
Saltare la “valla”. Raccontando Melilla
Il seguente articolo nasce dalla volontà di condividere alcune (parziali) conoscenze e considerazioni personali sviluppate a Melilla durante la realizzazione del documentario “Manana, Inshallah”. Il fine di quest ‘ultimo è quello di dare uno sguardo differente, più umano e personale sulla tematica della migrazione e dei confini europei. Maggiori informazioni sono disponibili su www.manana-inshallah.net
La città di Melilla rappresenta, assieme a Ceuta, un’anomalia territoriale, trattandosi di due enclavi europee sul territorio africano. Questi residui coloniali hanno assunto negli ultimi anni un ulteriore valore simbolico, delineando gli unici confini di terra fra Europa e Africa e divenendo quindi punti di passaggio attrattivi per coloro i quali desiderino raggiungere il continente europeo e il suo benessere.
Pur trattandosi di un territorio limitato, 15 km2 dove vivono 80.000 persone, risulta incredibile ad un occhio esterno quante differenti situazioni legate alla migrazione vi si rinchiudano.
L’immagine mediatica della migrazione a Melilla è senz’altro legata ai tentativi, a volte in massa,di saltare la valla, la tripla recinzione alta 6m che racchiude la città.
Nonostante questi salti rappresentino una percentuale relativamente poco rilevante degli ingressi illegali, hanno enorme esposizione mediatica. Si prestano infatti bene alla rappresentazione della valanga e dall’invasione che dev’essere impressa nell’opinione pubblica.
La gestione della valla e della sua sicurezza nasconde inoltre enormi interessi economici, dal momento che l’Unione Europea finanzia ingentemente lo stato marocchino, affinchè funga da gendarme alle sue frontiere. Diviene quindi chiaro come sia interesse di questi ultimi mantenere la “minaccia” migratoria sotto controllo, ma sempre presente, al fine di conservare i propri vantaggi economici.
A tentare di saltare la valla sono quasi esclusivamente persone provenienti dall’Africa occidentale, che vivono accampati nelle foreste attorno a Melilla sotto la costante minaccia delle violenze dell’esercito marocchino.
Nel caso i migranti non riescano a raggiungere il CETI (centro di permanenza temporanea) dopo aver superato la recinzione, vengono deportati direttamente in Marocco dalla Guardia Civil.
Il fatto che questa procedura teoricamente illegale venga attuata a Melilla totalmente alla luce del sole dice molto sull’atmosfera della città e, a mio parere, fa riflettere su quale sia il reale significato della “legge” e contro chi sia realmente diretta.
La stragrande maggioranza degli ingressi illegali avviene tuttavia attraverso la frontiera di Beni Enzar. Si tratta di un valico frontaliero controllato ma estremamente trafficato: sono infatti circa 30.000 i marocchini, provenienti dalle regioni circostanti, che la attraversano legalmente per lavorare a Melilla.
Chiunque possa fingersi di origine marocchina e voglia attraversare illegalmente la frontiera può acquistare illegalmente un documento marocchino ed entrare sul territorio europeo. Il prezzo di questi documenti si aggira intorno ai 1000 euro. Parlando con alcuni amici del posto risulta però evidente che con scaltrezza e un po’ di fortuna sia anche possibile passare inosservati attraverso il blocco frontaliero.
Questa opzione non è disponibile per i migranti provenienti dall’Africa occidentale, semplicemente perché la loro carnagione gli impedirebbe di spacciarsi facilmente per marocchini.
Una volta raggiunto il CETI il passo successivo è l’ottenimento della salida, un lasciapassare che autorizza il trasferimento sul territorio europeo (senza ricevere però alcuno status legale). L’attesa, resa snervante dal costante sovraffollamento del centro, è totalmente arbitraria e nelle mani delle autorità locali. Nel caso siano interessate a scoprire dinamiche della migrazione illegale o ritengano una persona particolarmente influente nella comunità, la permanenza delle persone nel centro può essere allungata per mesi senza alcuna spiegazione né giustificazione. La localizzazione del centro alla massima periferia della città è uno dei fattori che contribuiscono alla totale marginalizzazione dei suoi “ospiti”, che spesso non si avventurano fino al centro della città, intimoriti dal pesantissimo clima razzista.
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