Alcune considerazioni sulla settimana di lotte notav appena trascorsa
Sabato 25 febbraio in Val di Susa si è tenuta una grande manifestazione, senza dubbio una delle più imponenti nella lunga storia dl movimento no tav. Come palestra popolare avevamo lanciato un appello nazionale a costruire uno spezzone con tutte le altre esperienze simili alla nostra, partecipando così con il nostro contributo ad una grande e memorabile giornata di lotta. Quella che è stata a tutti gli effetti una giornata di festa si è rivelata però, nostro malgrado, ma non senza nostra soddisfazione, solo la prima tappa di una intera settimana di intense mobilitazioni alle quali, come palestra e come singoli, abbiamo dato il nostro contributo e sulla quale vorremmo spendere qualche parola di riflessione e bilancio.
Si torna.
La sera stessa di quel 25 febbraio alcuni di noi erano sul treno che arrivava alla stazione Porta nuova di Torino, e dunque si sono trovati ad assistere alla provocazione della polizia nei confronti dei compagni di Milano e del movimento nel suo complesso. Non staremo qui a fare la cronaca di quanto è avvenuto (articoli e video abbondano sul web), ma quello che ci interessa sottolineare è la scompostezza e l’infamia che la polizia, ma più in generale il ceto politico e finanziario che sta dietro al tav, ha mostrato già in quella occasione e che, nei giorni seguenti, avrebbe continuato a mostrare con grande enfasi. Le cariche di Porta nuova (a freddo contro i compagni di Milano prima, alle spalle dei compagni di Milano poi, e infine contro chiunque fosse lì a portare sostegno e solidarietà con una breve caccia all’uomo nell’atrio della stazione) apparivano a tutti dettate dalla volontà di intervenire (a modo loro) su una giornata che mostrava ancora una volta la nostra forza e la nullità politica del partito si tav. il giorno seguente anche i media mainstream hanno fatto del loro peggio per mostrarsi solidali agli sbirri, riportando verità edulcorate o fatti semplicemente rovesciati nella loro relazione di causa-effetto, oppure ponendo degli incredibili distinguo tra quello che “apparirebbe” dai video dei no tav e quello che invece “si vede” nei video della polizia. Primo segnale (non certo una novità!) della compattezza della nostra controparte nel tentativo di distruggere con ogni mezzo possibile un movimento che non solo resiste, ma evidentemente cresce sulla base di pratiche e ragionamenti che sempre di più sono sentiti di interesse nazionale e che sempre di più entrano in risonanza con le esplosioni di protesta che, dalla primavera araba al movimento Occupy, attraversano il piano del capitalismo della crisi.
Insieme.
Ma l’infamia di quel sabato sera non era ancora nulla rispetto a quanto accaduto lunedì mattina. Con uno spiegamento di forze immane, infatti, all’alba di lunedì le ffoo attaccano la baita Clarea per procedere all’occupazione illegale dei terreni interessati dal progetto (ma, anche in questo caso, i terreni occupati vanno al di là dei “confini” ufficiali del cantiere) e ci scappa quasi il morto. Sono infatti chiare le responsabilità della polizia nell’incidente accaduto a Luca, al quale tutto il movimento ha voluto esprimere immediata solidarietà con l’occupazione dell’autostrada Torino-Bardonecchia e con l’immediata generalizzazione della rabbia e dello sdegno ad altre parti d’Italia. I blocchi e le iniziative nazionali hanno risposto e dato forza e coraggio i no tav che in valle hanno deciso il blocco ad oltranza dell’autostrada e delle statali, non solo come azione di disturbo e di boicottaggio (la Sitaf, società che gestisce la A32, è attivamente partecipe allo scempio del tav), ma, di fatto, come vera pratica di contropotere che portava alcuni giornalisti a interrogarsi su chi comandasse davvero in valle. La risposta di lunedì, per quanto misurata e pacata rispetto all’enormità di quanto successo in mattinata, ha mostrato con ogni evidenza che il movimento è inarrestabile e gode della solidarietà e della simpatia di una parte consistente della nazione. Il gesto di Luca, poi, ha mostrato a tutti la verità del coro che echeggia per la valle ad ogni occasione: “la val Susa paura non ne ha”. I tentativi delle ffoo, coperte e spalleggiate dal ceto politico tutto e dai media mainstream, di nascondere le loro responsabilità e di intorbidire le acque parlando di dettagli stupidi e insignificanti piuttosto che del perché un nostro compagno abbia messo a repentaglio la propria vita, hanno raggiunto picchi disgustosi: dagli insulti proposti come titoli di giornale a Cota che, in tv, riesce a dire che la considerazione più importante che è necessario fare a margine di un simile evento è che “è pericoloso salire sui tralicci”. Di fronte a questo schifo e al palese attacco fatto di violenza fisica, intimidazione, censura e distorsione che il movimento si è trovato a fronteggiare, ovunque si è levata una risposta determinata e con un messaggio chiaro: si lotta tutti insieme e si lotta ad oltranza, il tav non passerà, nemmeno sui nostri corpi.
