Al di là delle frontiere siamo gli stessi. Intervista alla delegazione NO TAV dei Paesi Baschi
Durante il Festival Alta Felicità, come redazione di InfoAut, abbiamo avuto l’occasione di incontrare ed intervistare molti e molte esponenti di lotte territoriali in giro per l’Europa, ricercatori che si occupano da diversi punti di vista di grandi opere e devastazione ambientale, semplici militanti e attivisti e avventori del festival. Durante questo mese di agosto proveremo a restituire il lavoro fatto in diverse forme, dal reportage alla trascrizione delle interviste. Per incominciare vi proponiamo il dialogo che abbiamo avuto con la delegazione No Tav dei paesi baschi.
Come sta andando la lotta contro il TAV nei Paesi Baschi?
La lotta contro il TAV in Euskal Herria dura da trent’anni, più o meno dallo stesso tempo da cui va avanti qui in Val Susa. Ci sono stati molti alti e bassi, ma all’inizio c’è stata moltissima risposta sociale ai progetti di alta velocità, soprattutto in quella che viene chiamata la comunità autonoma basca e in quella che viene denominata la Y basca. La Y basca è la forma della ferrovia ad alta velocità che unisce le tre capitali delle province della comunità autonoma, ma restava senza un collegamento con la capitale della Navarra. La lotta contro il TAV è stata segnata, credo come qui, dalla repressione, tanto economica quanto giudiziaria e poliziesca. All’inizio la lotta contro il TAV è stata più partecipata dai movimenti libertari. Quella che viene nominata come la sinistra abertzale (n.d.r. sinistra nazionalista basca) ha anch’essa partecipato al movimento, ma è vero che la loro presenza è stata utilizzata dai media e dai politici per mettere la lotta contro il TAV nel saccone del terrorismo. Questa strategia della controparte è andata in crescendo quando ETA ha ucciso un imprenditore di una ditta appaltatrice di una certa sezione di TAV. Questo fatto, combinato con la grossa risposta repressiva che la polizia ha messo in campo durante una manifestazione ad Urbina è stato un punto di inflessione della forza del movimento contro il TAV. Ci sono state altre manifestazioni dopo di questi fatti, una molto importante nella parte nord dei Paesi Baschi (quella all’interno dello stato francese), però nelle province della parte spagnola, la lotta è andata declinando. Attualmente sono già stati costruiti diversi tracciati di questa Y basca che unisce le tre capitali, mancano praticamente solo gli ultimi tratti di entrata nelle tre città e quello con Pamplona. Un anno e mezzo fa sono stati annunciati nuovi progetti di alta velocità che sono quelli che mancano per unire il tratto basco con quello spagnolo. Sia la tratta che unisce Pamplona, sia quella che porterebbe da Burgos a Gasteiz. Questi due progetti hanno fatto sì che i movimenti in Navarra e Alava hanno ricominciato ad attivare la lotta. L’attuale congiuntura politica è diversa da quella che c’era anni fa: la situazione economica sta mettendo in difficoltà lo sviluppo degli ultimi pezzi del TAV nella Y basca e sta mettendo in discussione la credibilità dello stato. I progetti non sono molto sostenuti dalla popolazione, ma stanno andando avanti comunque. Il movimento No Tav in Navarra e Alava è molto forte adesso, e le manifestazioni che si stanno facendo in questo momento sono abbastanza grosse. In Navarra ci sono altri progetti di alta velocità che dovrebbero unire il sud a Pamplona, quello che rimane un’incognita è dove avverrà l’unione con la Y basca. Questa unione si farà attraverso una vallata e una pianura o attraverso questa stessa vallata, ma con un tunnel di 27 km molto simile a quello che vogliono fare qui. Questa è attualmente la situazione.
Qual è la composizione del movimento No Tav in Euskal Herria e quali le similitudini e le differenze che avete rilevato con quello valsusino?
Il movimento No Tav da noi è formato da piattaforme aperte dove ci sono persone che fondamentalmente fanno una militanza a livello individuale. Comunque siamo anche appoggiati da certi settori politici amministrativi, fondamentalmente partiti di sinistra e di quella che viene chiamata sinistra abertzale. Adesso stiamo cercando di coinvolgere nella lotta i movimenti giovanili e settori di agricoltori e allevatori. Ci sono anche alcuni sindacati che appoggiano le nostre rivendicazioni, ma non fanno parte come tali del movimento. Le similitudini con la lotta in Val Susa sono molte: i motivi che portano la gente a prendere parte alla lotta, l’azione repressiva del governo è molto simile, e anche le condizioni di contesto. Quello che è diverso fondamentalmente è la composizione del movimento, perché storicamente da noi hanno cercato di far apparire la lotta contro il TAV come un’azione terroristica e questo ha impedito che altri settori si avvicinassero al movimento. Noi adesso stiamo lavorando nel nuovo contesto politico per ampliare la partecipazione.
