Intervista a Irati, compagna di Lander
A raccontarci cosa sta accadendo a Lander e la situazione in Euskal Herria è Irati, la sua compagna, di ritorno a Roma per alcuni giorni: “Lander è nel carcere di Soto del Real, a trenta minuti da Madrid. La Spagna può tenere i prigionieri politici baschi fino a quattro anni nello stato di arresto preventivo, ma gli avvocati sono ottimisti e a breve speriamo inizi il processo. E’ in isolamento con tre ore di aria al giorno e può ricevere una visita, separato dal vetro, di quaranta minuti a settimana e una volta al mese un incontro con la famiglia senza separazioni, di due ore. Quando l’ho visto stava bene, i primi giorni sono stati più duri perché non aveva nulla in cella, ora piano piano arrivano le lettere, i pacchi, gli abbiamo portato una radio”. Irati ci spiega come il carcere dove si trova Lander è un carcere “di passaggio”, la paura è che sia trasferito molto lontano dai Paesi Baschi, prassi riservata quasi sempre dalla giustizia spagnola ai prigionieri politici baschi.
Chiediamo a Irati cosa possiamo fare dall’Italia, dagli altri paesi europei: “Oramai la nostra è una battaglia di lungo periodo. Bisogna continuare a denunciare la mancanza di libertà e democrazia, la persecuzione della sinistra indipendentista e delle sue organizzazioni. Ora siamo in una nuova fase: dopo le ondate di arresti negli ultimi quattro e cinque anni, verso attivisti e militanti che facevano politica alla luce del sole in organizzazioni politiche e sociali come Segi o Batasuna messe fuori legge, ora iniziano i processi”. Per far fronte a questa situazione nei Paesi Baschi si è sviluppata una pratica nuova: migliaia di persone per giorni, prima a Donostia e poi in altre città, hanno difeso con i loro corpi giovani militanti condannati a tornare in carcere. Un muro umano di solidarietà che resistendo pacificamente alla persecuzione di sei attivisti di Segi, arrestati e torturati più di quattro anni fa, ha dato un segnale importante all’azione liberticida della giustizia spagnola. Irati ha partecipato ad una di queste iniziative: “una convocazione pubblica per difendere gli attivisti, andata avanti a lungo, con ‘protocolli’ condivisi per far fronte all’azione della polizia collettivamente”.
Dalla messa fuori legge di Herri Batasuna lo Stato spagnolo ha rinunciato ad intraprendere un processo di pacificazione pubblico e condiviso per la questione basca, mettendo al bando sistematicamente ogni nuova formazione della sinistra indipendentista e incarcerando i gruppi dirigenti di diverse generazioni di militanti. Una porta sbattuta in faccia a chi continua a chiedere un processo di pacificazione e risoluzione del conflitto. Irati spiega come “la sinistra abertzale ha iniziato da due anni un processo di unificazione che ha portato ad un nuovo gruppo nei parlamenti della Navarra e nel parlamento basco Bildu, ci auguriamo che gli spazi democratici e di agibilità politica nei prossimi anni si possano riaprire, si possa normalizzare l’anomalia basca in cui non è possibile per una parte politica e sociale importante esprimersi, e che questo comporti anche il ritorno a casa di tanti prigionieri”.
Abbiamo imparato a conoscere Lander e Irati a Roma, dove avevano deciso di trasferirsi “per uscire, non pensavamo di fare politica qua, pensavamo di andare un po’ di tempo via per vivere serenamente, prendere distanza da quello ci accadeva attorno e da quello che ci poteva succedere nei Paesi Baschi, e poi decidere cosa fare”. Poi però qualcosa cambia: “Ci sentiamo protetti dai compagni a Roma, decidiamo di partecipare attivamente alla vita politica e sociale della città, nonostante l’attenzione continua delle forze di sicurezza che ci hanno seguito a cortei e manifestazioni e anche dentro i centri sociali. Una solidarietà che poi ha portato a costruire il Comitato per la difesa di Lander”.
“Per noi – continua Irati – è stato incredibile sentire questa vicinanza. In Euskal Herria tutti ci chiedono ‘ma che avete fatto lì?’ E’ un segnale importante per il movimento basco, che non ci fa sentire isolati”.
da DinamoPress
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