InfoAut
Immagine di copertina per il post

Rojava: c’è il comunismo?

Rozanne si spinge ad affermare che la rivoluzone non deve costruire una “società nuova”, ma vivificare elementi sociali, culturali e valoriali che affondano le proprie radici in una cultura altra, talmente antica ed estranea al mondo contemporaneo da esser stata rimossa e dimenticata: è la “società etica” o “naturale” che per il Pkk e il Pyd esisteva prima della comparsa dello stato, anteriormente alla civilizzazione sumera, e le cui persistenti tracce culturali il dominio capitalista non è mai riuscito ad annichilire. “La condivisione delle responsabilità sociali, gli sforzi nella collaborazione per i bisogni collettivi erano il fulcro del vivere in comune nelle società prestatuali” aggiunge la compagna, e questi tratti sono ancora presenti “nelle relazioni etiche che si sviluppano nelle comunità claniche, nelle tribù dei villaggi, nelle consuetudini presenti nei legami urbani di quartiere, in certe aree della montagna”. Ciononostante “non si tratta di restaurare la società naturale, ma di sostituire alla modernità capitalista una modernità democratica”, dove con questo termine (delle cui ambiguità il movimento curdo è consapevole in modo strategico) si deve intendere la dissoluzione progressiva del capitalismo e dello stato, in favore di una prospettiva comunistica fondata sul recupero dell’autogoverno collettivo dei bisogni sociali.

Qual è, nel concreto del percorso politico in corso nel nord della Siria, il processo economico verso un simile orizzonte? In diverse regioni del medio oriente, e in particolare nel Kurdistan, la cultura clanica preserva effettivamente una miriade di organismi sociali micro-comunistici che, se non possono rappresentare l’ossatura complessiva della “società democratica”, costituiscono secondo i compagni una buona base culturale di partenza. Maria, co-presidente della comune di Anterir (una delle circa cento comuni di Qamishlo) va in crisi quando, in un’intervista, un compagno europeo le chiede cosa siano per lei le “relazioni etiche”; non sa cosa significhi la parola, come molte delle persone che nei quartieri popolari di Qamishlo portano avanti delle cose senza necessariamente sapere come si chiamino nella “teoria del partito”. Se i microcosmi popolari apprendono indubbiamente, infatti, l’ideologia dei libri di Ocalan grazie all’azione infaticabile di compagne come Rozanne, tale ideologia è stata messa nero su bianco in carcere, dal presidente, anzitutto tentando di scovare forze per la trasformazione insite nell’esistente, ossia nei saperi e nella cultura profonda degli strati popolari del medio oriente.

Mahdad affianca Maria alla presidenza della comune di Anterir. Offre il té in un frutteto in cui pascolano mucche e pecorelle, e si aggirano oche e galline in mezzo a gatti e cani, accanto al piccolo orto con diverse coltivazioni. Alcune donne siedono e scherzano, uomini si aggregano attorno allo zucchero e alle tazzine, stormi di bambini corrono qua e là oltre il cancello: in Europa sarebbe vicinato, ma qui è famiglia allargata, densa di relazioni invisibili e sedimentate in culture secolari – verosimilmente dure da scalfire – la cui riproduzione si basa anzitutto sulla soddisfazione comune dei bisogni, di cui chi detiene l’autorità clanica porta la responsabilità. Con riferimento alla “vita semplice” magnificata da tanti curdi – anche nelle Ypg – Mahdad afferma di preferire una povertà che rende liberi a una ricchezza “falsa”, che rende schiavi; e Medya, una compagna che a sua volta si prodiga per il perwerde (“l’educazione”), racconta di un’altra regione del Kurdistan, dove un vecchio che conobbe si rifiutò di scendere dalla montagna per essere curato nell’ospedale della città: “Non condurmi dove i serpenti mangiano i propri figli – disse – là non esistono che padroni e i loro schiavi”.

