No Tav: strategia e storia di una lotta popolare
Cesare Pavese
Siamo stati una settimana a Chiomonte, nel campeggio No Tav messo in piedi da due mesi e mezzo. Abbiamo seguito le assemblee, appoggiato e proposto iniziative, cucinato, lavato e passeggiato insieme a centinaia di ragazzi, uomini ed anziani della valle. Ogni pratica quotidiana si è svolta sotto il segno della partecipazione, abbiamo conosciuto compagni che hanno deciso di lasciare tutto e vivere nella valle, ragazzi che hanno attraversato l’Europa in bici pur di esserci, anziani che lottano da anni per difendere questa terra stupenda e profanata. Abbiamo vissuto in prima persona anche lo specchio deformante dei giornali, l’enorme abisso tra realtà e racconto. Abbiamo deciso di intervistare Patrizia Soldati (“ma per i compagni Pat”), splendida signora nata e cresciuta nella valle, cuoca in un asilo nido e a domicilio, che lotta per la sua terra e che ci ha insegnato quanto giovani e combattivi si può (e si deve) essere, a qualsiasi età.
Quando ha iniziato ad interessarsi attivamente della questione Tav?
Ho partecipato alla prima assemblea nel 1996 come cittadina comune, mentre dal 2004 ho iniziato a partecipare più attivamente con associazioni e comitati della Val di Susa.
Vuole raccontarci i due mesi e mezzo di campeggio autogestito No Tav? Quali sono state le difficoltà maggiori e quali le soddisfazioni?
Sono stati due mesi e mezzo molto faticosi dal punto di vista fisico, ma anche straordinari in quanto a ricchezza – chiaramente quella non monetizzabile. E’ stata un’esperienza umanamente ricca per la quantità di persone che hanno voluto partecipare alla lotta, fosse anche per la pura e semplice gestione del campeggio. E’ stato uno straordinario e continuo scambio di competenze e creatività.
Il momento dell’assemblea è, all’interno del campeggio, il più importante della giornata; ci si siede in cerchio e ci si guarda in faccia, si organizzano azioni, si discute di cosa non va e cosa bisogna migliorare, si organizzano i turni di pulizia e cucina. Questa vita comunitaria è forse uno dei collanti migliori per il movimento, così si conquista la fiducia del vicino, così si parte e si ritorna insieme. Le andrebbe di provare a raccontarci lo spirito che anima le discussioni e l’importanza di questa pratica comunitaria all’interno del campeggio?
Tutti i pomeriggi nel campeggio si tiene un’assemblea: è un momento fondamentale di discussione. E’ l’occasione per spiegare ai nuovi arrivati le regole, ma anche per decidere le iniziative da intraprendere in modo aperto, non gerarchico. Tutti possono partecipare, dire la loro. Le decisioni vengono prese in modo consensuale. Senza ombra di dubbio il momento dell’assemblea è il più importante della giornata: è anche la dimostrazione che una comunità autogestita e composta dalle tipologie più disparate di persone può organizzarsi in modo efficiente.
In effetti nel campeggio, basta guardarsi intorno, si trovano persone di età diverse, provenienti da tutta Italia ed anche dall’estero, c’è chi partecipa al movimento da anni e chi porta il proprio contributo magari solo da pochi giorni. Ciò che colpisce è che tutti vengono ascoltati allo stesso modo, le idee di tutti vengono discusse e valutate, non esiste gerarchia all’interno del movimento: eppure vengono prese quotidianamente scelte e decisioni comunitariamente, senza riccorrere a votazioni, senza che le idee di una maggioranza schiaccino quelle della minoranza, ma tenendo tutto “insieme”. Le sembra questo un aspetto peculiare dei No Tav e forse uno dei suoi punti di forza?
Noi non consideriamo che l’opinione della maggioranza debba prevaricare ed escludere le minoranze: è un metodo che ci siamo dati fin dall’inizio e che ci ha permesso di rimanere uniti ed evitare “scissioni”. Crediamo che l’assemblea sia il momento per discutere e trovare alla fine un accordo che rispetti ed inglobi nelle decisioni le istanze di tutti, fermo restando alcune “regole” basilari che è obbligatorio condividere e rispettare.
La fine dell’estate porterà alla chiusura del campeggio, quali sono le prospettive e le strategie per mantenere forte ed unito il movimento durante un autunno ed un inverno che si preannunciano caldissimi?
Sicuramente continueremo nelle varie campagne già messe in piedi, che sono quelle contro la militarizzazione della Val di Susa, o sul lavoro delle ditte appaltatrici (leggi il dossier “C’è lavoro e lavoro”, ndr), senza dimenticare la presenza fisica vicino al cantiere, specificatamente alla Clarea, per contrastare l’attività che si svolge all’interno
“A sarà dura” è uno degli slogan del movimento: i lavori nel cantiere vanno al rallentatore, la repressione militare, invece che indebolire il movimento (tramite ad esempio i fogli di via), sembra rafforzarlo, fioriscono iniziative e progetti all’interno del campeggio ed il movimento sembra sempre più internazionalizzarsi. I No Tav sono riusciti a trasformarsi e rinnovarsi con il passare del tempo, come vede il futuro della lotta in Val Susa? Perché i No Tav vinceranno?
La principale trasformazione che sta avvenendo è un allargamento della lotta, che non riguarderà più solamente il Tav Torino-Lione e la Val di Susa, ma in generale tutte le grandi opere che hanno come fondamento lo sperpero di denaro pubblico per decine di miliardi di euro, dando in cambio ai cittadini nessuna utilità pratica. Credo che l’allargamento delle lotte in tal senso sia inevitabile, nonostante la repressione sempre maggiore, e credo che le persone prenderanno sempre più coscienza del sistema con cui queste opere vengono decise.
