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No Dapl: la lotta smuove la politica U.S.A.

Il DAPL (Dakota Access Pipeline), ovvero il progetto del mega-oleodotto di 1.800 chilometri che dovrebbe attraversare quattro stati americani, agita la politica statunitense.

Contro la grande opera, infatti, si è costituito un vasto movimento popolare ambientalista, promosso dalla tribù Sioux di Standing Rock, che ricomposto tutte le tribù native americane del paese e i gruppi ambientalisti più radicali. Una lotta durissima, che vede uno scontro pesante con lo Stato e i vigilantes dell’Energy Transfer, ovvero l’azienda petrolifera proprietaria del DAPL.

Le motivazioni riguardano sia l’invasione dei territori sacri dei nativi americani, in violazione della normativa federale, ma sopratutto il gravissimo rischio di inquinamento idrico che potrebbe derivare da un danno dell’oleodotto. Una rivendicazione che si estende oltre gli interessi specifici delle tribù native americane, inizialmente tacciate di portare avanti una lotta di tutela di interessi campanalistici.

Il movimento è oggetto di unarepressione molto forte e di una violenza feroce da parte delle forze di polizia: abuso di spray al peperoncino, bastonate, proiettili di gomma e utilizzo di cani addestrati. Un uso spropositato della forza che ha visto la contrapposizione radicale del movimento, con scontri molto duri, fino al lancio di molotov per contrastare la violenza poliziesca.

Proprio nelle scorse ore i NoDAPL sulla loro pagina facebook hanno denunciato l’annuncio delle autorità governative di utilizzare droni armati contro le proteste.

La lotta ambientalista contro il DAPL, che è diventata di fatto un simbolo nazionale, ha spaccato il Partito Democratico. Non a caso durante le primarie del partito il candidato Bernie Sanders, più orientato verso posizioni “progressiste”, si schierò a favore del movimento, in opposizione alla visione di Hilary Clinton di appoggio esplicito all’Energy Transfer. Una posizione analoga al partito repubblicano, che ora chiede un cospicuo contributo di denaro pubblico per sostenere le spese della brutale repressione poliziesca.

Di fronte a questo il presidente ha richiamato l’esigenza di una pacificazione, aprendo alla possibilità di modifica del progetto, per fare spostare il passaggio dell’oleodotto fuori dai territori dei nativi americani. Una proposta che è in controtendenza alla decisione dello stato delNorth Dakota, teatro della lotta popolare, il quale ha approvato un finanziamento di 4 milioni di dollari per coprire i costi legati alla risposta delle forze dell’ordine, così come richiesto da repubblicani e petrolieri. Una spesa che si va ad aggiungere ovviamente ai soldi pubblici destinati finanziamento del progetto.

Abbiamo fatto il punto sulla situazione con Umberto Mazzantini, redattore di Greenreport.
Ascolta o scarica l’intervista

da: radiondadurto.com

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