In valle e nelle altre lotte contro le grandi opere in Italia si sta iniziando a discutere della relazione tra queste e il cambiamento climatico. Da voi è un discorso presente nel movimento?
Sì, si parla di queste questioni, ma per il momento in maniera molto grossolana. Il messaggio principale è riguardo all’impatto ambientale e sul territorio, allo spopolamento che genera questo tipo di treno nelle vallate di montagna e alle motivazioni economiche. Esistono anche rivendicazioni contro i governi locali, statali e regionali e contro le ditte che vogliono solo farci su dei soldi e sono corrotti e mafiosi. Però il cambiamento climatico come tale non è un motivo che usiamo per convincere la popolazione a partecipare alle mobilitazioni.
In questa nuova fase, aperta dal cosiddetto processo di pace, la società basca si sta mobilitando o sta accettando la pacificazione? Quali possibilità e quali criticità presenta questa fase per il movimento No Tav in Euskal Herria?
La nuova situazione politica al movimento No Tav e a molte altre lotte ha permesso che settori che usavano come scusa le azioni violente per non partecipare al movimento e alle piattaforme contrarie ai progetti si stanno finalmente attivando. Dall’altro lato questo fa sì che, e questa è una delle differenze tra Val Susa e il nostro contesto, qualsiasi azione anche pacifista, ma caricata di un po’ di tensione, di uso della forza diciamo, sia molto penalizzata tanto dai media quanto dalla società. Abbiamo sofferto molto la criminalizzazione delle azioni. La gente preferisce vivere prima in delle situazioni di lotta più tranquille assumendosi certe conseguenze e portare avanti una lotta più leggera. Questa mattina ci ha stupito che il settore cattolico del movimento qui in valle accettasse come lotta pacifica il sabotaggio laddove non ci siano danni alla persona. Questo in Euskal Herria è impensabile, oramai nella società basca qualsiasi pratica conflittuale è considerata negativa. Qualsiasi sabotaggio, anche che provochi danni solo agli oggetti e non alle persone, può portare a molti anni di carcere.
Quali sono le prospettive della lotta in Euskal Herria? Pensiamo che queste lotte si moltiplicheranno sempre di più a livello internazionale e sarebbe importante riuscire a costruire un discorso comune di opposizione alle grandi opere. Cosa ne pensate?
Questo è uno dei motivi per cui noi oggi siamo qui ed è parte del messaggio che vogliamo condividere in questi giorni. Al di là delle frontiere siamo gli stessi che lottano contro le stesse cose. Il popolo contro il potere economico e i governi corrotti e mafiosi. Questo è identico dappertutto, con le particolarità territoriali, ma i motivi della lotta sono gli stessi. Le nostre prospettive nei paesi baschi passano dal fermare le linee di TAV già esistenti e fondamentalmente il nostro discorso è cambiato rispetto al passato perché alla nostra opposizione al TAV si aggiunge l’esistenza di alternative. Perciò crediamo che lo stop allo sviluppo senza senso del sistema dell’alta velocità passerà attraverso la proposta di migliorare le linee di treni normali esistenti. Crediamo che questo può essere un punto di forza che potrebbe portare alla fine dei progetti alta velocità. Per essere realistici comunque ci sono dei pezzi di Tav che sono già iniziati e quasi finiti che sarà molto difficile fermare per le posizioni di alcuni partiti politici che hanno interessi in ballo e non si possono permettere di non finire quello che hanno iniziato anni fa.
Ringraziamo il movimento No Tav che ci ha accolto e sosteniamo la gente della valle perché crediamo veramente che fermarlo è possibile!
Alleghiamo anche questa intervista di Fanpage a Itziar Ituño Martínez, tra i protagonisti della serie tv la Casa di Carta, in cui ritorna sui motivi che l’hanno portata a sostenere la lotta NO TAV nei paesi baschi e a solidarizzare con il popolo della Val Susa!
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