La mano sinistra di Dio
[Una sintesi storica sul Capitalismo in forma di racconto, con 4 personaggi-chiave].
Che succede a questo pianeta?
Perché un serio signore della Bocconi pare divertirsi a gettare le basi per un impoverimento rapido dell’Italia?
Perché tutte le giovani generazioni in ogni parte del mondo, paiono capire che così non si può andare avanti e che non è giusto andare avanti così?
Esiste un futuro all’interno di questo sistema?
Che rapporto c’è tra finanza e industria?
Se finanza e industria non sono in rapporto, perché anche il mondo finanziario sembra interessato alla riduzione del costo del lavoro?
Cominciamo dai primi passi del matrimonio indissolubile tra capitale finanziario e capitale produttivo.
Pensiamo a quando i giovani pieni di idee nuove, si trovavano bene nel capitalismo e vedevano negli anziani possidenti da un lato un limite alla loro voglia di fare, ma dall’altra vedevano nei loro soldi una potenzialità che i vecchi non erano certo in grado di vedere.
Torniamo un poco nella metà del 1700: eravamo in un mondo pieno di potenzialità, nel quale la tecnologia cominciava a prorompere nella vita sociale e le applicazioni che i giovani studiosi proponevano ai vecchi danarosi, venivano guardate con fiducia e assecondate.
Grazie alle applicazioni tecnologiche alla produzione, si comincia a produrre di più e meglio.
Non è che le tecnologie per produrre non si fossero accumulate nei secoli precedenti: tante applicazioni e potenzialità derivavano proprio da una accumulazione di possibilità che derivavano dagli sforzi che il lento susseguirsi delle generazioni aveva sedimentato nel mondo.
Le società avevano una mobilità sociale molto modesta: gli schiavi avevano un futuro da schiavi, i servi da servi, i cavalieri cercavano di fare cavalieri dei loro figli, i nobili restavano nobili ed i re erano, se non venivano uccisi, pur sempre dei re.
Certo nelle piccole città dell’epoca, esistevano anche tutta una serie di figure intermedie, che facevano cose secondarie, rispetto ai grandi attori della scena: mercanti, zingari, commercianti, artigiani, artisti, usurai, marinai, pescatori, si alternavano sullo sfondo della scena, senza apparentemente poter determinare il corso storico.
Anche se era certo che i ricchi mercanti svolgevano funzioni essenziali per i potenti, che avevano anche rapporti strumentali con tutti questi settori della società e che talvolta chiedevano aiuto agli usurai quando dovevano andare alla guerra.
Immaginiamo per un momento una storia inventata con due protagonisti di comodo.
Li chiameremo Factotum e Circolazio.
<< Factotum era un ricco commerciante di tessuti, capi di abbigliamento, cappelli, confezioni.
Quando tornava dai suoi giri d’affari, andava sempre da Circolazio e gli chiedeva di conservare i denari che aveva guadagnato. Si recava nella solida costruzione di Circolazio, che amava circondarsi di uomini armati e molto corpulenti, e gli lasciava in deposito parte dei suoi averi, in cambio di un prezzo per le garanzie che gli venivano offerte.
Da tempo però Factotum era insoddisfatto per le disavventure che gli capitavano: magari si imbarcava, girava terre lontane, commissionava maglie, abiti, copricapi e poi, quando stavano per arrivare, bastava una mareggiata per disperdere tutto il carico. Allora si aggirava tra le valli e i monti attorno alla sua città, commissionava, comprava, caricava e poi, magari, bastavano un gruppo di scalmanati banditi per rovinare tutto il suo lavoro.
Cominciò quindi a pensare di tentare una strada nuova: mise alcuni giovani ad addestrarsi con il suo miglior sarto e cominciò a far fare internamente parte del lavoro che prima doveva fare fuori.
La cosa era molto interessante: doveva solo dare da mangiare ai ragazzi che se ne stavano in luoghi sicuri a produrre beni che dopo dovevano solo essere trasportati nei mercati di destinazione.
Solo che, per fare si che tutto ciò di cui aveva bisogno venisse fatto in questo modo, doveva mettere molte più persone al lavoro e dar loro del cibo ogni giorno per molte settimane. Poi doveva attendere che i risultati delle sue vendite tornassero dai mercati in cui si recava.
