Milazzo: la raffineria e l’incendio (sociale?)
Da una parte il triste ruolo dei sindaci dei comuni e dei tecnici dell’arpa a far da megafono alle dichiarazioni dei petrolieri Eni e soci, tutti tesi a rasserenare gli animi e a tentare di gettare acqua più sul polverone mediatico per un impianto portatore di morte e devastazione che sul fuoco del suo incendio. Dall’altra una miriade di iniziative che, seppure nella loro eterogeneità, sono andate a mettere in dubbio la legittimità dell’intero modello di vita basato intorno a quella raffineria.
Così gli studenti di un istituto d’arte, lontano solo due chilometri dagli impianti, non hanno creduto alle poco rassicuranti parole dell’amministrazione comunale e hanno chiuso autonomamente il plesso, svuotandone le aule per riempire la piazza antistante il municipio delle loro ragioni.
A ruota le mamme hanno messo in atto la loro semplice quanto sconcertante protesta: hanno steso delle lenzuola bianche mostrando come in poche ore mutassero completamente di colore, mettendo ancora una volta in ridicolo quanti provano a minimizzare i danni ambientali causati dalla raffineria e dall’incidente appena registrato.
Infine, nel pomeriggio di Sabato 4 ottobre, un corteo cittadino è sfilato fino ai cancelli della raffineria (vedi video in fondo all’articolo) per chiedere la verità circa l’attuale condizione dell’aria e delle falde che non può certamente coincidere con le menzogne di chi finge non sia accaduto nulla. E, cosa ancora più importante, ha permesso il levarsi di voci che hanno messo a critica l’intero modello di sviluppo che ha puntato tutto su quella raffineria non soltanto per Milazzo, ma anche per svariati comuni limitrofi. Di fronte alla paura di una catastrofe che, se le fiamme avessero raggiunto i serbatoi centrali, sarebbe potuta essere ben più devastante ma che ha certamente causato un inquinamento indifferente solo per tecnici e amministratori servili, sembra prendere piede infatti la voglia di ripensare a una vita libera dal ricatto di un lavoro sinonimo di morte e malattie. Quella che per decenni è stato propinata come unica prospettiva di reddito per tutto il territorio che si estende attorno alla raffineria, mostra infatti tutta la sua aggressività devastatrice, e riporta nelle menti degli abitanti quanti parenti ed amici sono caduti ammalati e sono morti tra le loro braccia per causa sua.
Insomma l’incidente dello scorso 26 settembre è diventato un catalizzatore per l’emersione di contraddizioni ormai non più latenti, ma su cui migliaia di persone si stanno interrogando collettivamente. E intanto i piani di Eni che vorrebbe aggiungere in quegli impianti processi per l’incenerimento di rifiuti provenienti da tutta Italia, non sembrano più filare lisci come nei sogni di chi da sempre vede queste terre come luogo da sfruttare e devastare.
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