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Marocco: indignazione per le violenze della polizia contro gli insegnanti che protestano

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Il 16 marzo a Rabat centinaia di inseganti a contratto sono scesi in piazza per protestare contro le condizioni di lavoro. La polizia ha disperso la folla brutalmente creando un moto di indignazione nel paese.

 

Gli insegnanti a contratto, che si definiscono “educatori a contratto forzato”, hanno iniziato il loro sciopero nel 2019, chiedendo la piena integrazione nel settore pubblico. Il ministero dell’Istruzione, nel frattempo, ha smesso di reclutare insegnanti e di integrarli nel settore pubblico più di quattro anni fa. Nel 2016, il Ministero dell’Istruzione e il Ministero delle Finanze hanno annunciato una decisione congiunta per reclutare insegnanti specificamente tramite contratti.

Le forze di sicurezza locali hanno imposto il divieto alle proteste come parte delle misure COVID-19, ma lo hanno fatto attraverso un intervento violento contro i manifestanti. In particolare video e foto online mostrano un uomo con una maglietta nera a strisce bianche, che prende a calci le persone davanti ai servizi di sicurezza.

Le azioni della polizia nei confronti dei manifestanti pacifici hanno scatenato delle dure reazioni nel paese: i filmati dell’intervento pesante della polizia antisommossa si sono diffusi rapidamente online e l’hashtag “#protect_teachers_in_morocco” ha iniziato a fare tendenza sulle popolari piattaforme di social media. 

Le istituzioni del Marocco hanno promosso un’indagine sui fatti sull’onda dell’indignazione che ha portato ad un arresto, ma ad essere messo sotto accusa è l’utilizzo che le forze di polizia, non solo in Marocco, fanno delle norme antiCovid per reprimere le lotte sociali e le proteste di lavoratori e lavoratrici.

 

 

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