In parole povere: non aveva abbastanza riserve per attendere tutti i tempi morti che si verificavano in questo modo.
Allora ecco l’idea: chi aveva abbastanza denaro da prestargli per poter sviluppare i suoi nuovi progetti?
Andò a spiegare quanto stava succedendo al suo compare Circolazio che ci pensò un poco sopra, poi disse: “certo, tu sei bravo. Fai lavorare quei disgraziati come schiavi e ottieni dei guadagni molto più sicuri. Io ti posso anche aiutare, ti posso prestare quello di cui hai bisogno: ma dato che il tuo denaro si moltiplica più velocemente e con più certezza, voglio che tu condivida con me i risultati di questa moltiplicazione. Cioè: voglio che mi dai più soldi di quanti te ne presto. Io sono disposto ad aspettare che tu me li dia indietro tra un anno, ma voglio che mi dai quello che ti presto e che mi garantisci un interesse diciamo del 30 per cento!”
Fatti i debiti conti, Factotum decise che valeva la pena, anche se riuscì a convincere Circolazio ad accontentarsi di un 20.
Nel frattempo un lavorante di Factotum, gli suggerì alcuni modi per ottenere più produttività.
Disse che aveva un amico che lavorava da un vetraio e aveva osservato che nella vetreria, il mastro vasaio faceva la lavorazione fondamentale, poi altri lavoranti mettevano degli abbellimenti.
Ora: aveva notato che alcuni dei ragazzi che lavoravano con lui, erano molto veloci a tagliare gli abiti, altri erano svelti a cucire le asole, altri ancora erano rapidissimi a fissare i bottoni. Allora: se avesse diviso il lavoro in un altro modo, facendo tagliare a chi sapeva tagliare, fare le asole a chi era più adatto ed attaccare i bottoni ai più veloci, avrebbe potuto fare molte più cose in meno tempo.
E così venne fatto.>>
In questa storiella, abbiamo visto che ad un certo punto dello sviluppo storico, si erano poste le condizioni affinché si sviluppasse una collaborazione creativa e produttiva, tra i possessori di denaro, gli imprenditori ed i tecnici.
Il denaro, circolando, produceva più denaro, l’imprenditore ricavava molto denaro e parte ne restituiva al banchiere, il tecnico proponeva soluzioni che rendevano contenti padrone e prestatore di denaro.
E’ ovvio che mano a mano che il giro cresceva, il banchiere doveva trovare masse di denaro sempre più ingenti e per farlo, doveva andare da altri ricchi e convincerli che l’avarizia non rendeva: per convincerli, a parte la morale, prometteva anche a loro di dare più denaro di quanto ne ricevesse entro un anno dal momento del prestito, naturalmente dicendo che avrebbe garantito loro il 10 % della somma iniziale, cioè guadagnando anche su quel prestito.
In questa prima fase della ricostruzione, si sono volute fissare alcune delle modalità fondamentali in base alle quali si sviluppa la relazione tra finanza, produzione, sviluppo tecnologico e lavoro.
Come si può vedere, il meccanismo, nella sua astrazione, sembra perfetto: lo sviluppo della produzione fa circolare il denaro più velocemente, le idee innovative vengono prontamente applicate e le capacità produttive crescono.
Solo che ci si scontra con alcuni fenomeni che astratti non sono: se si produce sempre di più, è fondamentale trovare mercati sempre nuovi, nel mentre gli schiavi salariati si arrabbiano vedendo il proprio padrone sempre più ricco grazie al loro lavoro, nel mentre i nobili ed i re cominciano a preoccuparsi della crescita abnorme dei borghi di loro pertinenza.
I “borghesi” cominciano a diventare un problema!
Maneggiando sempre più denaro, imprenditori e banchieri cominciano a dominare sempre più persone ed attraggono forza lavoro dalle campagne, destabilizzando il potere dei nobili e dei re. Naturalmente nelle città mangiano sempre più persone e di fatto le città diventano punto di riferimento per una nuova classe emergente, che sono i lavoratori salariati.
