Un organo che tutto controlla, un controllo che tutto organizza
Smart control room a Venezia, polizia e giustizia predittiva, chip war e molte altre brutte cose!
Riceviamo e pubblichiamo volentieri da Collettivo Sumud
Partendo dalla necessità di approfondire un tema a noi vicino, quello della Smart Control Room (SCR) di Venezia e del suo funzionamento, per capirne le reali implicazioni e il suo reale portato. Da qui, ampliando lo sguardo per capire come si sta diffondendo il fenomeno di una cosiddetta “smart-city-zzazione” nelle altre città d’Italia e ricondurre questa “nuova frontiera dell’organizzazione” al contesto nazionale prima, che vede il “progetto Giove” come avanguardia di un nuovo modo di fare polizia, e a quello internazionale poi, intorno alla ridefinizione dei rapporti tra gli Stati in funzione della guerra per il controllo delle “terre rare”.
Introduzione
“Quarantadue!” urlò Loonquawl. “Questo è tutto ciò che sai dire dopo un lavoro di sette milioni e mezzo di anni?”
“Ho controllato molto approfonditamente,” disse il computer, “e questa è sicuramente la risposta.
Ad essere sinceri, penso che il problema sia che voi non abbiate mai saputo
veramente qual è la domanda.”
(Guida galattica per autostoppisti)
E’ sempre più un lavoro complicato ed articolato, quello del cercare di relazionarsi al presente nel contemporaneo momento in cui esso si produce. Si rischia di rimanere intrappolati nel già-visto e nel già-noto, per un’incapacità radicata nell’aver smesso di farsi domande. Oppure proprio nella ricerca delle risposte esatte, di quelle nuove, si scambiano lucciole per lanterne. Le cause di questa difficoltà sono molteplici e, per non divagare troppo, pensiamo che una delle più esplicative sia quella del vedere il capitalismo come una “totalità indeterminata”, ovvero di un rapporto che esiste tra le cose, tra le persone, tra le classi, tra i territori, etc. che permea ogni singolo aspetto della nostra vita, dal più singolare a quello più collettivo e così facendo, essendo ovunque, essendo sempre più totale la sua presenza, diventa indeterminato, illeggibile. Essendo in ogni luogo, fisico ed ideale, non è mai, coerentemente, da nessuna parte. Sappiamo benissimo rispondere a come questo rapporto si produce e riproduce in maniera parziale nelle vite delle persone, ed è da questa certezza nelle risposte che abbiamo perso la fiducia nelle domande. È in questa riproposizione delle risposte che il capitalismo fa proliferare la sua indeterminatezza: quando questo rapporto (il capitalismo) si dà nuove forme, producendo nuove forme di organizzazione della vita, il più delle volte si perde la capacità di interrogarsi su di esse, concentrando l’attenzione sul “come rispondere”.
Arrivano però dei momenti in cui le risposte lasciano l’amaro in bocca, e giunge perciò l’ora di tornare a farsi domande.
Pensiamo di vivere questa necessità, e da essa vogliamo partire.
Brancolare nel buio, procedere a tentoni, avere giusto delle idee (o meglio, delle domande) piuttosto che delle idee giuste (delle risposte), è ciò da cui nasce il tentativo di costruire questo lavoro.
Non la certezza di saper rispondere a quanto succede, ma la felicità di interrogarsi su ciò che ci circonda e chi ci sta dentro.
Partendo dalla necessità di approfondire un tema a noi vicino, quello della Smart Control Room (SCR) di Venezia e del suo funzionamento, per capirne le reali implicazioni e il suo reale portato. Da qui, ampliando lo sguardo per capire come si sta diffondendo il fenomeno di una cosiddetta “smart-city-zzazione” nelle altre città d’Italia e ricondurre questa “nuova frontiera dell’organizzazione” al contesto nazionale prima, che vede il “progetto Giove” come avanguardia di un nuovo modo di fare polizia, e a quello internazionale poi, intorno alla ridefinizione dei rapporti tra gli Stati in funzione della guerra per il controllo delle “terre rare”.
Una sola nota “d’approccio”, più concettuale e terminologica che strettamente pratica, che esplicitiamo fin da subito, dal momento che andremo poi a concentrare l’attenzione su altro.
Riteniamo che non ci sia nessuna “nuova fase”, nessuna nuova forma di dominio o controllo: quello che viviamo adesso è il prodotto più sensato, più ragionevole, della razionalità capitalistica; questo è ciò che intendiamo con la formula “nuova frontiera dell’organizzazione”. Ci teniamo a precisarlo per abbandonare fin da subito un allarmismo che rischia di essere dilagante quando si parla di temi complessi che sono caratterizzati or ora da implicazioni nebulose, e che quindi sposterebbe l’attenzione sulle “forme sbagliate” che il capitalismo si dà, quando invece sono le forme più coerenti in cui il capitalismo si può attualmente manifestare.
Ci pare scontato da dire, ma il problema è, ovviamente, alla radice un altro. Non ci si deve scandalizzare o stupire di quanto succede. Certo, il capitalismo si dà nuove forme inedite nella sua storia, ma non sono altro che i prodotti più logici e naturali di essa.
Capire e studiare queste nuove forme è un passo imprescindibile per creare spazi di autonomia dai quali costruire i progetti rivoluzionari, ma bisogna sempre tenere a mente l’origine di tutto ciò.
Ci teniamo a chiarire ciò fin da subito per impostare il lavoro nella maniera per noi più puntuale possibile.
Di seguito il pdf completo:
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