A tal proposito, cosa è il Patto di Mutuo Soccorso?
Si tratta di una sorta di unione tra le istanze presenti in tutta Italia, che permetta ad ognuna di aiutarsi e chiedere sostegno alle altre in momenti critici. Ad esempio, se un movimento contro una discarica chiede aiuto al patto di mutuo soccorso, troverà ovunque realtà pronte ad offrire una mano e partecipare alla lotta.
Cosa risponde a chi accusa il Movimento No Tav di essere conservatore, visto che impedisce la costruzione della linea ferroviaria ad alta velocità?
Rispondo che dovrebbero analizzare il significato delle parole “sviluppo” e “progresso”. Noi a questi due concetti fatti “calare dall’alto” non diamo nessun credito, perché non riteniamo che lo sviluppo debba essere la predazione dei beni comuni finalizzato all’arricchimento di pochi soggetti.
In che modo avete discusso il “nodo” violenza sì e violenza no, che spesso ha diviso altri movimenti popolari di lotta?
Noi abbiamo sempre rispedito al mittente ogni tentativo di dividerci tra “buoni” e “cattivi”. E’ chiaro che le situazioni di lotta talvolta cambiano di livello, ma è un cambiamento dettato dalla “controparte” che ci reprime a suon dimanganellate e gas al CS. Noi abbiamo sempre chiesto di discutere pubblicamente dell’utilità di questa opera, ma non ci è mai stato possibile e un problema politico è stato trasformato in una questione di ordine pubblico, con la militarizzazione massiccia del territorio. Dopo di che equiparare il lancio di pietre o gavettoni di vernice ai lacrimogeni sparati ad altezza d’uomo è folle, ed è chiaro che più le forze dell’ordine alzeranno il livello dello scontro più noi reagiremo. In fondo noi abbiamo poche armi: l’informazione – attraverso internet, il volantinaggio e le iniziative in tutta Italia – e talvolta, quando veniamo assaliti, il lancio di qualche pietra. Ma noi tutto ciò non lo consideriamo violento.
Negli ultimi giorni si sono susseguite iniziative importanti del movimento: dal taglio delle reti alleoccupazioni di società coinvolte nella costruzione del Tav. Come sono state decise queste azioni?
Queste azioni vengono semplicemente proposte da qualcuno e poi, eventualmente, accettate da chi decide di partecipare: nel caso dell’occupazione alla Geovalsusa anche mettendoci la faccia, a volto scoperto, in modo pacifico. Queste sono azioni politiche, non di puro vandalismo o “terrorismo”, come hanno descritto i giornali: a noi servono per denunciare lo stato delle cose. Ad esempio, nel caso della Geovalsusa, la loro complicità con il fronte del Sì Tav.
Esse sono state bollate come azioni squadriste, mafiose, dai giornali come Repubblica e La Stampa. Cosa rispondi?
Il Movimento non si riconosce minimamente in quelle definizioni, anche perché le azioni sono state sempre spiegate e rivendicate. Da vent’anni chiediamo di confrontarci pubblicamente sui dati scientifici in nostro possesso, dati che dimostrato che il Tav è una follia, dati estrapolati da studi di fior di economisti e tecnici che in modo gratuito si sonomessi a disposizione del Movimento. Le nostre richieste di confronto sono state sistematicamente ignorate, quindi arrivati a questo punto non ci resta che muoverci come stiamo facendo. A giornali come Repubblica e La Stampa non resta che diffamarci, visto che neppure loro reggerebbero il confronto sul piano tecnico.
Giornalisti di grandi testate sono mai entrati nel campeggio? Si sono mai interessati al vostro punto di vista?
Nell’ultimo anno non mi risulta che giornalisti di importanti testate siano entrati a guardare cosa è davvero il Movimento No Tav. O almeno: se qualcuno l’ha fatto non si è fatto riconoscere. Lo scorso anno invece nell’esperienza della Libera Repubblica della Maddalena qualche giornalista chiedeva di entrare, ed ha sempre avuto carta bianca e massima libertà di movimento e azione.
Qual è la strategia mediatica del movimento? In che modo una lotta popolare può relazionarsi con l’esterno, contrastando i media mainstream?
L’unico strumento che al momento ci siamo dati è la diffusione di comunicati stampa quando vengono scritte falsità e diffamazioni. Tuttavia sappiamo di dover sfruttare al massimo le potenzialità offerte da internet, sicché chi vuole informarsi sulle nostre iniziatie non avrà nessuna difficoltà a farlo. Chiaramente è in atto anche una discussione sulle stretegie future per contrastare le notizie false…
Due giorni fa è stato attaccato il cantiere con il lancio di uova e vernice ai dipendenti e ai militari: come è stato possibile per un movimento di sinistra arrivare ad ostacolare il lavoro degli operai? Cosa rispondete a chi spiega di “lavorare per mangiare”?
E’ stato faticoso, soprattutto per i tanti che come me credono che i lavoratori vadano tutelati. Tuttavia il Movimento ha deciso di attaccare, con azioni simboliche e non violente (come il lancio di uova e vernice) chi presta la sua opera per la costruzione del Tav, considerando che ognuno è complice della devastazione in atto e che le esigenze personali (“devo mangiare”) non possono avere la meglio sui bisogni della collettività. Siamo consapevoli che sono metodi drastici, ma confidiamo in una presa di coscienza dei lavoratori.
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