L’urgenza di promuovere scioperi generali al di là dei confini nazionali
di Diego Santz Paratcha
L’irruzione del 29M in mezzo ai preparativi per le giornate di lotta globale del 12 e del 15 di Maggio obbliga a pensare a come si possano ricomporre le lotte. Un dato poco incoraggiante ricorre l’Europa: delle centinaia di scioperi generali vissuti nella regione durante il passato decennio (21 di questi in Grecia), hanno avuto esito solo le convocazioni in Francia nella prima metà del 2006 contro il contratto di primo impiego dell’allora ministro conservatore Dominique de Villepin, grazie ad un vigoroso movimento studentesco, che raggiunse l’annullamento definitivo del pacchetto. Nello stato spagnolo, lo sciopero del 2002 contro il ‘decretazo’ di Aznar ottenne il ritiro di aspetti parziali di una riforma che, nonostante l’opposizione dei sindacati, andò avanti.
Il resoconto, raccolto in ‘Crisi e rivoluzione in Europa’ (Ed. Traficantes de Sueños), stimola a ripensare dove si possano contestualizzare gli scioperi nell’Europa del ‘direttorio economico dei commissari’, una espressione del filosofo marxista francese Etienne Balibar. Scioperi che, per esempio, si prefiggano di colpire il potere di strutture capaci di aumentare in un solo giorno i tagli fino a 5 mila milioni di Euro, come ha dovuto accettare il Governo Rajoy durante la riunione dei ministri europei della Finanza del 12 marzo.
“La Confedererazione Europea dei Sindacati (CES) e i suoi grandi apparati potrebbero avere il potere e la legittimità di promuovere uno sciopero europeo”, afferma Raùl Sanchez Cedillo, di Uninomade.
Un blocco che colpisca i servizi pubblici di tutta l’Unione e, soprattutto,”i suoi aeroporti e le autostrade, fermando il circuito commerciale europeo”. L’interruzione del quinto porto statunitense durante lo sciopero generale del movimento ‘Occupy’ a Oakland sarebbe il riferimento più recente.
Ma nell’analisi della CES, presieduta da Ignacio Fernàndez Toxo, predominano le ‘marce’ a Bruxelles. I tratti marcatamente nazionalisti di molte confederazioni e, soprattutto, il fatto che né in Francia come in Germania la crisi abbia colpito “il nucleo duro del sistema fordista”, dove si concentrano le affiliazioni sindacali, spiegano secondo Cedillo perchè queste strutture centralizzate non pianifichino un tentativo reale che colpisca la versione europea della “shock economy”.
ALTRE VIE.
L’altro agente possibile per una lotta europea sono i movimenti. Da Barcellona, una delle promotrici delle mobilitazioni
del 12 e del 15 Maggio, vede il 29M come “una opportunità per creare discorso e immaginario in vista del #12M15M”, i due prossimi eventi che raccoglieranno il testimone delle mobilitazioni globali del 15 Ottobre, con scenari e intensità differenti in tutta Europa.
“La mia priorità organizzativa è che il #12M15M vada bene”, continua, con l’aspettativa previa che si ripetano gli esempi recenti di attivazione di solidarietà sociale nel caso che le azioni più ‘ardite’ – si sta parlando,pubblicamente,di blocchi autostradali, tra le tante azioni – siano represse: l’ “effetto Streisand”, che attivò questi circuiti di solidarietà di fronte a fatti come lo sgomberi della prima ‘acampada’ a Puerta del Sol o le cariche nello studentato a Valencia.
Da Berlino, altra promotrice del “#12M15M”,si intravede la possibilità che la convocazione di uno sciopero appena un mese e mezzo prima condizioni il seguito spagnolo della giornata del 15 Maggio, concepita come uno sciopero metropolitano che colpisca i consumi e la circolazione. “Se uno sciopero lavorativo suppone l’esercizio di una certa forza, immagina come dovrà
essere uno sciopero sociale”, tematizza Cedillo, scettico riguardo alla possibilità che l’aumento della tensione e delle ambizioni degli attivisti venga percepita come legittima da parte degli otto milioni di persone che l’anno scorso hanno affermato di partecipare al 15M”.
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