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A Ramats: col bosco a fare da cornice

Molti tornanti, qualche slogan, rifornimenti di acqua lungo la via nei pressi dei paesini attraversati e il corteo giunge a Ramats. Con lo sguardo verso valle si vede il punto in la gru con la pinza meccanica è entrata una settimana prima e il punto di autostrada dove è stato arrestato Turi.

Da lì, due sentieri si dirigono nel bosco, e con una forte pendenza raggiungono l’asseddio a quella che fino ad una settimana fa era una libera repubblica e che poi si è tramutata in una Guantanamo alpina, non per questo meno brutale e violenta.

Il corteo, per cui, si divide in due e prende entrambi i sentieri che, siccome sono molto stretti, formano una coda lunga e continua coda di manifestanti. Lungo tutta la discesa verso il presidio si sente il rumore dell’elicottero che dall’alto prova a controllare la situazione; sono le 11.00 circa e si vedono le prime tende abbandonate e distrutte dalla polizia.

La volontà è di riprendersi il presidio e la zona recintata e controllata dalla polizia, ma appena il corteo si avvicina parte un lancio continuo e costante di lacrimogeni “normali” e CS.

L’aria è satura e il rumore degli spari dei lacrimogeni è continuo. Uno dei due cortei che si muovevano nei boschi viene intercettato, mentre è ancora molto in alto, dai lacrimogeni lanciati dall’elicottero.

Nel bosco, che in contemporanea sul web verrà rinominato sherwood, le comunicazioni sono bloccate per lunghi periodi. Ma quel “fronte” è aperto e per ore sarà continuo il tentativo di passare, perché da li bisogna passare!

L’unità di misura, per contare la quantità di lacrimogeni, diventa quella temporale: almeno 5 ore continue. Forse anche il Ministero quando dichiarava che erano stati lanciati 4 lacrimogeni si riferiva alle ore ininterrotte di lancio.

Per respingere i manifestanti, vengono effettuate molte cariche, quasi a scadenza temporale, perché una volta arretrati, gli “assedianti” tornavano avanti. Ad un certo momento entra in azione anche un idrante, che bagnando il terreno causerà i fermi di alcuni manifestanti che sono scivolati durante la carica.

Ma nel bosco ci sono anche feriti, sono quelli che sono stati raggiunti dal lancio ad altezza uomo dei bossoli di lacrimogeni. Voci che giungevano parlavano anche di proiettili di gomma e il numero di spari sentiti rendeva questa ipotesi verosimile.

Il tempo passava e l’assedio continuava, e continuavano anche le ripetute cariche che però non si spingevano mai oltre l’entrata della boscaglia, che a quel punto era diventata un’amica fedele. Nel frattempo, dopo qualche ora, anche il corteo dell’altro sentiero, che era partito da Ramats e che era rimasto bloccato dal lancio dei CS, raggiunge il punto dove sostavano i resti delle tende del vecchio presidio.

Circa alle 17,00 quasi tutt* scendono verso la baita liberata durante le ore precedenti dal corteo partito da Chiomonte. A quel punto la giornata passata in mezzo e con gli alberi sta per concludersi.

Quel pezzo di terra recintato e dove dovrebbe sorgere il cantiere è stato circondato e assediato da tutti i punti da migliaia di persone, ma quello di Ramats, con il bosco a fare da cornice, è stato uno dei tentativi più duri.

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pubblicato il in Crisi Climaticadi redazioneTag correlati:

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