La costruzione di un Rojava in cui la cura collettiva delle responsabilità dovrà fondare l’intero sistema è affidata al movimento per la società democratica o Tev Dem, fondato dal Pyd con la collaborazione graduale di decine di altre organizzazione e partiti. Dilsha, originaria di Afrin, fa parte del comitato economico del Tev Dem; per lei la condizione attuale del Rojava è frutto tanto delle sopravvivenze comunitarie quanto dell’azione nefasta del capitalismo dello stato-nazione: “Lo stato siriano ha lasciato di proposito il Rojava nel sottosviluppo e nell’ignoranza. L’economia è stata organizzata per i soli bisogni separati dello stato e di altre persone, con la monocoltura del frumento e l’estrazione del petrolio per destinazioni esclusivamente esterne alla nostra regione”. Alcuni valori che animano la vita delle famiglie di Maria e Mahdad sono frutto di una resistenza dell’essere umano al dominio del mercato e all’alienazione dalla natura, ma il “sottosviluppo” in rapporto ai criteri dell’economia moderna è dovuto all’instaurazione di rapporti coloniali di espropriazione della ricchezza.

Migliorare la condizione economica del Rojava attraverso forme etiche, piuttosto che capitalistiche o statuali, è la sfida ambiziosa cui vuole far fronte il Tev Dem: “Vogliamo iniziare dalle comuni attraverso la condivisione, la conoscenza reciproca e l’amicizia – spiega Dilsha – e dare il via a un sistema di cooperative attraverso cui possa esprimersi la forza della società”. Cita l’esempio dei 150 dunam di alberi da fusto piantati dalle cooperative promosse dal Tev Dem in ogni provincia del cantone, della prima produzione di olio, soia e semi di girasole, fino alle fabbriche di sapone per piatti, nylon, yogurt, impacchettamento di prodotti agricoli, pollai, erbe, e la produzione di ortaggi con un sistema di serre a Serekaniye “che coinvolge 10.000 persone”. Sono tutte forme di iniziativa “in cui i proprietari dell’attività economica sono le persone che lavorano, non una sola persona”. Il ricavato della vendita dei prodotti, spiega, è destinato al 45% ai soci lavoratori, al 35% a un fondo comune per progetti (in cui figurano anche problemi urgenti dei quartieri, come una malattia grave, l’incendio di una casa, ecc.) e il restante 20% al coordinamento cantonale (l’istituzione esecutiva e legislativa del Rojava) per le spese legate alla guerra, alla sanità, alla protezione interna. [Queste percentuali subiscono variazioni a seconda delle fonti, Ndr].

L’adesione alle cooperative del Tev Dem (o del Kongrea Star, sua variante totalmente femminile) è volontaria ed esse sono create sul demanio statale espropriato con la rivoluzione. Chiunque è libero di aprire una cooperativa che non accantona alcun fondo comune, dice Dilsha, e che al coordinamento cantonale non dà nulla: le cooperative dei compagni non sono imposte per legge, ma rappresentano un’iniziativa tra le altre, che punta ad allargare un certo modo di intendere l’economia; semmai, non possono essere proibite o attaccate, essendo protette dagli organi esecutivi e dalle Ypg. Anche l’iniziativa privata è libera, e rappresenta tutt’ora una parte sostanziale dell’economia del Rojava, in relazione al piccolo commercio, ma anche allo sfruttamento agricolo e a diverse fabbriche. I possidenti agricoli o industriali non sono molti in Rojava, date le politiche di sottisviluppo curdo dello stato siriano fino al 2011; molti sono emigrati a Damasco dopo la rivoluzione (e ciò vale anche per molti professionisti e tecnici), ma non pochi, dice Dilsha, sono rimasti per questioni patriottiche o perché riconoscono la necessità dell’autonomia curda. Un loro ingresso speculativo nelle cooperative del Tev Dem non sarebbe comunque tollerato: “Loro non ci cercano, noi non li andiamo a cercare”.

