Maxmur: 20 anni di autonomia democratica nel deserto iracheno
Una parte della delegazione di InfoAut ha raggiunto il Kurdistan iracheno e ci invia una prima corrispondenza.
Dopo un lungo viaggio arriviamo a Maxmur, da un lato le aride colline e dall’altro il deserto di cui non si vede la fine che guarda al Rojava. Veniamo accolte da sorrisi, parole di benvenuto che ancora stentiamo a comprendere e naturalmente tre tazze di çay. Siamo nel cuore del deserto iracheno, in quello che nasce come un campo profughi ed ora è, a tutti gli effetti, una piccola città con una storia enorme.
Una storia che inizia più di venti anni fa in Bakur, il Kurdistan del Nord, dentro al movimento per la libertà del popolo curdo in Turchia.
La potenza del sostegno popolare al movimento rivoluzionario si è opposta all’intervento militare che l’esercito turco attuava (e continua ad attuare ancora oggi) contro i civili, con l’obbiettivo di distruggere i villaggi, disperderne gli abitanti e depotenziarne l’unità culturale e politica.
All’inizio degli anni ’90 oltre 10mila persone da questi villaggi hanno deciso di resistere unite e oltrepassare il confine tra Turchia e Iraq. Dopo 5 anni di continui spostamenti, embarghi ed attacchi che hanno causato numerose perdite, in assenza di sostegni umanitari e osteggiate da Turchia, Iraq e dal governo del Kurdistan Iracheno, queste famiglie si sono stabilite nell’area di Maxmur, nel deserto al limitare della regione curda in Iraq.
Qui hanno dato vita, già alla fine degli anni novanta, alla prima esperienza di applicazione del sistema di società democratica secondo le teorie di Abdullah Öcalan.
Maxmur ora conta circa 13000 abitanti, di cui più di 3500 studenti e studentesse che con l’inizio di ottobre e il calare delle temperature (si fa per dire) hanno iniziato l’anno scolastico.
La città si fa vivere con naturale spontaneità, con le sue strade di cemento e i vicoli di terra battuta e sassi, che passano stretti tra una casa e l’altra, dove si aggirano gatti e galline, mentre bambini e bambine di tutte le età corrono e giocano a tutte le ore.
Orientarsi è difficilissimo ma di notte dall’alto di un tetto i 5 Semt (distretti) sono ben visibili e delineano i confini di quella che oggi è una città vera e propria. La città è governata e gestita completamente dalla popolazione, attraverso il sistema della Civaka Demokratik (società democratica). 10-20 famiglie che abitano vicine formano un Komin, il nucleo organizzativo di base, che si riunisce solitamente 1 volta al mese. Il confronto e le discussioni collettive sono i principi su cui si fonda una vita comunitaria e che permettono ad essa di funzionare e svilupparsi costantemente: la costruzione di questa città ne è l’esempio tangibile. I Komin discutono tanto dei problemi quanto dei risultati ottenuti, sia per ciò che riguarda la vita quotidiana che per le questioni di più ampio respiro.
Ognuno dei 5 Semt è suddiviso in 4 Mihel (sottodistetti), di cui fanno parte circa 50 famiglie riunite in Komin; ogni livello elegge i propri rappresentanti che presenziano al livello superiore.
Può sembrare un meccanismo complesso ma è questo che permette di risolvere le questioni semplici al livello di base e riportare progressivamente sui livelli superiori le questioni più ampie o complesse fino ad arrivare al Meclisa Gel (consiglio del popolo).
Su tutti i livelli i rappresentanti sono eletti nella forma della copresidenza, ovvero in numero pari tra uomini e donne. Le donne di Maxmur sono molto attive nella vita sociale e politica della città, hanno un proprio Meclisa Iştar (consiglio delle donne) e hanno rappresentanti da ogni livello.
Ben prima che ci spiegassero il meccanismo pratico di organizzazione della città ci è apparso evidente come tutte e tutti, più e meno giovani, fossero coinvolti nel meccanismo collettivo ed avessero un ruolo all’interno della società.
“È compito della società costruire la libertà del popolo, ed è dovere del popolo accrescerla e conservarla. – Ci dice una giovane abitante – Vale a dire che ogni persona deve conoscere se stessa, formarsi e migliorarsi per amore della vita collettiva, lottando ogni giorno a qualunque costo per la libertà del suo popolo. La libertà non è facile!”
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