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Per accostare le Br ai NoTav, le studiano tutte

Ancora una volta ci troviamo a commentare l’ennesima campagna mediatica contro il movimento notav, utilizzando un documento di alcuni detenuti che, giornalisticamente parlando, stanno sotto il nome buono per tutte le stagioni, Br.

Anche questa volta i titoloni si sprecano e chiaramente il gioco dei media consiste nell’accostare più volte possibile il termine Br al termine Notav, in modo da far passare il concetto Br=Notav. Gioco vecchio che però vediamo che fa sempre presa.

Però questa volta il famoso salto di qualità lo fa l’informazione mainstream, riproponendo lo stesso documento già pubblicato dalle stesse redazioni mesi fa, e sopratutto pubblicando un documento del febbraio scorso. Insomma repetita iuvant che dare in testa ai notav serve sempre, e ora non avendo molto da dirci, e vedendo che le istanze che portiamo avanti fanno particolarmente presa in un momento come questo nel paese, ecco che scatta il meccanismo criminalizzatore.

E’ strano che questi giornalisti così attenti a sezionare siti internet per pochi non continuino una così precisa indagine per non accorgersi che il documento ai cui fanno riferimento è datato febbraio 2013, di un opuscolo che si chiama Primo maggio e datato 2012.

Ma entriamo ancora una volta nel merito della vicenda in modo da fare chiarezza su chi fa veramente il salto di qualità. Visto che non sembra vero a quei giornalisti volgliosi di criminalizzare in qualche modo il movimento, li invitiamo, come abbiamo fatto noi, a documentarsi prima di lanciare le notizie. Scoprirebbero che chi scrive i documenti che citano i notav, ma anche i movimenti di mezz’Europa, sono persino diffidati dai loro stessi compagni ad usare la sigla di cui facevano parte. Lo abbiamo detto nella scorsa occasione e lo ribadiamo: il punto di vista, legittimo, di due detenuti che potremmo paragonare agli ultimi soldati giapponesi nella giungla ancora a combattere vent’anni dopo la fine della guerra. Altro non è che un punto di vista, personale a questo punto, che con le fantomatiche nuove o vecchie br non c’entra nulla.

Ma tant’è…è più importante accostare in qualche modo ai notav qualunque sprettro del passato, anche se morto e sepolto.

Per correttezza incolliamo qui di seguito il documento degli ex compagni delle due “talpe” che fa chiarezza sui termini da usare, magari per la prossima volta.

Un doveroso e necessario chiarimento

Abbiamo constatato di recente che in alcuni comunicati e documenti è riapparsa la sigla “PCP-M”  ad opera dei due compagni fuoriusciti  dal Collettivo Comunisti Prigionieri “Aurora” (CCPA) nel giugno 2011. Inutile dire che la cosa ha creato in noi un certo stupore in quanto quell’esperienza era stata dichiarata conclusa da parte di tutti i suoi promotori (Bortolato Davide, Latino Claudio, Sisi Vincenzo e Davanzo Alfredo) quando si è costituito il CCPA nel gennaio 2010. Cosa cui intendiamo tenere fede non essendo cambiate le evidenti ragioni di quella scelta (sinteticamente: non siamo riusciti a realizzare la costruzione del “PCP-M”; l’organizzazione, fuori dal carcere, non esiste più). È a nostro avviso sconcertante constatare con quanta disinvoltura e superficialità si semini confusione arrogandosi il diritto di far nascere (dal carcere poi!!) un’identità politica la cui consistenza organizzativa è attualmente inesistente. E a gran poco vale rifarsi al fatto che il “PCP-M” sia una semplice idea o un mero orizzonte politico che vanno sempre perseguiti, come ci è stato spiegato. Perché così non è: il progetto di “costruzione del PCP-M” si è incarnato in esperienze, dibattiti, iniziative, compagni in carne ed ossa che hanno dato spessore pratico e concreto. Cosa che non si potrà mai annullare, nascondere o ridurre a semplice idee o orizzonti politici. Il progetto di “c ostruzione del PCP-M” è stato un’esperienza ben precisa e ben determinata sulla quale non si può seminare alcuna confusione.

