InfoAut
Immagine di copertina per il post

Medio Oriente. Cent’anni di Sykes-Picot

Un secolo fa, Gran Bretagna e Francia fecero a pezzi quello che sarebbe diventata la Siria, l’Iraq e Israele. La loro mentalità imperiale spaventa ancora la regione 

di Paul Mason – New Statesman

Roma, 14 maggio 2016, Nena News – Cento anni fa, oggi, la Gran Bretagna e la Francia tracciavano una linea attraverso il Medio Oriente che sarebbe diventata il confine tra Siria e Iraq, con un nodo alla fine di essa che sarebbe diventato Israele. Si può quasi respirare il senso di fiducia ventilata dietro al cosiddetto accordo Sykes-Picot dal verbale della riunione in cui è stata discussa l’idea:

“Che tipo di accordo ti piacerebbe avere con il francese?” Arthur Balfour, il ministro degli Esteri, chiese a Sir Mark Sykes, un colonnello brillante ma incostante, appena tornato da un tour della regione. “Vorrei tracciare una linea dalla ‘a’ di Acri fino all’ultima ‘k’ di Kirkuk”, rispose Sykes. Così il destino di milioni di persone è stato modellato dal modo in cui una stampante aveva organizzato alcuni nomi di località su una mappa.

Non è stato il primo incontro sfortunato che Sykes ha avuto con una mappa. Nel gennaio del 1915 scrisse una lettera fatidica a Winston Churchill invitandolo a prendere Costantinopoli (oggi Istanbul). Sykes sottolineava che se la Gran Bretagna e la Francia avessero preso la principale città dell’Impero Ottomano, questo sarebbe crollato, e l’influenza tedesca in Oriente sarebbe cessata. Non solo: sarebbe stato possibile invadere la Germania attraverso i Balcani.

“Entro giugno potreste combattere verso Vienna,” Sykes consigliò, “e potreste mettere il vostro coltello vicino agli organi vitali del mostro e, forse, potreste raggiungere la linea Mulhausen – Monaco – Vienna – Cracovia prima dell’inverno”. Vale la pena scorrere questa linea – Sykes era molto appassionato di linee – con il dito. Per arrivarci, la Gran Bretagna avrebbe dovuto sottomettere l’intera regione balcanica. Per cominciare, si sarebbero dovute sconfiggere le truppe ottomane in Turchia, in un luogo chiamato Gallipoli. “Non è così chimerica come può sembrare,” Sykes scrisse a Churchill. Quaranta mila soldati morirono cercando di dargli ragione, ma non ci riuscirono.

Quando lo Stato islamico ha fatto esplodere i posti di frontiera tra l’Iraq e la Siria nel 2014 ha dichiarato la “fine all’era Sykes-Picot”. Ma non c’è bisogno di essere un terrorista per opporsi alla mentalità imperiale che ha spinto all’accordo. Il disegno arbitrario dei confini a dispetto della geografia, dell’etnia e del senso comune è diventato il segno distintivo dell’imperialismo nel XIX e all’inizio del XX secolo.

Se, oggi, i curdi stanno cacciando l’Isis dal nord della Siria, con le donne comuniste a capo scoperto in prima linea, è – in parte – a seguito dell’eredità di Sykes. Nel 1915, Sykes assicurò al governo britannico che “a est del Tigri i curdi sono pro-arabi”. Il Kurdistan venne inglobato all’interno di una zona di controllo francese e, nel momento in cui l’ordine del dopoguerra veniva suggellato a Versailles nel 1919, i curdi erano diventati non-persone.

La famosa corsa in matita di Sykes attraverso il mondo arabo, in combinazione con il suo entusiastico sostegno della dichiarazione di Balfour del 1917 in favore di uno stato ebraico in Palestina, lo rendono uno dei pochi personaggi britannici ad aver esercitato un’influenza strategica nel ventesimo secolo. Influenza strategica nata dalla conoscenza di prima mano e dall’esperienza. Sykes era cresciuto nel mondo arabo. La sua garanzia al primo ministro Herbert Asquith che il “fuoco spirituale” del panarabismo si trovasse in Arabia Saudita, mentre il suo “potere organizzativo intellettuale” si trovasse in Siria, Palestina e Beirut era ben intuita.