I lavoratori salariati sono diversi dai servi della gleba: anch’essi mandano i loro figli a lavorare in fabbrica fin da piccoli, anch’essi non hanno scelta. Però sono tanti, tutti insieme e vedono una trasformazione vorticosa del mondo che li circonda, trasformazione di cui loro sono gli artefici, ma non i beneficiari.
Cominciano a farsi strada pericolose idee di uguaglianza in una società in rapida trasformazione, idee che, fino ad un certo punto, sono condivise anche dai borghesi ricchi.
Le idee di uguaglianza sono quindi strumentalizzate dai borghesi ricchi, che da ora in poi chiameremo solo “borghesi”, per abbattere il potere delle precedenti classi dominanti, cavalieri, nobili, re, ecc.: ma ben si guardano dal portarle alle conseguenze definitive.
In altri termini: lo sviluppo della ricchezza viene rivendicato tanto da loro, quanto dai lavoratori salariati, che chiameremo “operai” per brevità, ma questa uguaglianza metterebbe in pericolo il loro potere. Quindi vogliono si un cambiamento, ma solo quel cambiamento che garantisca la loro affermazione, non di più.
Facciamo un passo indietro.
Nella produzione industriale avevamo visto l’affermazione di due punti di vista: quello dell’industriale, Factotum, e quello del banchiere, Circolazio.
Il punto di vista di Factotum, inizialmente, era quello che parte dalla merce: la merce gli permette di accumulare denaro che gli permette di acquistare altra merce, esseri umani che vendendo il loro lavoro producevano altra merce, che a sua volta di trasformava in più denaro con il quale si moltiplicava il possesso di beni, merci e l’accumulo di potere.
Circolazio era un poco anch’esso posseduto da Factotum, nel senso che dalla buona sorte di quest’ultimo, dipendeva la possibilità di Circolazio di vedere moltiplicare il suo denaro.
D’altro canto i Factotum, tendevano a moltiplicarsi velocemente, copiando gli uni dagli altri, rubando idee, intelligenze, intuizioni, lavoratori e tecnici gli uni agli altri e gli uni dagli altri.
Solo che, come dicevamo, il limite era nella capacità di assorbimento del mercato: a forza di produrre sempre di più, tendevano a scontrarsi con il fatto che i mercati non riuscivano più ad assorbire tutte le merci e il meccanismo si inceppava.
Si viveva nel paradosso per il quale il momento di maggior sviluppo della ricchezza, produceva improvvisi tracolli: la moltiplicazione ad un certo punto perdeva di significato. Se non c’era più nessuno in grado di comprare tutti quei maglioni e tutti gli altri beni prodotti, allora tutta la circolazione si fermava e tutti tornavano poveri.
Circolazio compreso. O perlomeno ci perdeva anche lui un bel po’.
Solo due fattori tendevano a perpetuare lo sviluppo di questo meccanismo: le lotte operaie e le guerre.
Infatti gli operai, unendosi insieme in partiti, sindacati o più spesso in modo spontaneo, tendevano a rifiutarsi di lavorare in condizioni disumane: chiedevano di partecipare ai benefici derivanti dal loro lavoro. Questo fatto, se dal punto di vista del singolo padrone era da considerarsi una rovina, perchè significava che gli schiavi salariati non obbedivano più al suo comando, dal punto di vista dei padroni e dei banchieri considerati come un aggregato, entro certi limiti era una benedizione. Il limite da non superare consisteva nel fatto che gli operai non dovevano sostituirsi ai padroni nella gestione diretta della produzione, rendendo di fatto inutili, conseguentemente, anche i banchieri.
Le idee socialiste, poi comuniste, che prevedevano un uso sociale degli strumenti della produzione, cioè prevedevano di produrre tutto quanto era necessario al bene comune attraverso la socializzazione della proprietà delle fabbriche e delle ricchezze accumulate, erano esattamente il nemico da combattere: si doveva evitare che gli operai gestissero direttamente la ricchezza sociale.
Veniamo però all’altro aspetto della questione: le guerre.
Dal punto di vista della riproduzione di un meccanismo astratto, cioè dal punto di vista della necessità di moltiplicare all’infinito il ciclo denaro, merce (produzione, lavoro), più denaro di prima, necessità che è tipica di un meccanismo definito “capitalista” per brevità, una guerra, se vinta, era un gran bell’affare. Significava acquistare merci da consumare per la vittoria, acquisire direttamente il controllo di nuovi beni, di nuovi territori, di nuovi esseri umani, per poi passare alla ricostruzione in un ciclo enorme di distruzione di beni per produrre altri beni.
