui maggiori quotidiani baschi e spagnoli. L’organizzazione armata basca ha infatti deciso si cancellare la richiesta dell’ “imposta rivoluzionaria” nei confronti di imprenditori baschi. Tale decisione è stata comunicata ai presidenti delle aziende basche attraverso una lettera, fatta pervenire anche al quotidiano basco Gara. A renderlo pubblico tramite una conferenza stampa è stato il Presidente della Confederazione di Imprenditori della Navarra. E proprio quest’ultimo ha aggiunto come gli imprenditori associati avevano notato già da ottobre dell’anno scorso che non ricevevano più richieste economiche da parte dell’ETA. Alcune fonti di polizia hanno inoltre confermato ad un’agenzia di stampa che era stato già constatato che la richiesta dell’ “imposta rivoluzionaria” era stata interrotta da tempo, nonostante il Governo spagnolo non ne abbia mai dato comunicazione.
Una notizia mancata dunque, un’informazione non data che bene si inserisce all’interno del gioco sporco del Governo spagnolo: da quando l’ETA ha dichiarato il cessate al fuoco permanente, generale e verificabile, l’esecutivo spagnolo e il ministro degli Interni Alfredo Rubalcaba si erano dimostrati contrari a qualsiasi tipo di verifica, mentre il Gruppo Internazionale di Contatto -che al contrario si è sempre dimostrato favorevole ad un riscontro- fece sapere alcune settimane fa che la verifica del cessate al fuoco, per quanto gli riguardava, poteva partire dal controllo della ricezione o meno dell’ “imposta rivoluzionaria”. Neanche allora il Governo spagnolo si pronunciò, pur sapendo che erano già un passo più avanti rispetto ai controlli che il Gruppo internazionale andava di li a poco a realizzare.
Sullo stesso argomento, vedi anche il commento di Giacopuzzi per talkinpeace.org:
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