Quinto sabato consecutivo di proteste a Belgrado
In migliaia hanno sfidato le temperature glaciali e la neve per manifestare ancora una volta contro lo strapotere del presidente Aleksandar Vucic, per la libertà di espressione delle forze politiche di opposizione e contro la violenza politica con cui il partito di Vucic, l’SNS (Partito Progressista Serbo) – di orientamento conservatore ed europeista – si mantiene saldamente al potere.
“La Serbia si sta sollevando lentamente, l’intera città sta insorgendo… saremo sempre più numerosi”, ha dichiarato l’attore Branislav Trifunovic, uno dei leader del movimento, alla televisione privata N1. Come sabato scorso, i manifestanti hanno sfilato sventolando bandiere serbe e dietro un grande striscione con il nome del movimento: “1 su 5 milioni”. Lo slogan si riferisce a una dichiarazione di Vucic, che dopo la prima manifestazione promise di non cedere alle richieste del movimento nemmeno “se fossero scese in piazza cinque milioni di persone”.
Le proteste sono state scatenate da quello che è apparso come l’ennesimo atto di prevaricazione politica dell’SNS, il pestaggio del leader di sinistra Borko Stefanovic nella cittadina di Krusevac, Serbia centrale, il 23 novembre 2018. Per l’attacco sono stati arrestati 5 uomini, legati ad ambienti vicini al partito di governo, che sono stati rilasciati senza accuse. Il pestaggio di Stefanovic si aggiunge a una lunga serie di intimidazioni, attacchi e omicidi ai danni di militanti dell’opposizione e giornalisti, come l’assassinio del politico serbo di origini kosovare Oliver Ivanovic e il tentato omicidio del giornalista e blogger Milan Jovanovic. Solidarietà viene espressa anche nei confronti di “Pravda Za Davida”, “verità per Davide”, il movimento che sta scuotendo la Bosnia chiedendo giustizia per David Dragicevic, ragazzo ventunenne ucciso e torturato – probabilmente dalla polizia – nella città a maggioranza serba di Banja Luka.
Formalmente organizzate dal gruppo di opposizione “Protesta contro la Dittatura”, che aveva già riempito le piazze dopo l’ennesima vittoria elettorale dell’SNS e la nomina di Vucic a primo ministro nell’aprile del 2016 (è stato nominato presidente della Repubblica nel 2017) le manifestazioni sono prive di qualsiasi bandiera di partito e non fanno riferimento all’opposizione parlamentare, che pure le appoggia e sostiene. Col progressivo aumentare del numero di partecipanti sono state stilate anche le prime rivendicazioni: dimissioni del ministro degli Interni Stefanovic, responsabile del clima di intimidazioni e violenze ai danni dell’opposizione sociale e parlamentare, più spazio nei canali televisivi nazionali – megafono esclusivo dell’SNS – per le richieste del movimento e le istanze sociali e l’apertura di inchieste indipendenti sulla morte di Ivanovic, il pestaggio di Borko Stefanovic e gli attacchi e le violenze contro gli oppositori del governo.
Una parte massiccia del movimento, inoltre, rappresentata soprattutto dai giovani che già nel 2016 e nel 2017 avevano protestato per settimane a Belgrado contro Vucic, chiede con sempre più forza nuove elezioni ed osservatori indipendenti per fugare il pericolo di brogli.
Proprio di questi giorni è la prima timida apertura di Vucic alle richieste della piazza, dopo che si è rifiutato di riconoscere il movimento per oltre un mese, ridicolizzando i suoi esponenti e vantandosi di non voler accettare nessuna delle rivendicazioni pervenutegli. In una conferenza stampa ha offerto qualcosa di simile a un tavolo di trattativa ed è apparso in televisione apostrofando i manifestanti con le parole “parliamo di ciò che non va e miglioriamolo insieme”. Pare essere arrivato a più miti consigli dopo la quinta prova di forza della piazza e uno sguardo ai sondaggi che danno l’SNS in calo per la prima volta dalla sua fondazione nel 2008. È improbabile, tuttavia, che ceda sulla richiesta più pesante, quella di convocare nuove elezioni, soprattutto se si considera che il consenso del suo partito sfora il 50% e che dalle proteste di piazza non sembra prendere forma una forza di opposizione in grado di competere con l’SNS sul piano elettorale.
Proprio il futuro del movimento sta generando un profondo dibattito all’interno delle sue componenti, grossomodo divise dalla linea generazionale: quella giovanile, memore delle proteste di piazza del 2016 e 2017, intenzionata a far cadere il governo e non disposta a delegare la lotta ai partiti politici di opposizione e quella più anziana, soprattutto veterani della protesta di massa del 2000 intenzionata a cercare una convergenza partitica per battere Vucic nelle urne.
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