La prima e la seconda guerra mondiale avvenute nel secolo scorso, rappresentano due momenti fondamentali di sviluppo del dominio della modalità di produzione capitalista.
Però non solo quello: ci sono parti intere del mondo in cui viviamo, che hanno visto centinaia di milioni di esseri umani tentare di costruire un modo di vivere che si basa sui principi del socialismo, di cui abbiamo parlato prima.
Quindi nel mentre il sistema capitalista vive il massimo della sua potenza, alcuni territori sfuggono parzialmente al suo controllo.
La lotta tra la classe dei borghesi e quella degli operai, anche definita dei proletari, produce uno scenario inedito, un periodo della storia denso di contraddizioni che si alimentano reciprocamente.
Poi annoderemo anche questo filo.
Cosa succede nel frattempo in quello che diventa il paese capitalista più importante del mondo? Gli Stati Uniti già negli anni ’20 del secolo passato, dopo aver visto una moltiplicazione del loro potenziale produttivo determinata anche dalla partecipazione più o meno diretta alla prima guerra mondiale, cadono in una depressione economica travolgente, che li vede proiettarsi in una spirale di impoverimento tremenda.
Il meccanismo capitalista si è inceppato: il massimo sviluppo produttivo, si è scontrato con il limite massimo di assorbimento del mercato e questo si è rivelato un boomerang tremendo per tutta la fragile economia capitalista statunitense e per buona parte di quella mondiale. Nel 1929 la borsa di New York crolla.
I disoccupati si moltiplicano e le casse dello stato si svuotano, perché coloro che possono pagare le tasse sono sempre di meno.
E’ in questo contesto che avviene la più grande innovazione tecnico-istituzionale che ridà speranza ad una struttura produttiva che dimostra tutti i suoi limiti: un economista, tale John Maynard Keynes, propone di interrompere la ricerca ossessiva del pareggio di bilancio dello stato, sostenendo che l’impulso positivo che viene all’economia dall’intervento dello stato, alla lunga crea un ciclo di crescita che permette di appianare il debito precedentemente accumulato (secondo alcuni osservatori, si pensa anche che il debito venga finanziato da altri stati più deboli che vengono nel frattempo depredati).
Di fatto, le politiche di debito dello stato, da fenomeno transitorio, diventano un fatto strutturale degli stati capitalisti dominanti nel ventesimo secolo.
Riprendiamo il filo del banchiere che finanzia l’imprenditore: se ci pensiamo, è come se tra i due soggetti nascesse una società, vincolata sulla base del comune interesse per il profitto. E’ abbastanza naturale che si sviluppi l’idea della cessione da parte dell’imprenditore di una parte della azienda al suo o ai suoi finanziatori, al fine di ottenere un interesse comune derivante dall’attività svolta dai subalterni. Possiamo dire che è una società per compiere determinate azioni che portano un guadagno: infatti queste società si chiamano società per azioni, anche se le azioni corrispondono a dei titoli di proprietà di un pezzo di azienda. In altri termini, la proprietà della società viene frazionata attraverso l’emissione di titoli di proprietà: l’industriale tiene per sé la maggioranza e vende una parte della proprietà della azienda suddivisa in tanti piccoli pezzi, in modo da frazionare la proprietà stessa tra tanti piccoli proprietari che nulla possono decidere del destino della azienda stessa.
Perché è conveniente frazionare la proprietà in questo modo?
Perché questo permette di farsi dare soldi anche da possessori di denaro che non conoscono direttamente Factotum, ma che capiscono che è un tipo in grado di far guadagnare denaro.
Immaginiamo coloro che dovevano costruire ferrovie: come si potevano trovare tutti i soldi necessari a costruire opere così colossali, che mettevano al lavoro tanti esseri umani e trasformavano il destino di intere nazioni?
