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Decreto Terra dei Fuochi: per il governo atto senza precedenti, per le comunità l’ennesimo bluff!

Lo spettro agitato ormai da settimane da comitati e movimenti è di veder riassorbire un ampio movimento di dissenso verso le calme acque della compatibilità, disinnescando ogni potenziale di cambiamento che un lungo ciclo di lotte porta con se. Appena le istituzioni hanno messo mano al problema è apparso chiaro che, i giri di valzer e le pacche sulle spalle, hanno proprio l’obiettivo di cambiare tutto per non cambiare, ancora una volta, proprio niente.

Infatti, la ricetta del Governo è quanto di più paradossale e ambiguo potesse mai essere architettato: si va dall’introduzione del reato di “combustione dei rifiuti” (la stessa pratica che, quando è operata dallo Stato, viene chiamata termovalorizzazione e anche incentivata), fino alla tante volte paventata e sempre osteggiata militarizzazione del territorio, quella che, per intenderci, si sta ampiamente sperimentando in Valle di Susa e che, ai tempi del Governo Berlusconi, ha già trasformato in aree di interesse strategico discariche ed impianti campani, consentendo l’insabbiamento (temporaneo) del disastro di Stato che si è consumato. Il decreto, che tra l’altro dedica non poco spazio anche all’Ilva di Taranto, in realtà è di una pochezza surreale: oltre al già citato reato “di combustione” e alla militarizzazione del territorio, una inutile commissione interministeriale che dovrebbe operare la mappatura dei terreni inquinati e che, di fatto, diventerà la solita “pappa” da distribuire a clienti e sodali.

Insomma, un provvedimento che è possibile sintetizzare in due grandi manovre a cui lo Stato, le Istituzioni territoriali e le compagini capitalistiche hanno dato il via: da un lato la criminalizzazione e la repressione delle lotte grazie ad esercito e leggi speciali, dall’altro un piano sperimentale che riguarda la distribuzione di commesse e denaro ai soliti noti. Il tutto nella più totale indifferenza rispetto ai grandi temi posti dai movimenti a cominciare dalle bonifiche, da un sistema sanitario appropriato alle necessità che le comunità campane si trovano a dover affrontare con la devastazione del territorio e il biocidio, da una chiara presa di posizione contro gli impianti inutili e dannosi imposti, a cominciare dall’inceneritore di Giugliano e dal gassificatore di Capua.

In totale spregio di quei centomila scesi in piazza sotto la pioggia lo scorso 16 novembre, niente di ciò che le comunità avevano chiesto è stato fatto, nemmeno l’ombra e, d’altronde, pochi immaginavano il contrario.

Quando dalle lotte si alza forte il grido “comunità decidono, comunità difendono” è implicito il messaggio: nessuna delega è più possibile accordare, visti gli effetti nefasti di decenni di politiche scellerate che oggi vengono riproposte in senso peggiorativo. Ancora una volta le comunità e i comitati che da anni si battono contro il biocidio non sono state presi per nulla in considerazione, anzi, le istituzioni hanno completamente bypassato i territori, salvo aver fatto spesso finta di confrontarsi con finti comitati e cricche di affari green, tra cui, tanto per intenderci, quelli che ai tempi di Bassolino sponsorizzavano convegni sull’ambiente, la legalità e il recupero del territorio mentre attorno si costruiva il deserto.

Insomma, questo decreto oltre che ad essere fumo (tossico) negli occhi di qualcuno e soldi nelle tasche di altri, non aggiunge e non toglie nulla rispetto alla già quasi completamente matura sfiducia dei campani rispetto a Governi, Prefetture ed enti locali.

A questo punto, questa manovra maldestra del Governo deve divenire nuovo detonatore di mobilitazione generale e di sollevazione, non solo su un livello regionale, ma soprattutto sui territori.

Proprio sui territori, infatti, si giocheranno le partite più importanti perché, se da un lato #fiumeinpiena, non dimentichiamolo, è ancora un movimento di opinione più che di lotta, dall’altro le singole vicende legati agli impianti, alle discariche o a territori da bonificare, sono destinate a subire un’accelerazione proprio per arginare le non-soluzioni di Governo e lobbie. I comitati, infatti, temono che una volta fatto un po’ di propaganda e capito come gestire i fondi delle bonifiche, la controparte non avrà più armi per sedare il malcontento generale se non, appunto, quelle della militarizzazione e della repressione. Uno scenario che porrà direttamente sul piano dello scontro, da un lato, le comunità decise a non arretrare e a difendere i territori, dall’altra lo Stato che cercherà di imporre la propria strategia con la forza.

Per quel che riguarda tante esperienze di lotta quindi, più che criticare un decreto di cui già si poteva facilmente immaginare l’ispirazione, questa mossa della controparte deve essere la giusta occasione per imprimere una accelerata, sia alle singole lotte che alla vicenda nel suo complesso. Le ambivalenze certo non mancano, ma non mancano nemmeno esperienze comunitarie interessanti e determinate ad andare avanti per imporre direzione e scelte, a cominciare dal controllo popolare sulle bonifiche (dalla destinazione dei fondi alle opere di risanamento), dallo stop agli impianti di incenerimento ed alle discariche, fino a servizi sanitari specifici e gratuiti e a forme di welfare e reddito per tutte le comunità campane.

 

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pubblicato il in Crisi Climaticadi redazioneTag correlati:

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