Sgomberata piazza Tahrir
La notte tra venerdì e sabato un ingente schieramento di forze dell’ordine ha fatto incursione nella piazza per scacciare le diverse migliaia di manifestanti che, sfidando il coprifuoco, avevano deciso di occupare piazza Tahrir, divenuta di nuovo teatro del malcontento popolare. Altissimo il bilancio della repressione: centinaia di arresti e di feriti, alcuni morti.
In risposta alle violenze di esercito e polizia i manifestanti, in migliaia si sono ritrovati in piazza Tahrir, ritenendo inaccettabile il comportamento delle forze dell’ordine e chiedendo, accanto alle richieste portate in piazza fino al pomeriggio prima, anche un’immediata inchiesta sui fatti avvenuti la notte di venerdì. Da sabato mattina la piazza è stata perciò rioccupata fino al pomeriggio di ieri.
Il governo militare, dopo le critiche ricevute per la violenza impiegata contri i manifestanti, ha deciso di cambiare strategia: da un attacco militare è passato ad un attacco politico e mediatico, volto a riprendere completamente il controllo della delicata vita politica egiziana.
Il consiglio militare è riuscito a riconquistare il consenso perduto nei giorni scorsi svincolandosi dai legami col vecchio regime: Ahmed Nazif, ex primo ministro, accusato di corruzione e appropriazione indebita di fondi pubblici è stato messo sotto custodia preventiva, negli stessi giorni in cui veniva annunciato l’inizio del processo contro Mubarak.
L’informazione ufficiale – in Egitto i media sono ancora sotto stretto controllo governativo e ogni agenzia di stampa prima di pubblicare qualunque informazione deve ricevere l’approvazione governativa – ha cercato in tutti i modi di metter in cattiva luce i manifestanti: si è detto che questi sono delinquenti, che vogliano solamente creare caos e addirittura che siano membri del National Democratic Party, il partito di Mubarak.
In tal modo, terrorizzando anche la popolazione sull’imminenza di una guerra civile e prospettando una situazione molto simile a quella libica, si è creata una forte avversione da parte di molti normali cittadini verso i manifestanti. Ciò si è andato poi ad aggiungere alla paura di molti che, percependo una divisione all’interno delle forze armate (alcuni soldati si erano infatti rifiutati di reprimere la piazza e si sono schierati in piazza dalla parte dei manifestanti) hanno temuto che cedesse la struttura fondamentale dell’ordine in Egitto. Infatti i militari, anche se recentemente colpevoli di aver represso violentemente una manifestazione pacifica, sono un corpo talmente organizzato e radicato nella società egiziana da rimanere per larga parte della popolazione l’unica istituzione di riferimento di un paese in profondo mutamento.
In migliaia hanno deciso perciò di schierarsi contro il presidio popolare. Il livello dello scontro interno è cresciuto sempre più ed è sfociato negli ultimi due giorni in violenti scontri. Alcuni tra gli stessi civili, piccoli commercianti che stanno perdendo il lavoro, ma anche cittadini che non vogliono avere problemi col nuovo governo o semplicemente persone impaurite della divisione tra le forze armate, hanno più volte aggredito i manifestanti anche con coltelli e bastoni, per costringerli ad andarsene; così i manifestanti si sono giorno dopo giorno trovati più indeboliti dall’abile repressione mediatica del governo che ha portato anche alcuni dei gruppi organizzati inizialmente presenti a ritirarsi da Tahrir.
Ieri, dopo numerosi scontri verbali in piazza si è arrivato all’ennesimo scontro fisico: molti civili intorno alle 5 del pomeriggio hanno fatto irruzione nella piazza rimuovendo le barricate ancora presenti in ogni strada, con i militari pronti a intervenire a poca distanza: dopo un primo tentativo di resistenza, i manifestanti, ormai numericamente e politicamente deboli, sono stati costretti ad arrendersi. Nell’arco di pochi attimi i militari hanno ripreso così il controllo della piazza. Tutto si è svolto alla luce del sole, molti dei manifestanti sono stati arrestati, anche tramite delle rappresaglie dell’esercito nelle vie adiacenti a Tahrir. Grazie all’intervento iniziale dei civili l’azione dell’esercito non è stata violenta come quella di pochi giorni fa.
La giornata di oggi ha messo ancor più in evidenza la divisione interna tra la popolazione: tra gli stessi che insieme hanno fatto la rivoluzione nelle giornate di gennaio, oggi si è visto da una parte chi sosteneva l’azione dell’esercito gridando “Soldati e civili insieme: Unità!” ed dall’altra, giovani, studenti e cittadini, gli occupanti di piazza Tahrir che provavano a rimanere in piazza, dovendo poi soccombere per i molti arresti, e che gridavano “fuori il governo militare; le forze armate sono ancora al servizio della vecchia leadership!”.
All’inizio del coprifuoco i soldati, con un’ingente schieramento, sono riusciti a far uscire tutti i manifestanti dalla piazza, ma adesso ci si chiede: la giornata di oggi ha portato alla tanto attesta “liberazione di Tahrir”: come continuerà il processo rivoluzionario in un paese che per la prima volta vede una divisione (sarà il tempo a stabilire quanto profonda) all’interno del popolo egiziano? Adesso in piazza non c’è neppure più l’ombra della contestazione; alcuni reparti dell’esercito e della polizia speciale la controlleranno fino alla fine del coprifuoco.
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