Anche le assicurazioni erano forme di partecipazione al rischio di impresa: io devo trasportare un carico di tessuti delle fiandre in america: potrebbe esserci un maremoto, un attacco da parte dei banditi, una malattia dell’equipaggio che porta la nave alla deriva. Come faccio a scommettere su di una cosa così difficile: se le cose vanno male, magari sono rovinato. Ecco allora che mi assicuro: do ad un assicuratore un bel poco di denaro, a patto che lui me ne dia tanto di più se le cose vanno male. Certo che se le cose vanno bene, l’assicuratore si tiene il denaro senza fare niente altro. E’ un modo di scommettere sulla riuscita di una impresa.
Ed è proprio sulla base del principio della scommessa che, ai primi del settecento le grandi società coloniali, quelle che sviluppano affari nei territori colonizzati dalle potenze occidentali come l’Inghilterra, ad esempio, con la famosa “Compagnia delle Indie”, cercano di utilizzare una raccolta diffusa di denaro per poter finanziare i loro colossali progetti di sviluppo. Con una clausola interessante concessa dal re: la separazione tra responsabilità patrimoniale di chi determina i destini della società da quella di chi mette solo denaro. Infatti se ti metti in società con qualcuno per fare qualcosa che risulta fallimentare, o dannoso o illegale e la società va male, sei corresponsabile di quanto avete fatto. Nel caso di questo tipo di “comproprietà” se io ti cedo del denaro e sei tu che fai quello che vuoi, mi viene concesso di non avere responsabilità per ciò che tu hai fatto.
Sulla base di questo modello, verso la fine dell’ottocento nascono le società anonime, che si chiamano così proprio sulla base del fatto che la proprietà di parti della società non ha nessun nome, nel senso che se compro una azione non viene scritto nei registri della società che io sono un proprietario assieme agli altri.
Allora dove andrà Circolazio a vendere le azioni di Factotum, dove troverà dei soggetti che vogliono dare soldi senza conoscere l’imprenditore? E soprattutto: cosa guadagna chi diventa proprietario in quel modo?
Il guadagno consiste nel fatto che se le cose vanno bene, tra gli azionisti a fine anno vengono suddivisi gli utili; quindi senza nulla fare, solo dando denaro, alla fine dell’anno mi ritrovo che attraverso l’attestato di proprietà, mi arriva denaro. E’ ovvio che mi viene voglia di prendere altra proprietà e l’idea di si diffonde e la domanda di quelle azioni, quei certificati di proprietà aumenta.
E dove sono quei soggetti che hanno soldi da investire?
Nei mercati; certo non nei mercati di paese, ma magari nei grandi mercati del nord Europa, nei quali tra fine ottocento e primi del novecento si definivano i prezzi delle derrate alimentari e delle materie prime, grazie alla quantità di beni prodotti in quel periodo che incontravano le necessità di coloro che ne avevano bisogno ed avevano i fondi per acquistarli e distribuirli.
In Belgio, per esempio, nella piazza di Bruges, i mercanti si trovavano in una piazza dominata da un palazzo di proprietà dei Van der Borse e l’appuntamento era noto come “ci si incontra à la borse”.
E’ proprio alla borsa che ci si scambiano titoli di credito e in fondo cosa è un certificato di proprietà se non un titolo di credito?
Solo che dopo poco, avviene un fenomeno molto particolare e molto nuovo.
Mentre all’inizio è il dividendo di fine anno che produce l’interesse di Circolazio e degli altri speculatori come lui, quando la proprietà viene “quotata” in borsa, l’interesse di Circolazio si sposta. Perché succede che se l’azienda che vuole vendere azioni è promettente nei suoi sviluppi, allora coloro che chiedono di comprare le azioni si moltiplicano, diventano tanti e Circolazio, che coglie sempre l’opportunità di fare soldi, comincia a rivendere le azioni ad un prezzo più alto di quanto non sia il valore nominale della porzione di azienda venduta.
Questo lo rende felice, sia perchè porterà più soldi a Factotum di quanti ne aveva promessi, sia perché una parte di quegli stessi soldi in più, resterà nelle sue tasche!
Nel frattempo si verificato un fenomeno paradossale: la cupidigia dei compratori che vogliono accaparrarsi le azioni di quella determinata azienda, hanno prodotto la moltiplicazione del valore nominale di quella stessa azienda!
