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Notte di Guerra in Palestina

L’esercito ha attaccato il villaggio di Surif e ucciso Mohammad Faqih, accusato di aver ucciso un colono il primo luglio. Demolita l’abitazione. B’Tselem: in sei mesi distrutte più case che in tutto il 2015

Roma, 27 luglio 2016, Nena News – Il villaggio di Surif ieri notte ha vissuto come in guerra: per stanare Mohammad Faqih, palestinese accusato di aver ucciso un rabbino e di essere membro di Hamas, l’esercito israeliano ha usato i missili anti-carro dopo aver ingaggiato uno scontro a fuoco. I bulldozer militari sono stati messi in azione quando Faqih era ancora vivo.

Della casa ora non restano che macerie e Muhammad Faqih, il ricercato, è morto. Il suo corpo, fa sapere il Ministero della Salute palestinese, è stato trovato tra le rovine, mentre fuori almeno cinque palestinesi venivano soccorsi perché feriti da proiettili di gomma: dopo l’assalto al villaggio, i giovani hanno reagito protestando al raid militare. Quattro persone sono state arrestate, tra cui il proprietario della casa dove Faqih (che risiedeva a Dura e non a Surif) si trovava e sua madre, con l’accusa di complicità.

Nella sua casa, dice l’esercito, sarebbero stati trovati un kalashnikov e una granata. Faqih è considerato il responsabile dell’uccisione, lo scorso primo luglio, di un colono israeliano Michael Marc e il ferimento della moglie e dei due figli: Faqih ha sparato alla loro auto mentre si trovavano in viaggio sulla Strada 60 che collega le colonie israeliane a sud di Hebron. È considerato un militante del braccio armato di Hamas, le Brigate al-Qassam, a cui si sarebbe unito mentre era prigioniero in un carcere israeliano: era stato arrestato perché membro della Jihad Islamica.

Questa mattina a Dura, il suo villaggio, e in quelli vicini è stato dichiarato sciopero: i negozi sono chiusi in segno di lutto. La zona ha vissuto in uno stato di tensione per quasi un mese: dal primo luglio l’esercito israeliano aveva lanciato una vera e propria caccia all’uomo e aveva imposto chiusure prolungate di interi villaggi del distretto di Hebron, anche a seguito dell’uccisione di una colona di 13 anni a Kiryat Arba. Impossibile per i residenti vivere normalmente, con gli ingressi ai villaggi controllati dai militari israeliani e l’impossibilità di far entrare e uscire i prodotti locali.

Sale così il numero di morti dal primo ottobre, quando scoppiò quella che è stata definita dai palestinesi l’Intifada di Gerusalemme: 205 palestinesi e 33 israeliani sono stati uccisi.

Aumenta a dismisura anche il numero di demolizioni contro abitazioni palestinesi. Ieri i bulldozer militari israeliani hanno distrutto dodici case nel campo profughi di Qalandiya perché considerate troppo vicine al muro di separazione. Immediata è partita la protesta dei residenti che hanno cercato di difendere le abitazioni facendo da scudo umano. I soldati hanno risposto con gas lacrimogeni e proiettili di gomma, ferendo almeno sette persone.

“C’è stato un incremento preoccupante della distruzione, la demolizione e la cnfisca di abitazioni palestinesi da parte delle autorità israeliane in Cisgiordania nei primi due mesi del 201 – aveva scritto poco tempo l’agenzia Onu Ocha – Almeno 320 strutture, tra cui 88 case, sono state demolite”. Ancora più dettagliato l’ultimo rapporto dell’organizzazione israeliana B’Tselem: nei primi sei mesi del 2016 Israele ha distrutto più case di quante ne avesse demolite in tutto il 2015. Dal primo gennaio al 30 giugno sono state demolite 168 case, lasciando senza un tetto sulla testa 740 persone, di cui 384 bambini. Nel 2015 erano state 125.

E restano ancora 11mila abitazioni, in Area C, sotto il controllo militare e civile israeliano, su cui pesano ordini di demolizione. 

della redazione

da: nena-news.it

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