L’economia del Rojava appare un piano su cui si muovono forze differenti: un debole capitalismo, un reticolato di pratiche di tipo comunistico, ma rinchiuse nei microcosmi clanici, la forza germogliante delle cooperative rivoluzionarie che tenta di estendersi e radicarsi rapidamente. “Il sistema delle cooperative è agli inizi: nonostante la rivoluzione sia cominciata cinque anni fa, questo aspetto è organizzato soltanto da due anni; ad oggi le cooperative non possono reggere da sole tutta l’economia dei cantoni”, spiega. Esiste anche un’opposizione palese al sistema delle cooperative, portata avanti dai sostenitori del modello barzaniano (curdo-iracheno) rappresentato in Rojava dall’Enks, il partito satellite del Krg: per loro il Kurdistan dovrebbe diventare uno stato-nazione classico e adottare una classica economia liberale e capitalista, su protezione turca e modello statunitense. L’Enks, tuttavia, non si limita a propugnare idee, ma “boicotta il processo economico, anche facendo leva sul potere di influire sull’embargo talvolta attuato dal Krg” (su richiesta della Turchia).

La stabilità finanziaria delle istituzioni cantonali non può, in queste condizioni, fondarsi esclusivamente sui contributi delle cooperative: “Molto denaro arriva dalla vendita del petrolio di Remeilan e Katatchok (cantone di Cizire) alla popolazione interna per usi immediati, ad esempio il riscaldamento invernale”. Esiste quindi anche una componente a socialismo di stato, che finanzia in particolare le strutture del movimento e le Ypg. Dei 103 pozzi petroliferi esistenti in Rojava, quasi tutti concentrati in quelle aree (ne esistono anche a Shaddadi, dice Dilsha, “ma non lavorano per noi”), soltanto tre “sono attualmente in attività”. Non esiste un’esportazione del petrolio, aggiunge, “che in futuro garantiremo a tutta la Siria” perché i traffici sono gestiti dall’Opec e il Rojava non è un’entità politica internazionalmente riconosciuta. La stabilità finanziaria dei cantoni è anche messa alla prova dalla svalutazione vertiginosa della sterlina siriana, particolarmente rapida in Rojava, dove 2 euro valgono al momento oltre 1.000 sterline. “Non esistono banche in Rojava oggi, ma per affrontare la svalutazione stiamo pensando anche a questo”. Siamo all’inizio, ed è un lungo processo, ripetono le compagne e i compagni instancabilmente. Chiediamo a Dilsha cosa permetterà al Rojava di realizzare un’economia libera, a differenza dei precedenti tentativi socialisti: “Tutto il processo è nelle mani della gente. Non è il governo che agisce, ma il Tev Dem, creando un movimento popolare; perché il governo dovrà estinguersi, poi – mentre il popolo resterà”.

Dall’inviato di Infoaut e Radio Onda d’Urto a Qamishlo, Rojava

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Conflitti Globalidi redazioneTag correlati:

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Francia, 10 settembre: bloccare le periferie delle grandi città per fermare il Paese?

Dall’inizio di luglio, la data del 10 settembre e lo slogan «blocchiamo tutto» circolano massicciamente. Si formano gruppi, si organizzano assemblee, si discute sui modi migliori per impedire il piano di austerità di Bayrou.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Porti, ferrovie e nuove basi: così il governo Meloni sta militarizzando l’Italia

Il governo accelera sulle infrastrutture militari: nuovi porti, ferrovie e basi in tutta Italia, mentre cresce la protesta contro il traffico di armi

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

L’11 settembre No al summit della guerra a Roma!