Se all’inizio del processo di vendita le azioni di un pezzo di quella azienda, supponiamo un terzo, valevano mille e alla fine il valore al quale venivano scambiate era arrivato a duemila, si era verificato il raddoppio del valore nominale di tutta le quote della azienda stessa. Quindi “le aspettative” dei compratori di quella azienda avevano prodotto una moltiplicazione fittizia della ricchezza di quella azienda e dei possessori di quei titoli di proprietà.
Allora è evidente che l’interesse di Circolazio cominciava a cambiare: infatti moltiplicava i suoi denari molto più velocemente comprando e rivendendo le azioni, piuttosto che nell’attesa dei risultati del dividendo di fine anno della azienda stessa.
Certo: anche quello era importante, perché l’azienda doveva essere attiva. Ma il beneficio economico più grande, lo si ricavava dal gioco, dalle scommesse che si facevano sui destini della azienda, più ancora che dall’esito concreto della azienda stessa.
Era come se il processo astratto che avevamo visto all’inizio analizzando il punto di vista di Circolazio che da una somma di denaro che veniva prestata alla produzione, riusciva a ricavare più denaro, cioè grazie alla circolazione Denaro1 – Merce – Denaro2 con Denaro2 che doveva essere maggiore di Denaro1, si sostituisse una nuova forma di circolazione più redditizia, cioè Denaro1 – proprietà nominale di parti di aziende – Denaro2.
Ricapitoliamo:
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per Factotum l’interesse prevalente era la materia ed il potere sulla materia, importava la circolazione M-D-M, in particolare;
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questo suo interesse si intrecciava con quello di Circolazio, che era interessato in particolare alla moltiplicazione della astrazione del potere rappresentato dal Denaro ed era interessato in particolare dalla circolazione D-M-D, cosa in buona parte condivisa anche da Factotum, in realtà;
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sia Circolazio, poi di conseguenza anche Factotum, si rendono conto che la moltiplicazione del fattore Denaro si sviluppa più velocemente e produce risultati più rapidi attraverso la compravendita che si sviluppa in borsa. Figurativamente potremmo dire che la circolazione in borsa avviene tra tre momenti astratti: Denaro1 – Proprietà (che nasconde la promessa di altro denaro) – Denaro2.
Solo che quest’ultimo processo necessita di un numero di investitori in costante aumento, per poter funzionare.
Dove è possibile trovare tutti questi risparmiatori o investitori?
Nel frattempo la società si è ulteriormente evoluta: la lotta di classe ha prodotto la necessità di redistribuire parte degli utili ai subalterni ed è diventato necessario fornire garanzie ai subalterni diretti, magari distribuendo loro parte delle razzie che le classi dominanti fanno in giro per il mondo, grazie al sottosviluppo, alla dominazione diretta tramite le dittature fantoccio di cui gli Stati Uniti saranno beneficiari assieme ai paesi del cosiddetto “occidente industrializzato” oppure a quella indiretta, con i governi fantoccio che garantiscono lo sfruttamento delle materie prime, mantenendo la popolazione a livelli di povertà più o meno sopportabile.
Inevitabilmente questo determina la fuga dal sottosviluppo per una parte crescente di coloro che vengono dominati più selvaggiamente, ma i destini dei singoli non sono contemplati tra le preoccupazioni né di Factotum, né di Circolazio. Per loro e per i loro governi, i subalterni sono solo bestie da guidare e controllare.
Alla fine degli anni ’80 del secolo scorso, provano addirittura il brivido del crollo di quella che appare come l’utopia socialista, attraverso la quale la collaborazione sociale doveva sostituire lo sfruttamento: l’Unione Sovietica ed i suoi satelliti crollano di fronte all’ennesimo innalzamento di livello della guerra fredda. L’ipotesi di costruzione del cosiddetto Scudo Stellare nel 1983 propugnata dall’allora presidente degli Stati Uniti, mette in ginocchio l’Unione Sovietica, che sotto la costante pressione della corsa agli armamenti ha sviluppato una società asfittica, militarizzata, burocratizzata, una società senza speranze di riscatto che si ripiega su sé stessa e crolla progressivamente, nella drammatica dimostrazione concreta che l’antico adagio secondo il quale “il socialismo sarà mondiale o non sarà” non rappresentava una vuota affermazione di principio, ma una durissima realtà.