Ma la sua “competenza” fa sorgere una domanda: come può una persona tanto ben informata sbagliare così? A leggere i documenti di Sykes oggi, si osserva la tragedia di un intelletto incatenato da manie di superiorità. Sykes ha lavorato sul presupposto, al centro di tutti gli imperialismi, che i popoli assoggettati si comportano solo in base alle loro “caratteristiche” etniche o nazionali, mentre le potenti nazioni bianche agiscono in base al libero arbitrio.

Paradossalmente, per qualcuno il cui nome è stato odiato da generazioni di arabi, Sykes idolatrava la cultura araba. In primo luogo perché credeva che non fosse rivoluzionaria, in contrasto con il nazionalismo di Turchia e India, dove il problema erano “un sacco di poveri che hanno ottenuto un po’ di educazione e maggiori ambizioni”. In secondo luogo, perché credeva che potesse comprendere entrambe le ali dell’Islam, oltre al cristianesimo, e tollerare gli ebrei.

L’unica caratteristica nazionale di cui Sykes e la sua generazione sembravano non accorgersi era la propria. L’imperialismo li aveva trasformati in stupidi ottusi che pensavano che, disegnando linee, avrebbero potuto controllare la storia. Quello che non sono riusciti a immaginare è che, in primo luogo, la Turchia avrebbe sviluppato una coscienza nazionale laica e moderna. Ciò significa che la loro scommessa a senso unico contro l’Impero Ottomano durante la Prima Guerra Mondiale si è rivelata inutile. Il nazionalismo turco laico avrebbe modellato la regione così come il panarabismo nei 100 anni a venire.

In secondo luogo, anche se hanno capito bene l’Islam, Sykes e la sua generazione lo hanno considerato come del tutto secondario a etnia, lingua e tradizione politica.

In terzo luogo, non sono riusciti ad anticipare l’emergere dell’anti-imperialismo: nel momento in cui gli “uomini molto poveri” avessero avuto un’istruzione, e fossero stati inseriti nelle città e nelle fabbriche, sarebbero stati loro a costruire la storia e la classe degli ufficiali bianchi sarebbe stata a guardare.

In quarto luogo, non sono riusciti a immaginare che, un anno dopo Sykes-Picot, una rivoluzione operaia in Russia, diffondendosi al Caucaso, avrebbe liberato gran parte del mondo esotico e remoto di cui erano ossessionati: non solo dall’imperialismo, ma anche dal capitalismo.

Oggi, la lezione più facile da imparare da Sykes-Picot è: non disegnare linee arbitrarie su una mappa. Popoli e nazioni devono avere il diritto all’autodeterminazione. Questo è stato il principio che il presidente degli Stati Uniti Woodrow Wilson aveva illustrato quando l’America era entrata in guerra, e che ha obbligato i governi britannico e francese a nascondere l’esistenza della mappa di Sykes a Washington.

La lezione più difficile da imparare è: mai fare affidamento su stereotipi nazionali; mai ridurre i conflitti del mondo solo all’etnia. Ci sono anche classe, sesso, religione, politica e storia: attributi che Sykes ha dato per  scontati mentre cercava di prevedere come i sottogruppi del Medio Oriente avrebbe reagito alla politica britannica.

La lezione finale è: accettare la responsabilità. L’accordo Sykes-Picot è stato concepito nella stessa stanza in cui David Cameron si trova ora. Il passare del tempo non deve assolverci dall’impegnarci con le situazioni che abbiamo incasinato. 

Traduzione a cura di Giorgia Grifoni

da: nenanews.it

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Conflitti Globalidi redazioneTag correlati:

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Armi e appalti: l’Italia mantiene aperto il canale con l’industria militare israeliana

Nonostante la campagna di sterminio contro la popolazione palestinese della Striscia di Gaza, Arma dei Carabinieri e Polizia di Stato continuano ad equipaggiare i propri reparti di pronto intervento rifornendosi presso le più importanti aziende israeliane.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Bambini sfruttati e affumicati nei campi della California

Molto lontano dai campi di Entre Ríos o Santa Fe, i bambini contadini della California lavorano dagli 11 ai 12 anni, sfruttati, mal pagati, in terreni affumicati con pesticidi e con il terrore di essere deportati insieme alle loro famiglie di migranti.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Palestina, i coloni attaccano volontari internazionali: feriti tre italiani

Un nuovo attacco dei coloni israeliani ha colpito la comunità di Ein al-Duyuk, vicino a Gerico, nella Cisgiordania occupata.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Drone assassino israeliano massacra due fratellini palestinesi

Fadi Tamer Abu Assi e Juma Tamer Abu Assi, bambini palestinesi di 10 e 12 anni, sono stati ammazzati da un drone israeliano a est di Khan Yunis (sud della Striscia) mentre raccoglievano legna per il padre ferito.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Membro della Knesset: Israele sta “importando la guerra di sterminio” da Gaza alla Cisgiordania

Un membro israeliano della Knesset (Parlamento) ha affermato che Tel Aviv sta “importando” la sua “guerra di sterminio” dalla Striscia di Gaza alla Cisgiordania occupata.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

CONTRO I SIGNORI DELLA GUERRA E PADRONI DELLA CITTÀ, BLOCCHIAMO TUTTO!