È stato annunciato dal Sole 24 Ore il primo “Defence Summit”, appuntamento programmato dal giornale di Confindustria per l’11 settembre a Roma.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Vicenza – Corteo 13 settembre: “No more bases”

Il corteo è stato organizzato in occasione dell'”Italia-America Friendship Festival” organizzato dall’amministrazione e dalla National Italian American Foundation (NIAF) in occasione dei per i 70 anni di presenza delle basi militari in città.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

To Kill a War Machine. Un documentario su Palestine Action

Palestine Action è un collettivo che da anni porta avanti una campagna di sabotaggi ed iniziative in solidarietà con il popolo palestinese. Di recente il collettivo è stato dichiarato organizzazione terroristica da parte dello stato britannico.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Appello per un campeggio No Base territoriale: 5-6-7 Settembre al presidio di Pace “Tre Pini” San Piero a Grado

Mentre crescono le connessioni tra le nostre lotte, sentiamo l’urgenza di continuare ad organizzarci insieme in un nuovo campeggio al Presidio di pace “Tre Pini”, per trasformare il diffuso rifiuto della base militare e della guerra in opposizione concreta.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Si prepara a partire verso Gaza la Global Sumud Flotilla, con il pensiero a Vittorio Arrigoni

Decine di barche con centinaia di persone a bordo, provenienti da 44 Paesi, salperanno da diversi porti del Mediterraneo tra agosto e settembre per raggiungere insieme la Striscia.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Strage di giornalisti a Gaza: Anas Al-Sharif e Mohammed Qreiqea assassinati da Israele

Questa notte i giornalisti Anas Al-Sharif e Mohammed Qreiqea sono stati assassinati da Israele in un attacco con drone che ha colpito una tenda di giornalisti davanti all’ospedale Al-Shifa nella città di Gaza.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Genova: armamenti e mezzi cingolati al porto. Procura apre inchiesta, presidio dei portuali

La Procura di Genova ha aperto un fascicolo per atti relativi alla nave Bahri Yanbu, il cargo saudita su cui sono stati trovati armamenti e mezzi militari cingolati.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

“Guerra alla guerra”: dopo l’assemblea nazionale in Val di Susa inizia un percorso di mobilitazione sui territori verso e oltre l’8 novembre a Roma

Riportiamo di seguito gli interventi introduttivi dell’assemblea nazionale tenutasi domenica 27 luglio durante il Festival Alta Felicità in modo da sottolineare le caratteristiche del percorso di mobilitazione contro guerra, riarmo e genocidio in Palestina proposto in tale occasione.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Taser: due persone morte nel giro di 24 ore dopo essere state colpite dalle pistole elettriche

Un’altra persona è morta dopo essere stata colpita con il taser dai carabinieri: si tratta di un uomo di 47 anni di origini albanesi che è deceduto a Sant’Olcese, sulle alture di Genova, nella serata di domenica. 

Immagine di copertina per il post
Formazione

Guerra alla guerra nelle università

Assemblea nazionale universitaria, 13-14 settembre, Pisa

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Aggiornamenti su Alfredo Cospito e proposta contro il blocco della posta

Per rompere l’isolamento a cui l’anarchico Alfredo Cospito* è sottoposto tramite il blocco praticamente totale della corrispondenza, rilanciamo qui la chiamata a mandargli cartoline e lettere…

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

‘Nessun paradiso senza Gaza’: intervista esclusiva di Palestine Chronicle al rivoluzionario libanese Georges Abdallah

Traduciamo da The Palestine Chronicole questa lucida e approfondita intervista del 13 agosto 2025, a Georges Abdallah.

Immagine di copertina per il post
Formazione

Guerra alla guerra: come organizzarci nelle scuole?

Nei contesti che attraversiamo occorre ripartire dalla concretezza del rifiuto per sabotare e opporsi realmente alla ristrutturazione, definendo con l’esperienza pratiche di conflitto riproducibili per bloccare sul nascere la guerra.

Immagine di copertina per il post
Crisi Climatica

Stati Uniti: ambiente e terre pubbliche sotto attacco

La tavolata della ventina di rappresentanti delle Big Oil (le grandi aziende energetiche statunitensi), svoltasi presso la tenuta trumpiana in Florida nell’aprile del 2024, è ormai passata all’incasso