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Perché lo stato spagnolo vuole dissolvere Askapena

Si fa sem­pre più forte la crisi strut­tu­rale dello Stato spa­gnolo. Nei Paesi baschi, la sini­stra indi­pen­den­ti­sta, alle prese con un con­tro­verso pro­cesso di pace “uni­la­te­rale”, governa diverse ammi­ni­stra­zioni locali ed è in forte ascesa elet­to­rale. Nono­stante le grandi dimo­stra­zioni d’appoggio cit­ta­dino, l’ostruzionismo con­tro la stra­te­gia indi­pen­den­ti­sta del “Diritto a deci­dere” non si smuove di un cen­ti­me­tro. Il governo con­ti­nua a usare l’annientamento poli­zie­sco del “nemico interno” per non lasciarsi scap­pare l’appoggio dello spa­gno­li­smo più radi­cale. Solo la scorsa set­ti­mana, la Audien­cia Nacio­nal ha chie­sto la dis­so­lu­zione della sto­rica orga­niz­za­zione inter­na­zio­na­li­sta Aska­pena (in basco “libe­ra­zione”), attiva dal 1987; trent’anni di car­cere per cin­que mem­bri e la chiu­sura di due imprese che si dedi­cano al com­mer­cio giusto.

Le richie­ste dell’Alta Corte arri­vano cin­que anni dopo la retata che portò in car­cere otto atti­vi­sti della piat­ta­forma. Tra i mili­tanti a cui viene impu­tato di aver agito per «inter­na­zio­na­liz­zare l’attività di Eta» c’è Unai Váz­quez, socio­logo dell’Università del País Vasco: «Biso­gna sot­to­li­neare che già prima della retata, si era inten­si­fi­cata la cam­pa­gna media­tica con­tro le nostre atti­vità inter­na­zio­na­li­ste. Diciamo che i nostri rap­porti soli­dali con movi­menti anti-egemonici hanno sem­pre subito le mani­po­la­zioni dei gior­nali della destra, e anche di quelli teo­ri­ca­mente pro­gres­si­sti, come El País per esem­pio. Per­so­nal­mente, quando mi tro­vavo in Boli­via nel 2005, tira­rono fuori un assurdo mon­tag­gio gior­na­li­stico per affer­mare che ero entrato ille­gal­mente nel paese. Cosa asso­lu­ta­mente infon­data. Que­sta atti­vità dif­fa­ma­to­ria si è signi­fi­ca­ti­va­mente raf­for­zata per legit­ti­mare l’azione repressiva».

Al di là del ruolo dei mezzi d’informazione, come pre­cisa il tren­ta­seienne atti­vi­sta di Bara­kaldo, un pae­sino a pochi minuti da Bil­bao, col­pi­sce il “tem­pi­smo” della retata nel 2010. «Poco prima, Eta aveva comu­ni­cato la sospen­sione delle atti­vità armate. Non era ancora la tre­gua defi­ni­tiva, che arrivò poco dopo, ma già si per­ce­piva la fine dell’attività armata e l’inizio di una nuova tappa di lotta. Altret­tanto chia­ra­mente, la retata evi­den­ziò che lo Stato non accet­tava la tre­gua. E che la cro­ciata dell’apparato repres­sivo era con­tro i diritti riven­di­cati dal movi­mento popo­lare basco».

Ora, le pesan­tis­sime richie­ste con­fer­mano la tesi dell’allora giu­dice tito­lare Bal­ta­sar Gar­zón secondo il quale «tutto è Eta», ossia che que­sta non era solo un’organizzazione armata, ma un appa­rato poli­tico e sociale. In vista delle vicine ele­zioni pre­si­den­ziali e nelle comu­nità auto­nome, il tra­bal­lante governo sem­bra pro­varle tutte. Comin­ciando dalle «ille­ga­liz­za­zioni», che sem­bra­vano esser pas­sate di moda: «Vogliono “ille­ga­liz­zare” anche un’associazione sociale vin­co­lata con Aska­pena. E’ un passo in avanti dell’apparato repres­sivo col­pire un’associazione che si dedica a orga­niz­zare atti­vità ludi­che e sociali durante le tra­di­zio­nali feste estive di Bil­bao», dice Unai. E poi pre­cisa come la stra­te­gia repres­siva vada più in là della con­giun­tura elet­to­rale: «Non cre­diamo che la tat­tica elet­to­rale sia la ragione ultima dell’accanimento con­tro Aska­pena, per­ché sfor­tu­na­ta­mente rien­tra in una stra­te­gia più pro­fonda. Una stra­te­gia — riprende — con­tro il nostro popolo, per la nega­zione dei nostri diritti e per farci cre­dere che la sola via d’uscita sia quella di arren­derci. Per col­pire una soli­da­rietà rivo­lu­zio­na­ria, una tene­rezza popo­lare e reci­proca, d’andata e ritorno, che rompe l’isolamento a cui vor­reb­bero con­dan­narci, por­tando le nostre lotte nel mondo e il mondo nelle nostre lotte. Un inter­na­zio­na­li­smo “com­plice” con il pro­cesso di libe­ra­zione sociale della nostra nazione senza Stato».

Sor­ride, Unai, e dice: «Sì, Aska­pena scom­pa­rirà un giorno, ma solo per sua deci­sione. Quando avrà già fatto della soli­da­rietà inter­na­zio­na­li­sta un pila­stro dell’alternativa basca».

di Davide Angelilli

da Il Manifesto

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