InfoAut
Immagine di copertina per il post

Prosegue lo sciopero della fame dei palestinesi nelle carceri israeliane

 La protesta è partita il 27 settembre, dopo giorni di colloqui all’interno delle galere per giungere ad una partecipazione di massa allo sciopero della fame.

In molte città della West Bank sono stati allestiti punti informativi, organizzati dai militanti del Fronte Popolare e dalle famiglie dei prigionieri, per tenere informata la popolazione sulla situazione nelle carceri. Sono state montate anche alcune tende per agevolare coloro che nei presìdi si sono uniti allo sciopero della fame nelle prigioni. In particolare a Nablus alcuni ex carcerati hanno annunciato pubblicamente l’inizio dello sciopero della fame in solidarietà coi compagni in carcere.

A distanza di quattordici giorni, la protesta si è ormai allargata a tutte le carceri israeliane, con il coinvolgimento di migliaia di detenuti. Notizia di oggi è il grave peggioramento delle condizioni di salute del leader del Fronte Popolare, Ahmed Sa’adat. Jawad Boulos, responsabile del team legale della Palestinian Prisoners’ Society ha potuto avere un colloquio con Sadat ed ha riferito all’agenzia Ma’an che le sue condizioni di salute sono “molto preoccupanti”. Il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina ha diramato un comunicato stampa affermando che la responsabilità delle condizioni di salute di Sa’adat è tutta sulle spalle delle autorità carcerarie israeliane che lo tengono in isolamento da tre anni.

I giornali israeliani hanno dato molto risalto alcune concessioni fatte dalle autorità carcerarie: non verrà più comprato pollo frullato per i pasti dei detenuti ma pollo intero, anche se a tagliarlo saranno le guardie carcerarie. Allo stesso tempo i pochi fortunati familiari a cui è permesso visitare i parenti in carcere non dovranno vedere i propri cari legati mani e piedi alla sedia dei colloqui.

Non un passo avanti invece è stato fatto sulle altre e ben più rilevanti rivendicazioni dei prigionieri: fine della pratica dell’isolamento, estesa in modo crudele dopo la cattura del soldato israeliano Shalit da parte delle forze militari di Hamas, nel 2006; possibilità di studiare e di introdurre libri e giornali; fine delle punizioni pecuniarie per gli atti di disobbedienza all’interno delle carceri; fine delle perquisizioni costanti e provocatorie, fatte al solo scopo di umiliare fisicamente e mentalmente i prigionieri.

Il ministro palestinese alle questioni sui detenuti, Issa Qaraqe, ha riassunto la questione dicendo che “lo sciopero della fame non è per avere il pollo, ma per porre fine alle condizioni di isolamento prolungato dei prigionieri”.

Le autorità carcerarie stanno provando a reprimere la protesta togliendo ai prigionieri l’elettricità nelle celle e l’acqua salata. L’unico motivo per cui i prigionieri ingeriscono sale durante lo sciopero della fame è quello di preservare un minimo l’integrità dello stomaco e dell’intestino. Inoltre giungono preoccupanti notizie sul trasferimento di alcuni prigionieri del Fronte Popolare dalle carceri di origine verso luoghi che le autorità israeliane si rifiutano di comunicare.

Ma la repressione israeliana non sta dando buoni risultati, se le stesse autorità carcerarie ieri hanno dovuto ammettere che la protesta si sta allargando. Notizia confermata da una delle principali associazioni di supporto alla protesta, Addameer, “Prisoners’ Support and Human Rights Association”. L’associazione, attraverso un comunicato, ha fatto sapere che la protesta sta in questo momento estendendosi non solo nelle altre carceri, ma anche alla partecipazione di prigionieri di altre fazioni politiche come Fateh e Hamas, che aderiscono ad alcune iniziative di disobbedienza civile e si alternano nel rifiutare il cibo.