Chiomonte come Atene.
Dopo più di 48 ore di blocchi e occupazioni in valle e di continue azioni di disturbo a livello nazionale, lo stato torna a farsi sentire, nell’unico modo in cui si fa sentire in questi territori: con la forza del manganello e del cs. Mercoledì è una giornata di lotta memorabile: nel pomeriggio una trentina di eroi, con l’appoggio e la vicinanza di centinaia di solidali, resistono sull’autostrada, si siedono e non tremano di fronte alle centinaia di robocop che li circondano, perdono la testa, strattonano e prendono a calci, spintonano e insultano giornalisti e, alla fine, riesco a liberare (si fa per dire) l’A32. Ma il movimento non arretra, radio blackout impazza, tutti quelli che ancora non c’erano corrono su: la valle resiste, i no tav non si spaventano, aumentano. Ancora una volta le ffoo si trovano di fronte centinaia di persone, pacifiche e determinate, non servono a nulla le minacce, non bastano i due idranti che ci vengono puntati addosso, nessuno indietreggia, nessuno se ne va. Chi è in trappola? Chi comanda in val Susa? “noi da qui non ce ne andiam, ben venuti nel Vietnam” intona chi resiste rivolto ai celerini, e dice il vero. Non sanno che pesci pigliare, non sanno come gestire la situazione, dunque rispondono nell’unico modo che conoscono: botte, piogge di gas al cs, inseguimenti per le vie delle frazioni, vetrine di bar sfondate. Anche sulla cronaca di quella serata ci si può documentare abbondantemente altrove, ciò che conta qui è quello che accade dopo, nell’assemblea di Bussoleno, tra stanchezza e ossa rotte: resistere ancora, generalizzare l’opposizione, non arretrare di un millimetro. E la cosa funziona, lo si capisce la sera stessa, lo si vede chiaramente il giorno dopo. I media infamano, distorcono, inventano aggressioni e balle di tutti i tipi. Noi cerchiamo di capire perché. E il coro che recita “Chiomonte come Atene” ci mette sulla strada giusta: non si tratta solo e semplicemente di scontri e violenze, al contrario si tratta di individuare un nodo fondamentale nelle lotte greche e in quelle della Valle e questo nodo si chiama debito. La Grecia è lo specchio in cui si riflette il volto più rapace e predatorio della crisi attuale (un paese in ginocchio e in vendita, colpito da una recessione targata Troika e abbandonato al suo destino di banchetto per la finanza internazionale), così come il tav è l’esempio più lampante di quanto la cura che il governo “tecnico” dovrebbe proporci non è altro che la stessa ricetta che ha causato il male, semplicemente ammantata dall’evocazione della responsabilità e dei sacrifici, dopo l’edonismo burino del precedente governo, e dunque dalla necessità di accelerare i tempi prima che sia troppo tardi (per chi? Per fare che cosa? Non è dato porsi criticamente domande tanto semplici). Dunque sempre di più la lotta della valle diventa una lotta contro un certo modello di sviluppo, distruttivo e predatorio, una lotta sul debito, sulle responsabilità della crisi e su chi dunque debba pagarla. E sempre di più la risposta che il potere dà a queste insorgenze è la violenza e la repressione. È qui che va individuato il nodo che permette alla lotta di generalizzarsi: alla rabbia e alla indignazione dei valsusini, pestati, insultati, militarizzati e umiliati nei loro territori, si unisce la voce di chi vede tutto questo come un passaggio fondamentale nella volontà del governo delle banche di far arricchire i propri mandanti, di far pagare chi sta sotto e di utilizzare ogni mezzo per portare avanti questo progetto.
Lo sbirro del cantiere dovrà tremare.
