
Venti di guerra, tempo di business
Sono passati meno di cinque mesi da quando le agenzie di stampa battevano incessantemente la velina del dimezzamento dei fondi per i caccia F-35. Una mozione targata PD e sbandierata come uno dei provvedimenti progressisti del governo Renzi che si impegnava vagamente “a riesaminare l’intero programma F-35 per chiarirne criticità e costi con l’obiettivo finale di dimezzare il budget finanziario originariamente previsto”.
Gli appelli alle crociate contro l’ISIS, con cui si riempiono la bocca i vari Salvini e di cui debordano i quotidiani in questi giorni, sono un momento propizio per chiarire che sanità, scuola e servizi possono attendere e che la priorità resta quella d’ingrassare i soliti signori della guerra e delle grandi opere. Ieri l’agenzia Reuters, citando fonti statunitensi, ha annunciato che il governo italiano comprerà tutti e 90 gli F35 inizialmente previsti con una spesa stimata a 12 miliardi di euro. Il tutto per assicurarsi che Finmeccanica mantenga l’assegnazione della manutenzione di tutti gli F-35 dello spazio europeo. Business as usual, insomma…
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