Non è il primo sciopero della fame nella storia delle galere israeliane: adesso il timore maggiore è che le autorità carcerarie israeliane costringano con la forza i detenuti ad ingerire cibo, pratica che negli anni passati ha portato alla morte di molti prigionieri palestinesi, uccisi per soffocamento.

Ad oggi i detenuti palestinesi sono circa 6.000, e nelle galere israeliane è rinchiuso ininterrottamente dal 1978 Na’el Barghouti, uno dei leader di Fateh, che detiene il record di permanenza in una galera. Secondo alcune statistiche, oltre 750.000 palestinesi sono stati rinchiusi nelle carceri israeliane dal 1967, al punto che quasi tutti in Palestina possono contare almeno un arresto in famiglia.

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Conflitti Globalidi redazioneTag correlati:

carcereisraelepalestinasciopero della fame

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Cosa c’entra la base del Tuscania al CISAM con il genocidio in corso in Sudan?

In Sudan si consuma un massacro che il mondo continua a ignorare.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Argentina: Milei-Trump hanno vinto e si sono tenuti la colonia

Il governo libertario ha imposto la paura della debacle e ha vinto nelle elezioni legislative.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Palestina libera, Taranto libera

Riceviamo e pubblichiamo da Taranto per la Palestina: Il porto di Taranto non è complice di genocidio: i nostri mari sono luoghi di liberazione! Domani, la nostra comunità e il nostro territorio torneranno in piazza per ribadire la solidarietà politica alla resistenza palestinese. Taranto rifiuta di essere zona di guerra e complice del genocidio: non […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Gaza è Rio de Janeiro. Gaza è il mondo intero

Non ci sono parole sufficienti per descrivere l’orrore che ci provoca il massacro di oltre 130 giovani neri, poveri, uccisi dalla polizia di Rio de Janeiro, con la scusa di combattere il narcotraffico.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

I “potenti attacchi” su Gaza ordinati da Netanyahu hanno ucciso 100 palestinesi

I palestinesi uccisi ieri dai raid aerei israeliani sono un centinaio, tra cui 24 bambini, decine i feriti.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Monza: martedì 4 novembre corteo “contro la guerra e chi la produce”

Martedì 4 novembre a Monza la Rete Lotte Sociali Monza e Brianza e i Collettivi studenteschi di Monza hanno organizzato un corteo “Contro la guerra e chi la produce “.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Cosa c’entra Leonardo con il genocidio a Gaza?

Gianni Alioti, ricercatore di The Weapon Watch – Osservatorio sulle armi nei porti europei e mediterranei, ha scritto per Pressenza un approfondimento, con notizie inedite, sulle responsabilità di Leonardo nel genocidio a Gaza.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Libano: continuano gli attacchi israeliani nonostante la tregua del novembre 2024. Due persone uccise

Ancora bombardamenti israeliani nel sud del Libano, nonostante l’accordo di tregua concordato nel novembre 2024.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Coloni lanciano attacchi coordinati contro agricoltori e terreni della Cisgiordania

Cisgiordania. Negli ultimi giorni, gruppi di coloni hanno lanciato una serie di attacchi coordinati contro agricoltori e terreni agricoli palestinesi a Betlemme, al-Khalil/Hebron e nella Valle del Giordano settentrionale.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Occupazioni e proteste per la Palestina: gli aggiornamenti da Napoli, Torino e Verona

Proseguono le mobilitazioni in solidarietà con il popolo palestinese.

Immagine di copertina per il post
Formazione

Occupazioni a Torino: cronaca di un mese senza precedenti.

Una cronaca dalle occupazioni e autogestioni delle scuole torinesi del mese di ottobre.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Un opuscolo su riarmo, genocidio e logistica della guerra

Ripubblichiamo un opuscolo realizzato dall’assemblea cittadina torinese STOP RIARMO.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Guerra alla Guerra! Blocchiamo Tutto!

Di seguito il comunicato di GUERRA alla GUERRA rispetto a valutazioni e prospettive del percorso.