Detto questo, crediamo risulti chiaro a tutti coloro che ci hanno seguito che la ricomparsa di questa identità politica ci crea alcune non banali difficoltà che ci impongono, nostro malgrado, dover precisare quanto segue:

1) Innanzitutto che riconosciamo e rivendichiamo a pieno titolo tutta l’esperienza fatta “per la c ostruzione del PCP-M”, nei suoi pregi e nei suoi limiti (qui facciamo una piccola puntualizzazione in quanto alcuni di noi, Bortolato Davide e Latino Claudio, ne sono stati promotori a tutti gli effetti, mentre il compagno Toschi Massimiliano, ne ha condiviso i contenuti nel corso del processo e solo in parte il percorso organizzativo);

2)  Che, come già detto, essendo quell’esperienza dichiarata conclusa, riteniamo del tutto scorretto che i due compagni, in modo del tutto unilaterale e arbitrario, intendano apprioparsi, agire e parlare a nome di un’identità politica che ha coinvolto altri compagni. Senza contare che fanno questo dopo aver loro stessi deciso di uscire dal CCPA, che altro non è che la prosecuzione politica (non organizzativa) dell’esperienza “per la costruzione del PCP-M” in carcere (così è da intendersi il documento di costituzione del CCPA del gennaio 2010 in cui si definisce espressamente la discontinuità organizzativa nella continuità politica);

3) Che, prendendo atto di tale scorrettezza, non ci assumiamo alcuna responsabilità per ciò che verrà detto o fatto dai due compagni fuoriusciti a nome del PCP-M o da chiunque altro intenda appropriarsi indebitamente di questa identità politica. Questo ancor più quando si intenda usarla per veicolare contenuti che poco o per nulla hanno a che fare con l’impostazione e l’esperienza che hanno caratterizzato  il progetto di “costruzione del PCP-M”  così come emerge , ad esempio, nel documento “Contributo al dibattito nel movimento di classe” di ottobre 2011 a firma dei due compagni fuoriusciti. Qui risaltano una visione eclettica del partito e, per certi versi una concezione codista, di supporto del rapporto partito- masse che non condividiamo.

Ma se comprendiamo  l’origine di queste deviazioni, perché non ancora del tutto risolte nel progetto di costruzione, è per noi invece inconcepibile  che a nome  del “PCP-M” si facciano delle aperture a considerazioni di stampo riformista come quella che sostiene la parola d’ordine sul “diritto all’insolvenza dei debiti sovrani” che aleggia attualmente nel movimento di classe. Parola d’ordine che non nasce spontaneamente, come nel documento citato sembra emergere, ma che viene introiettata da precise componenti interne al movimento con il preciso obiettivo di travisare la situazione reale della crisi del capitalismo e che finisce per nascondere che l’unica soluzione positiva di uscita dalla crisi per il proletariato è invece la via rivoluzionaria della presa del potere seppellire il sistema capitalista tutto, debiti compresi.

Concludendo, in virtù di quanto detto e, in particolar modo, in virtù della scorrettezza politica di cui ci fanno oggetto, riteniamo interrotto ogni rapporto politico con i due compagni a meno di una loro riconsiderazione sull’iniziativa intrapresa. Va da se che d’ora in avanti non intendiamo (se non a causa di attacchi sconsiderati) rispondere ad eventuali repliche poste dai due compagni in questione.

Con ciò dichiariamo da parte nostra conclusa la battaglia politica che i due compagni, coscientemente o meno questo non lo possiamo dire, si sono assunti la responsabilità di aprire con noi. Battaglia politica che, trovando modo di esistere esclusivamente in ambito carcerario, riteniamo essere deleteria per la coesione tra rivoluzionari e che non dia alcun contributo costuttivo al movimento rivoluzionario.

Sperando con questo di non dover tornare più sulla questione, saluti comunisti e a risentirci per migliori occasioni.

Collettivo Comunisti Prigionieri “Aurora”
Gennaio 2012
Bortolato Davide
Latino Claudio
Toschi Massimiliano

da notav.info

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