Il crollo del ghiacciaio della Marmolada ha delle cause e dei responsabili
La tragedia della Marmolada si situa in un contesto ben preciso che mette in evidenza le conseguenze del cambiamento climatico e smuove molteplici aspetti della questione.
Riportiamo il commento tecnico del glaciologo Renato Colucci dell’Istituto di scienze polari del Cnr «Per quanto riguarda la dinamica della tragedia occorsa sulla Marmolada, possiamo ricordare che da settimane le temperature in quota sulle Alpi sono state molto al di sopra dei valori normali, mentre l’inverno scorso c’è stata poca neve, che ormai quasi non protegge più i bacini glaciali. Il caldo estremo di questi ultimi giorni, con questa ondata di calore dall’Africa, ha verosimilmente prodotto una grossa quantità di acqua liquida da fusione glaciale alla base di quel pezzo di ghiacciaio che in realtà è una “pancia”: infatti è, o era, una via che si chiama proprio Pancia dei Finanzieri. Siamo quindi proprio nelle condizioni peggiori per distacchi di questo tipo, quando c’è tanto caldo e tanta acqua che scorre alla base. Non siamo ancora in grado di capire se si tratti di un distacco di fondo del ghiacciaio o superficiale, ma la portata sembra molto importante, a giudicare dalle prime immagini e informazioni ricevute. L’atmosfera e il clima, soprattutto al di sotto dei 3.500 metri di quota, è in totale disequilibrio a causa del “nuovo” clima che registriamo e quindi, purtroppo, questi eventi sono probabilmente destinati a ripetersi nei prossimi anni e anche per questa estate dobbiamo mantenere la massima attenzione».
E’ chiaro che non si possa semplicemente pensare di affrontare la situazione né chiudendo l’accesso alle montagne né considerando come tragedie inaspettate e inevitabili questi eventi che purtroppo sappiamo che non potranno che aumentare con il passare del tempo, se non verranno attuate delle serie contromisure. Un aspetto fondamentale su cui riflettere riguarda anche l'(ab)uso dei territori causato dall’estrazione di profitto da ambienti naturali, come le montagne, tramite la costruzione di infrastrutture utili soltanto al turismo di massa e che concorrono alla devastazione e all’accelerazione verso un punto di non ritorno. E’ centrale in questo senso l’elenco di progetti assurdi che prevedono i giochi olimpici di Cortina 2026, un’enormità di fondi (anche del Pnrr) verranno investiti in tangenziali, piste da sci illuminate a giorno, piste da bob dal costo di più di 80 milioni di euro che, per la realizzazione stessa, avranno come conseguenza immediata la distruzione di ettari di boschi e di parti di montagne, scavi che implicano la perdita e l’utilizzo di risorse idriche in un momento di siccità generale.
Insieme a Roberto De Vogli, professore dell’Università di Padova, abbiamo commentato a partire da un suo articolo apparso su Il Fatto Quotidiano le responsabilità in causa. Il presupposto dal quale si parte è che la priorità dell’agire politico è ciecamente consegnata al profitto, in questo caso alle industrie del fossile, all’interno di un paradigma, citando Karl Polanyi, di modello capitalista in cui “invece di inserire l’economia nelle relazioni sociali, le relazioni sociali sono inserite nel sistema economico.”
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