Roma: proteste all’ambasciata tafferugli e Nomentana bloccata
Slogan e tensione davanti alla sede diplomatica tra forze dell’ordine e circa trecento persone tra libici, nordafricani e italiani. Alcuni ragazzi si sono arrampicati sul cancello e hanno sostituito e bruciato le bandiere verdi istituite da Gheddafi nel 1969 con quella precedente. Insulti anche verso il governo italiano. “Torneremo ogni giorno”.
Tensione davanti all’ambasciata libica in via Nomentana dove circa trecento persone stanno manifestando. Al grido di “Assassino! Assassino!”, circa trecento manifestanti, tra libici, nordafricani e italiani, davanti all’ambasciata libica hanno scavalcato le transenne e si sono avvicinati all’entrata della sede diplomatica provocando tafferugli con le forze dell’ordine che hanno cercato di fermarli. I manifestanti hanno invaso anche via Nomentana bloccando il traffico. Alcuni di loro hanno cercato di scavalcare la recinzione dell’ambasciata. La polizia ha sparato qualche lacrimogeno. La manifestazione è terminata poco prima delle 18: “Torneremo qui ogni giorno fino a che la Libia sarà libera”, hanno detto i partecipanti alla protesta lasciando via Nomentana.
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Il sit in. “Gheddafi è un assassino, via il dittatore”, hanno urlato più volte i manifestanti. Numerosi gli striscioni di condanna del “massacro perpetrato dal dittatore”. E la rabbia non ha risparmiato neanche il governo italiano: “Vergogna Berlusconi, amico di Gheddafi”.
Alcuni ragazzi si sono arrampicati sul muro e sul cancello della sede diplomatica e hanno sostituito la bandiera della Libia istituita da Muhammar Gheddafi nel 1969 con il vessillo rosso, nero e verde della Libia governata dai Senussi prima dell’arrivo del colonnello. Intorno tra i manifestanti si sono levate grida di gioia e alcuni di loro hanno bruciato la bandiera verde della Libia lanciata a terra dai dimostranti saliti sul cancello d’entrata dell’ambasciata.
“Ecco la bandiera della Libia democratica, quella di re Idriss el-Senussi”, hanno urlato i manifestanti. Poi, tutti insieme hanno intonato slogan contro il colonnello, gridando: ‘Il sangue dei martiri non sarà lavato se non con la morte di Gheddafi’. “Ora abbiamo raggiunto lo scopo della nostra manifestazione, abbiamo issato la vera bandiera della Libia” ha detto uno dei militanti. E tutti i dimostranti, almeno un centinaio, hanno inveito contro “l’ambasciatore assassino in Italia, servo di Gheddafi”.
L’accesso a via Nomentana è stato chiuso qualche decina di metri prima dell’ambasciata e il traffico è stato deviato nelle vie circostanti. Una camionetta della polizia è di traverso sulla carreggiata per impedire il passaggio delle auto.
Secondo i manifestanti il ragazzo che si era arrampicato sul muro per sostituire la bandiera è stato poi fermato per essere arrestato da alcuni agenti in borghese nella zona dietro via Nomentana e l’ambasciata libica. A quel punto gli amici del ragazzo si sono diretti verso l’amico in difficoltà e strattonandolo sono riusciti a liberarlo dagli uomini che lo trattenevano. Si è quindi creato un parapiglia, il ragazzo è tornato in mezzo ai manifestanti, molti dei quali con un passaparola si dicevano “aiutatelo a scappare”. Nel frattempo in zona è arrivato parte del contingente misto di forze dell’ordine che si trovava all’eur agli stati generali e ora c’è un notevole dispiegamento di polizia e carabinieri. Alcune fonti riferiscono di temere per altre rappresaglie durante la notte.
La manifestazione, a cui hanno aderito, fra gli altri, Pd, Rifondazione Comunista e il Partito Comunista dei Lavoratori, ha segnato il terzo giorno di protesta di fronte alla sede diplomatica di via Nomentana. Oggi però i dimostranti si sono moltiplicati e in massa hanno chiesto un intervento dell’Occidente, in particolare dell’Italia, a favore del popolo libico. “I libici non scapperanno, sarà Gheddafi a scappare”, hanno scandito in coro i manifestanti esponendo una foto di un ragazzo decapitato a Tripoli nei giorni scorsi. “Ecco cosa fanno le armi di Gheddafi”, recitava la scritta sotto la terribile immagine. Tra libici c’è comunque pessimismo. “Il dittatore non andrà mai via senza spargere altro sangue. Ancora ieri un aereo inviato da Gheddafi sorvolava la città di Bengasi che è stata già liberata”, sottolineava Aymir, libico originario dell’est del paese, in Italia da 25 anni.
La denuncia. “A Tripoli ci sono decine e decine di cadaveri per strada e le milizie di Gheddafi li stanno portando via in luoghi sconosciuti per bruciarli e nascondere l’evidenza del massacro”, ha denunciato il presidente del comitati Libia Democratica Karim Bengharsa nel corso della protesta organizzata di fronte all’ambasciata libica a Roma. Bengharsa ha spiegato che “online girano già video di corpi bruciati dalle milizie” e da testimoni con i quali l’oppositore è in “costante contatto”, hanno riferito che in queste ultime ore le forze del colonnello “stanno raccogliendo i cadaveri per portarli fuori da Tripoli”.
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