Tav, pronta la militarizzazione della Val di Susa
(Pubblichiamo questo reportage per l’importanza della notizia nonostante non ne condividiamo le 2 righe finali).
I rappresentanti delle istituzioni piemontesi e degli industriali hanno annunciato la militarizzazione della Val di Susa, durante una conferenza stampa svoltasi questa mattina presso l’Unione Industriale. Manderanno infatti una lettera al Ministro dell’Interno Roberto Maroni per sollecitare tutte le azioni necessarie per poter iniziare i lavori alla linea Torino-Lione in Val di Susa entro quattro giorni. In quanto al possibile uso della forza nei confronti degli attivisti No Tav che presidiano la zona, Barbara Bonino, intervenuta in rappresentanza della Regione Piemonte, non esita a specificare: “Non c’è nessun limite di ingaggio in questo senso, quando si tratta di azioni che tutelano l’incolumità dei cittadini. Noi siamo a fianco delle forze dell’ordine, sappiamo che il lavoro che dovranno affrontare sarà complicato e che avranno anche fare con agitatori di professione o persone addestrate alle tecniche di guerriglia, che hanno scagliato sassi da 120 chili (120 chili è il peso complessivo dei sassi lanciati dai No Tav lunedì notte n.d.r.)”.
Un’affermazione che Sergio Chiamparino, ex sindaco di Torino, si è sentito in dovere di ammorbidire: “Auspichiamo un intervento che garantisca la legalità nelle forze consentite dalla legge” dice. Barbara Bonino aggiunge: “Esiste nella comunità una maggioranza schiacciante e silenziosa che è favorevole alla Tav. Il mio unico rammarico è che non si sia voluto procedere nel corso degli anni con un referendum, che avrebbe tolto ogni alibi agli agitatori e autori di disinformazione i cui fini mi sfuggono”. Sulla stessa linea Antonio Saitta, presidente della Provincia di Torino: “Stiamo discutendo cose diverse dal passato: abbiamo fatto un progetto che porta vantaggi territoriali e che è accompagnato da un piano di sviluppo che invece di conferire delle compensazioni, garantisce che il 5% della spesa per l’opera sarà destinato a iniziative parallele per lo sviluppo del territorio – dice Saitta – Abbiamo fatto tutto il possibile, ora è esclusivamente un problema di ordine pubblico”.
Piero Fassino, neo sindaco di Torino, sottolinea come bloccare la Tav in Val di Susa non comporti il blocco del corridoio 5 in Europa: “Esistono due progetti alternativi, uno che passa da Genova e uno da Ginevra. La Tav si farebbe lo stesso, ma Torino rimarrebbe tagliata fuori da questa opportunità di sviluppo”. Duro l’intervento di Luigi Rossi di Montelera, presidente del Comitato Transpadana: “Un’opera concordata con un trattato internazionale, decisa dal Parlamento Europeo e da quello Italiano, in cui tutte le Regioni, le Province e i Comuni interessati sono favorevoli, non può essere fermata da una piccolissima minoranza locale, significherebbe minare le istituzioni stesse del Paese e porre fine alla democrazia”. Gianfranco Carbonato, presidente degli industriali torinesi cita un recente studio McKinsey, che dà come possibile per L’Italia una crescita pari allo 0,9% nel prossimo quinquennio. “La crescita per essere tale deve andare oltre il 2%, ora siamo all’1%. La nostra zona potrebbe avere una crescita dello 0% nei prossimi dieci anni – ha spiegato – la Tav è una possibilità di sviluppo e occupazione per il Piemonte”.
E Bartolomeo Giachino, sottosegretario al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, propone una campagna di informazione nelle scuole medie e superiori sul Corridoio 5 e sul piano di sviluppo della linea ad alta velocità. C’è da chiedersi se la figuraccia che tanto si teme da parte delle istituzioni nel caso che un progetto come quello della linea Torino-Lione venga bloccato da una minoranza locale non equivalga a quella che farebbe l’Italia quando si saprà nell’Unione Europea che per iniziare l’opera c’è bisogno di chiamare l’esercito e reprimere una manifestazione nel sangue.
E se questa campagna di informazione nelle scuole e le azioni di coinvolgimento dei soggetti locali non poteva essere avviata fin dai primi giorni
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