Oggi, nell’ambito dello sciopero generale indetto dal sindacalismo di base, come realtà autorganizzate del movimento milanese abbiamo deciso di bloccare l’ingresso principale della sede dirigenziale di ENI S. p. a. di San Donato.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Linee gialle e zone verdi: la divisione di fatto di Gaza

Crescono i timori che il nuovo mosaico di zone diverse di Gaza, separate da una Linea Gialla, possa consolidarsi in una partizione permanente del territorio.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

La Germania è in crisi e vaga nella nebbia

Le ultime notizie dal paese teutonico indicano che la sua crisi economica non si arresta ed entra ormai nel suo quarto anno.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Bombardamenti israeliani contro il Libano: 5 morti, tra cui l’Alto comandante di Hezbollah, Haytham Ali Tabatabaei

Beirut-InfoPal. Il ministero della Salute Pubblica libanese ha diffuso il bilancio ufficiale dell’attacco israeliano senza precedenti contro un’area residenziale alla periferia sud di Beirut, domenica 23 novembre: cinque morti e 28 feriti.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Verso il 28 novembre: i comitati sardi chiamano alla mobilitazione

Diffondiamo l’appello uscito dalla rete Pratobello24 che invita tutti i comitati che lottano contro la speculazione energetica a unirsi allo sciopero e alla mobilitazione del 28 novembre.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Morte di Ramy Elgaml: altri due indagati per falso tra i carabinieri premiati con l’Ambrogino d’Oro

Altri due carabinieri sono stati iscritti nel registro degli indagati con le accuse di aver fornito false informazioni al pubblico ministero e di falso ideologico in atti pubblici nell’ambito dell’indagine sulla morte di Ramy Elgaml

Immagine di copertina per il post
Sfruttamento

Genova: corteo operaio sotto la Prefettura. Sfondate le reti della polizia, lacrimogeni sulle tute blu

La rabbia operaia continua a riempire le strade della città ligure contro il (non) piano del governo Meloni sul destino di migliaia di operai ex-Ilva e sul futuro del comparto siderurgico in Italia.

Immagine di copertina per il post
Crisi Climatica

Presidio permanente di San Giuliano: dove abbattono case, noi costruiamo resistenza!

Martedì 2 dicembre, durante l’assemblea popolare, i/le giovani No Tav, hanno fatto un importante annuncio: casa Zuccotti, dopo essere stata espropriata da Telt, torna a nuova vita.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Torino: riflessioni attorno “all’assalto squadrista alla sede della Stampa” e alla libertà di informazione

Il centro sociale Askatasuna di Torino è tornato al centro del dibattito politico nazionale dopo l’azione alla redazione de La Stampa del 28 novembre durante la manifestazione nel giorno dello sciopero generale

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Appello di docenti, ricercatori e ricercatrici universitarie per la liberazione di Mohamed Shahin

Riportiamo l’appello di docenti, ricercatori e ricercatrici per la liberazione di Mohamed Shahin, per firmare a questo link.

Immagine di copertina per il post
Confluenza

Investimenti israeliani sui progetti delle grandi rinnovabili in Italia

Diamo il via all’inchiesta collettiva sugli investimenti israeliani sui progetti delle grandi rinnovabili che abbiamo deciso di iniziare durante la “Due giorni a difesa dell’Appennino” a Villore, di cui qui si può leggere un resoconto e le indicazioni per collaborare a questo lavoro.

Immagine di copertina per il post
Confluenza

Un primo resoconto dell’appuntamento “Due giorni a difesa dell’Appennino”: come continuare a rendere vivi i nostri presidi di resistenza dal basso

Iniziamo a restituire parte della ricchezza della due giorni a difesa dell’Appennino, svoltasi in una cornice incantevole a Villore, piccolo paese inerpicato tra boschi di marronete e corsi d’acqua, alle porte del parco nazionale delle Foreste Casentinesi.