Popoli originari e guerre imperiali
Da cinque secoli, i popoli originari delle Americhe stanno subendo una guerra di saccheggio, un lunghissimo etnocidio che cominciò con la dominazione coloniale, proseguì durante le repubbliche e si approfondisce (sì, ogni volta è peggio) durante il periodo neoliberale attraverso l’accumulazione per saccheggio o quarta guerra mondiale.
di Raúl Zibechi
La matrice di questo modello è la conversione dei beni comuni (acqua, terra, aria e biodiversità) in merci da parte delle grandi compagnie, protette e sostenute dagli stati-nazione neocoloniali e dalle loro forze armate, che si appoggiano a gruppi paramilitari e di narcotrafficanti.
Lungo questi secoli, il saccheggio e la guerra contro i popoli ha assunto forme diverse: schiavitù, confisca di terre contadine e comunali, massacri e femminicidi, formando una lista di atrocità che non possono vedere coloro che non vogliono farlo.
L’intensità del saccheggio e della guerra sta crescendo in modo esponenziale, come da vari anni ha avvertito l’EZLN, che chiama “tormenta” questa fase depredatrice dell’Idra Capitalista. Le pagine di Desinformémonos, e di altri media impegnati con quelle e quelli in basso, sono testimoni puntuali di questa feroce tormenta che seguiamo attraverso le loro resistenze.
Ora che è cominciata una nuova guerra tra imperi, i popoli originari, neri e meticci non stanno prendendo partito per nessun imperialismo, giacché tutti loro sono ugualmente responsabili di genocidi. Affrontandola dalle geografie in basso, questa nuova aggressione è un’altra delle molteplici guerre di saccheggio che il capitalismo perpetra da quando nacque spargendo il sangue di milioni.
L’accumulazione per saccheggio/quarta guerra mondiale, la portano avanti grandi imprese degli Stati Uniti, Canada, dell’Unione Europea, Cina e Russia, tra le altre, di modo che non ci sono nazioni imperiali che non abbiano commesso, e continuino a commettere, atrocità contro i popoli.
Quando la Russia invade l’Ucraina, coloro che perdono sono quelle e quelli in basso, come succede con tutte le guerre imperiali. Solidarizzare con coloro che soffrono non può implicare, in qualche modo, il sostegno all’altra parte, ma la denuncia della rapina nella quale tutte le grandi potenze sono coinvolte.
Dalla fine della seconda guerra mondiale, nel 1945, ci sono stati 248 conflitti armati tra paesi, dei quali 201 sono stati iniziati dagli Stati Uniti, l’81% del totale (https://bit.ly/3tbEFr3). Questo dato, apportato in questi giorni dalla Cina, non può farci dimenticare che questo paese opprime violentemente le sue “minoranze” e le donne, e controlla ferreamente tutta la popolazione; né gli enormi danni che le sue imprese estrattive producono ai popoli del mondo.
Un’impresa di capitale russo con il sostegno degli stati del Guatemala e della Russia, proprietaria dell’impianto di estrazione a El Estor (Guatemala), reprime il popolo Q’eqchi’ per consolidare il saccheggio (https://bit.ly/3hkQC8f). Nelle guerre di saccheggio, non esiste nessuna differenza riguardo al paese da dove provengono coloro che li commettono.
Per non menzionare la terribile storia della conquista coloniale di tutto il Sud globale, da parte di un pugno di paesi del Nord che, protetti dalla violenza che portò alla schiavitù di interi popoli, è l’unica spiegazione dell’enorme ricchezza accumulata da loro. Saccheggio che ora continua contro gli stessi popoli del Nord.
Gli stati sono strumenti del capitalismo, guidati dal profitto e dall’accumulazione. Sono gli incaricati di invadere, opprimere e massacrare popoli, come particolarmente sta succedendo in Messico e Colombia, dove tutti i giorni sono assassinate persone che resistono ai mega-progetti.
La logica dei popoli è completamente differente, come ha dimostrato il recente Giro per la Vita realizzato in molte geografie europee. L’abbraccio tra quelli in basso è la politica che cerca di tessere qualcosa che va molto al di là della solidarietà: l’affratellamento tra uguali, che rende possibile estendere le resistenze alla guerra di saccheggio a tutto il pianeta.
Foto: Prensa Comunitaria
28 febbraio 2022
Desinformémonos
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