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L’alluvione non è il nostro problema

Ci risiamo. Ancora una volta il maltempo mette in ginocchio la provincia di Messina e come al solito il nostro territorio risulta impreparato ad affrontare l’emergenza. Strade che si trasformano in fiumi straripando in ogni dove, mostrando la fragilità della nostra pianificazione urbana e stradale. Non è una coincidenza o una mera fatalità che ogni volta che  nubi colme di pioggia sostano per un po’ di tempo in più del dovuto sulle nostre teste, le nostre città si bloccano o peggio franano come accadde a Giampilieri procurando morti e devastazione. Si dice che qui la stampa ci ignora. Forse è vero. Che per i governi siamo l’ultima ruota del carro. Forse è così. Ma non è più sopportabile questo piagnisteo. Adesso è chiaro a tutti che il nostro territorio, come quello di molte altre parti d’Italia (vedi Liguria), ha bisogno di seri interventi di riorganizzazione e messa in sicurezza. Nelle nostre città le acque si ingolfano tra le centinaia di migliaia di metri cubi di cemento che sono stati riversati senza rispetto delle caratteristiche geomorfologiche del territorio. Progetti come quello del Ponte sullo Stretto hanno deviato non solo la politica locale, che si è lasciata sottomettere, ma anche l’immaginario collettivo dai veri problemi della nostra provincia. Mentre in tutti questi anni si versavano milioni di euro nelle casse della Società Stretto di Messina (fino ad oggi sono 500), il nostro territorio è stato abbandonato a sé stesso, nell’incuria generale. La Rete No Ponte, dopo l’alluvione del 2009 aveva lanciato questa provocazione a dir poco profetica: “I soldi del Ponte per la messa in sicurezza del territorio”. Oggi forse il progetto del manufatto Ponte sullo Stretto è naufragato. Le società del General Contractor Eurolink stanno spingendo al massimo al fine di assicurarsi l’ulteriore bottino: i 400 mln di euro della penale prevista dal contratto che hanno sottoscritto con lo Stato Italiano che scatterebbe nel momento in cui il progetto diventasse esecutivo, quindi pronto a partire. A volte nella provincia di Messina (non a Palermo), non si riesce a comprendere che il Ponte è un tappo allo sviluppo di tutto il meridione, a maggior ragione delle vicinanze più prossime. Una politica seria, che ha cura del territorio e che valuta prima gli interventi necessari a tutelare la vita delle persone avrebbe sicuramente rigettato in toto l’illusione del Ponte per concentrarsi sui veri problemi della mobilità e della salvaguardia dell’ambiente. Avrebbe evitato la speculazione edilizia, avrebbe impedito l’aumento vertiginoso delle cubature, l’installazione di mega-impianti commerciali nel milazzese che oltre a distruggere le economie locali hanno contribuito al dissesto idrogeologico. Tutto questo può essere ribaltato solo chiedendo a gran voce una inversione di rotta: non possiamo stare più a piangnucolare perché la tv non ci degna dell’attenzione che dedicano al nord. Lo sappiamo è così. Il nostro problema non è la tv che non ci considera, ma una classe dirigente che non ha in mente nessun futuro per il sud e che non fa altro che dare dimostrazione della propria inettitudine ad occuparsi dei problemi della collettività. Adesso cosa faranno tutti coloro i quali hanno subito danni alle abitazioni, ai propri esercizi commerciali, alle proprie imprese? In un momento di crisi come questo, in cui il governo Monti si prepara conformemente al diktat finanziario a varare manovre “lacrime e sangue” non possiamo sopportare più di non avere una dignità politica. Questa dignità non ce la darà nessuno: solo la nostra voglia di rivincita potrà ricostituire la provincia di Messina come soggetto politico. Per fare questo bisogna scendere nelle piazze e diventare noi un nubifragio: dobbiamo alluvionare questa classe dirigente che ci ha condannato a questa situazione. Il sud , la provincia di Messina ha assolutamente bisogno di questo scatto d’orgoglio. Propongo un manifesto di mobilitazione minimo, condivisibile e trasversale:

1.       Cancellazione della Stretto di Messina. Fine dell’illusione del Ponte. Nessuna penale per Eurolink.
2.       Finanziamento, non solo coi soldi risparmiati dalla penale del Ponte ma con somme apposite fino ad almeno 2 miliardi di euro, dei capitoli di bilancio di Stato, Regione, Provincia e Comuni dal titolo “Messa in sicurezza dei territori a rischio idrogeologico”.
3.       Creazione di cooperative o collettivi di lavoro partecipati gestiti collettivamente dagli operai edili  disoccupati, giovani ingegneri e architetti precari e/o senza lavoro che si occupino specificamente dei lavori di messa in sicurezza del territorio con statuti ed ordinamenti democratici e con il principio della retribuzione uguale per tutti, dal direttore dei lavori all’operaio.
4.       Distribuzione equa delle risorse conformemente ai bisogni delle zone più colpite o più a rischio in seguito a indagini aperte a tecnici e operatori di qualsiasi estrazione sociale e politica, avvalendosi delle testimonianze della popolazione dei luoghi colpiti dai disagi.
5.       Finanziamento di tutte quelle piccole infrastrutture utili al nuovo modello organizzativo del territorio senza che nuove aree “vergini” vengano ulteriormente cementificate (Stop al Consumo di Suolo)
6.       Il suolo deve essere invece destinato alla riqualificazione delle agricolture locali che, curando le terre, contribuirebbero a tenere saldo il terreno “naturalmente”, quindi senza interventi di emergenza, ricreando altresì quella produzione del settore primario che negli ultimi 30 anni è stata massacrata dall’avanzata degli ipermercati e dei prodotti di massa di scadente qualità, organizzando le vendite dei prodotti con sistemi di distribuzione diretta dal produttore al consumatore, eliminando i costi intermedi (vedi G.A.S., gruppi di acquisto solidale) e cercando di ottenere quante più certificazioni D.O.C. per creare una “immagine” degna delle tradizioni culinarie che sono presenti sul nostro territorio, rilanciando così il turismo gastronomico ammazzato dalla crisi.
7.       Finanziare il recupero dei borghi antichi ricomponendo il quadro storico del territorio al fine di un rilancio turistico e per valorizzare l’ancora presente produzione artigianale del ferro, della pietra e del legno, presenti soprattutto nelle piccole realtà provinciali.
In una battuta, bisogna scendere in piazza per conquistarsi una legittimità politica al di fuori dei partiti di governo, anzi costringendoli a seguirci in questa direzione, e che sappia chiedere ed ottenere questi due obiettivi politici: lavoro e sicurezza/valorizzazione del territorio in cui si vive. Per ripartire tutti insieme in un altro modo.

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pubblicato il in Crisi Climaticadi redazioneTag correlati:

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