Chi appicca il fuoco e chi ci soffia sopra
Ettari di terreno bruciati, immagini di animali uccisi dal fuoco, ennesime morti, settori dell’economia in ginocchio. Anche in Sardegna è stata la solita estate terribile sul fronte degli incendi.
Secondo i dati di Legambiente, dal 9 maggio al 25 luglio sono 3512 gli ettari di terreno attraversati dal fuoco. Non c’è zona dell’isola che in questi mesi non sia stata colpita: medio Campidano, Oristanese, Cagliari e provincia, Sassarese, Nuorese, con il picco massimo raggiunto il 12 luglio nella zona di Olbia-Tempio con 1830 ettari bruciati.
Gli incendi sono stati 2150, 620 in più rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. In media sono 10 roghi in più al giorno
I danni causati si stimano intorno ai 20 milioni di euro, a cui si devono aggiungere i danni provocati dalla siccità.
Questi danni non solo distruggono il patrimonio ambientale e boschivo della Sardegna, ma danneggiano anche l’economia sarda. Alcuni giorni fa la manifestazione dei pastori sardi poneva tra le cause della loro drammatica situazione “la siccità che ha messo in ginocchio tutte le aziende della Sardegna e gli incendi che devastano le campagne e mettono in pericolo uomini e animali”
In queste situazioni le reazioni della classe politica sono quasi immediate, ad uso e consumo di una narrazione mediatica che deve dimostrare al cittadino spaventato e ferito che lo Stato e la sua classe politica non lo abbandonano e sono pronti a fare la loro parte per risolvere la situazione emergenziale.
Matteo Renzi ci dice che “gli incendi sono una cosa gravissima che deve vederci tutti insieme, non dividerci e lottare perché ciò non accada più”, mentre il presidente della Giunta Regionale Francesco Pigliaru attacca i piromani: “i criminali che appiccano gli incendi vanno individuati, catturati e messi in sicurezza, perché va messa in sicurezza la nostra terra. Ma è necessaria la collaborazione di tutti perché i piromani vengano isolati”
In queste dichiarazioni si può leggere sempre il solito contenuto: una richiesta di unità rivolta a tutti contro questi vili attacchi da parte di criminali, spesso inafferrabili, che attentano alla nostra comunità altrimenti felice e serene.
Una narrazione che i media mainstream diffondono senza soluzione di continuità, contribuendo alla difesa e protezione dello status quo.
Una narrazione che però risulta ipocrita, bugiarda e arrogante.
Non si può continuare a parlare di emergenza quando sono ormai 40 anni che ogni estate la Sardegna brucia, portando con sé morti e feriti.
Non può essere sufficiente incolpare soltanto chi appicca gli incendi nei boschi. È necessario parlare oramai di situazione ordinaria e individuare altre cause. E la causa principale dobbiamo individuarla proprio in chi ci viene a parlare di unità mentre si compiono queste tragedie. Ci sono responsabili, i piromani, e ci sono i corresponsabili, chi ci vorrebbe mobilitati sul fronte dell’emergenza, ma come vittime e non come attori.
Corresponsabile è lo Stato, che ha considerato la Sardegna soltanto quando si trattava di impiantarvi i tre poligoni più grandi d’Europa e il 60% delle servitù militari dell’intero territorio nazionale, mentre mai nulla è stato fatto per un miglioramento delle condizioni economiche isolane.
Assurdo ciò che è successo il 3 luglio: mentre la Sardegna era infestata dagli incendi i vigili del fuoco vennero utilizzati per scortare un carico di bombe, proveniente dallo stabilimento Rwm di Domusnovas, che dal porto industriale di Olbia doveva giungere verso l’Arabia Saudita.
Le cosiddette “emergenze” sono spesso conseguenza delle scelte compiute dalle istituzioni: la riforma Madia ha diminuito da 32 a 17 gli elicotteri a disposizione dei vigili del fuoco, di questi solo 7 sono impiegati contro i roghi mentre gli altri sono bloccati per manutenzione o, addirittura, per problemi legati a mancate certificazioni tecniche.
Drastico e terribile anche il taglio del personale dei vigili del fuoco,
Un comunicato dell’USB sottolineava come la situazione dei roghi in Sardegna sia aggravata «dal numero esiguo di personale e conseguentemente per il sovraccarico di lavoro; per la scarsa dotazione di mezzi e per la mancanza di un coordinamento, nella fase iniziale, che guidasse la disposizione delle squadre segnalando la priorità d’intervento».
A nulla serve l’ennesimo intervento spot del Governo: nel decreto firmato il 3 agosto a fronte delle 2739 assunzioni, solo 400 riguardano il reparto dei vigili del fuoco, mentre continua ad aumentare il numero di carabinieri e polizia, con 820 unità in più. Nonostante le unità da terra siano decisive nella risoluzione del problema degli incendi, il governo preferisce spendere soldi per l’acquisto e l’utilizzo di canadair ed elicotteri di proprietà delle società private: quindicimila euro l’ora per l’intervento di un canadair, 5000 l’ora per quello di un elicottero.
Un’inchiesta in corso, sta provando a comprendere, sulla base delle dichiarazioni di un pilota di elicotteri e titolare di un’impresa con sede in Piemonte, se vi siano state irregolarità e condotte illecite nell’affidamento degli appalti pubblici aventi ad oggetto la prestazione di servizi di antincendio boschivo e di elisoccorso.
Come avviene solitamente in queste situazioni, le “emergenze” sono un’ottima occasione di business e profitto per il privato. Ma la causa principale dobbiamo individuarla anche nella Regione Sardegna, che da un lato spende la misera cifra di 600 mila euro per il rafforzamento delle basi dei vigili del fuoco e dall’altro ha scialacquato quaranta milioni per ingrandire l’inceneritore di Tossilo. Vigili del fuoco che, nonostante la normativa attuale lo preveda, in Sardegna non hanno nessuna competenza per la risoluzione degli incendi boschivi ma solo per i cosiddetti “incendi di interfaccia”.
Grottesco ciò che è accaduto lo scorso anno: un milione e duecentomila euro spesi a febbraio da parte di Forestas per l’acquisto di modernissimi Mercedes Unimog, che però non poterono essere utilizzati durante l’estate perché mancavano le immatricolazioni. In una situazione del genere non ci può essere nessuna unità.
Ci sono grandi differenze tra chi specula, devasta e fa profitto su questa situazione e chi, invece, subisce questi drammi sulla sua pelle e chi, attraverso la solidarietà popolare e dal basso, prova a dare il suo contributo per aiutare le popolazioni in difficoltà.
Il problema degli incendi va inserito all’interno di un più generale attacco alle nostre vite e ai nostri territori, comprendendo quali sono i nemici reali e quali invece quelli immaginari che i media ci propinano. C’è una catena di responsabilità che coinvolge non solo chi materialmente appicca i roghi ma anche chi deliberatamente ci fa pagare un prezzo superiore di quello dovuto al disastro.
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