E, ancora una volta, i media mainstream (tranne qualche rarissima eccezione) si mettono in moto per portare l’attacco contro il movimento. Le ricostruzioni della serata di mercoledì suscitano una risata amara o vere e proprie esplosioni di rabbia, i discorsi fatti attorno alle incredibili manifestazioni di giovedì suscitano semplicemente il disgusto. L’Italia è paralizzata, a leggere sul sito di un qualsiasi quotidiano il semplice elenco delle manifestazioni, dei blocchi e degli attacchi a siti istituzionali si riempie il cuore di gioia, in ogni angolo d’Italia la valle resiste, è un fuoco che brucia: non vogliamo il tav, non vogliamo il vostro sviluppo mortifero e distruttivo, non ci facciamo spaventare né mettere i piedi in testa. Di fronte a questo fiume in piena gli sbirri ripiegano quasi ovunque (a Torino i no tav si muovono indisturbati tra tangenziale, stazione e principali corsi cittadini per ore) e in valle corrono avanti e indietro, muovono decine di mezzi, ma non si mostrano: anche stasera, in valle, comandiamo noi. I media in tutto questo, però, non vedono altro che lo spauracchio della violenza, il terrore di gruppi coordinati e organizzati, il pericolo dell’eversione. Le domande che rimbalzano su tutti quotidiani e i telegiornali sono tanto stupide quanto inutili. I black blok, i violenti, gli infiltrati e avanti sproloquiando: non importa quello che i no tav continuano a rispondere (e non da oggi, per lo meno dal 4 luglio del 2011), e cioè che non ci sono differenze, che il movimento è uno, che non pratica la violenza, ma si difende come può quando viene attaccato da un vero e proprio esercito; i solerti cronisti e specialisti continuano a porre questa sola domanda. Certo è doveroso e politicamente saggio fare dei distinguo, capire che non tutti i giornalisti stanno univocamente dalla parte di polizia e affaristi, ma non ci si può stupire se qualcuno si sente di tirare un po’ d’acqua in faccia a una intervistatrice un po’ troppo insistente o se, nei boschi sopra Giaglione, qualcuno canta “con tutte le cazzate che scrivi sulla valle, giornalista fuori dalle palle”.
Arrivano i no tav.
Venerdì e sabato sono trascorsi come due giornate di lotta no tav: bloccare un’autostrada o far pagare il casello di Avigliana a Monti, per i cittadini della valle è ormai qualcosa che si fa così, socializzando e sorridendo, ormai abbiamo anni di lotte e barricate sulle spalle, sappiamo quello che dobbiamo fare, spesso sappiamo anche come farlo nel modo giusto. Come diciamo da anni, siamo noi che decidiamo quando e come muoverci, in valle, e, da oggi, non solo. Infine domenica si è chiusa una settimana di mobilitazione eccezionale, sostenuta dalla rabbia per quello che hanno fatto a Luca e dalla vicinanza che tutti, in ogni nostra azione di lotta, vogliamo esprimergli. Gli sbirri hanno dovuto vedere ancora una volta quanto poco la loro truce presenza ci spaventi e il governo ha dovuto uscire dal suo ignobile silenzio (che valeva un appoggio incondizionato alle porcate fatte dalle ffoo tra lunedì e mercoledì) e prendere la parola. Certo, quella di Monti non è una voce che ci aggrada particolarmente sentire, anche perché come “tecnico” e “professore” non ha saputo fare altro che servirci la solita sbobba fatta di necessità, progresso, competitività, esclusione dall’Europa e via cianciando. Tuttavia il movimento l’ha costretto a scendere in campo e a mostrare in maniera lampante l’assoluta continuità tra questo governo e i precedenti quando si tratta di garantire profitti per gli amici e di fottersene dei cittadini, della giustizia e della legalità che tanto amano sbandierare. Un motivo in più dunque per rendere ancora più determinata la resistenza, per generalizzarla a tutto il paese e per collegarla alle insorgenze che attraversano il resto del mondo. Da questo punto di vista il loro piano fatto di riduzioni e spiccioli per chi si piega è destinato a fallire nella maniera più misera: i no tav non si comprano, perché non vogliono briciole, vogliono un altro mondo, in cui Monti e i suoi amici, evidentemente abituati a vendersi e comprarsi per qualche milione di euro, semplicemente non nuocciano più.
La fine della settimana non porta certo la fine della lotta, semmai la consapevolezza che siamo sempre più forti e che la controparte è capace di usare davvero ogni mezzo contro di noi, ma se siamo arrivati fin qui non è certo per tornarcene a casa sconfitti. I compagni in carcere, Luca all’ospedale sono nei nostri occhi con il loro esempio, nelle nostre braccia e nei nostri cuori quando resistiamo. Anche per loro, e presto con loro, i no tav continuano a resistere e combattere e continuano ad arrivare al confine del non cantiere, ad assediare, a tagliare reti e a mostrare a tutti che “siamo no tav, fermarci è impossibile”
Solidarietà a chi è in carcere, a Luca, a chi resiste in valle e nel resto d’Italia
Antifa Boxe Torino
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