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Repressione in Bahrein, strage in Yemen

Roma, 04 aprile 2011, Nena News – E’ incessante l’azione repressiva nei confronti dell’opposizione pro-democrazia attuata da monarca assoluto del Bahrain, il sunnita Hamad al Khalifa, uno stretto alleato degli Stati Uniti, che il mese scorso ha chiesto e ottenuto l’intervento militare dell’Arabia saudita e del Consiglio di Cooperazione del Golfo per schiacciare la protesta contro il suo regime.

Dopo aver fatto oltre 20 morti, centinaia di feriti e almeno 400 arresti politici tra i dimostranti che per settimane erano rimasti accampati in Piazza della Perla (Manama) – l’ultimo, Jasem Mekki, 39 anni, è morto in carcere per una «misteriosa» malattia del sangue, hanno comunicato le autorità –  le forze di sicurezza agli ordini del re ieri hanno destituito con la forza e messo agli arresti domiciliari Mansour al Jamri, direttore di al Wasat, l’unico giornale dell’opposizione democratica in Bahrain, accusato di aver dato una «copertura non-etica» della rivolta nelle scorse settimane, condotta dagli sciiti (che formano la maggioranza della popolazione ma sono gravemente discriminati), e di aver «fabbricato» resoconti sugli sviluppi della sicurezza nel Paese e «notizie e fotografie false» tra il 25 e il 28 marzo. Mansour al-Jamri, fondatore di al Wasat nel dicembre 2001, è il figlio dello sceicco Abdul-Amir al-Jamri, un leader spirituale della rivolta sciita nel paese negli anni 1990. Assieme a lui sono stati rimossi il caporedattore centrale Walid Nouwaihidh e il caposervizio Aqil Mirza. I tre giornalisti verranno processati.

Mansour al Jamri è stato prontamente sostituito alla guida del giornale da un nuovo direttore, Obaidaly Al Obaidaly, gradito alla monarchia.

Intanto si fanno sempre più preoccupanti le notizie che arrivano dallo Yemen. È salito a 15 morti e a oltre 100 feriti il bilancio degli scontri nella città di Taiz tra la polizia e i manifestanti che chiedono le dimissioni immediate del presidente Ali Abdullah Saleh, al potere da 32 anni e fedele alleato degli Stati Uniti. L’opposizione yemenita denuncia che ad aprire il fuoco sui dimostranti non è stata solo la polizia ma anche cecchini della milizia fedele al presidente Saleh che continua a ribadire l’intenzione di non lasciare il potere fino alla fine del 2011.

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