Nel mentre crollano le ipotesi politiche sperimentate nei paesi dell’est Europa e la Cina trasforma la sua ragione sociale in una dittatura che governa una specie di capitalismo temperato, ma non meno selvaggio, tutti i vecchi equilibri politici mondiali e gli squilibri economici che da essi traevano senso, perdono di significato.
In particolare l’altissimo tenore di vita che si è sviluppato in Europa a partire dalla fine della seconda guerra mondiale, che era giustificato dall’esigenza di costruire un baluardo contro la caduta dei paesi dell’Europa occidentale sotto il controllo socialista, cessa di avere significato.
Tutte le strutture che negli Stati Uniti si erano sviluppate per una certa qual modalità di controllo del mondo, rischiano di perdere la loro ragion d’essere, i loro finanziamenti e la loro giustificazione.
Il Giappone prima e la Cina dopo, cominciano a farsi strada per il controllo delle materie prime africane, perché le loro economie cominciano a prosperare. Gli stessi stati occidentali, gli stessi Stati Uniti si cominciano a domandare se la loro base militare privilegiata in medio oriente, Israle, debba continuare a svolgere lo stesso ruolo di sempre, o non sia preferibile una normalizzazione e lo sviluppo di altri tipi di relazioni con il resto del nord Africa.
Compaiono film come JFK in cui il vecchio assetto di potere statunitense viene attaccato in modo pesante.
Per il vecchio establishment guerrafondaio, è necessario trovare un nuovo nemico globale per giustificare il proprio potere: l’Islam radicale viene indicato come nuovo possibile fantasma e finalmente nel 2001 con l’attacco alle torri gemelle trova il suo sbocco spettacolare per permettere la ricerca di un nuovo equilibrio basato su una nuova economia di guerra e di aggressione.
Tuttavia è una soluzione che non riesce a modificare le tendenze di fondo di un capitalismo diffuso di nuovo su tutta la terra, quelle tendenze note sotto il nome di “globalizzazione”.
Il tentativo di dare una logica, un “indirizzo politico” al capitalismo globale sotto la spinta del militarismo americano, è destinato a fallire.
Quale è, dunque, la logica vincente?
Si deve tener conto che accanto a Factotum e a Circolazio, era comparsa un figura nuova che chiameremo Speculo.
Speculo si sviluppa nell’ambiente della borsa, considerando la nuova caratteristica del mercato azionario di cui più sopra avevamo appena accennato, in base alla quale è molto più redditizia la vendita dei titoli, piuttosto che il dividendo delle aziende che vengono acquistate in modo parziale.
I frutti della produzione arrivano con lentezza e, considerando un mercato in espansione, si assiste ad una vera e propria divaricazione tra i dividendi, che arrivano una volta l’anno, e la compravendita pura, che dà un risultato in tempo reale, immediato.
Speculo si interessa di moltiplicare il numero degli acquirenti, perché se acquistano sempre più persone si verifica il fenomeno magico per il quale si moltiplica il numero dei ricchi, almeno a livello nominale.
Spieghiamo meglio, facendo un passo indietro.
Ricordate che il valore di una azienda che si quota in borsa, può moltiplicarsi del doppio o anche del triplo o più del valore nominale iniziale, solo sulla base della spinta della domanda: molti potenziali compratori di quel titolo, producono la spinta verso l’alto del valore del titolo stesso.
Ipotizzate che questo non si verifichi solo per una azienda, ma si verifichi per tutto ciò che viene venduto e quotato in borsa in maniera aggregata: se tutto quanto cerco di vendere, trova compratori in eccesso, allora tutto aumenta di valore e tutti i compratori continuano a moltiplicare il valore delle azioni in loro possesso.
Questo fatto determina un fascino straordinario per le sorti miracolistiche della borsa: diventa interessante anche per un vecchio pensionato, affidare i propri risparmi al proprio bancario di fiducia, che attraverso alcune operazioni, sarà in grado in certi periodi di raddoppiare i risparmi del pensionato, nel giro di qualche mese, talvolta meno.
Tuttavia non è il bancario di questo tipo che possiamo definire “Speculo”.
Speculo lavora a livelli di complessità molto più vasti: il bancario è solo un terminale suo, come di Circolazio, come anche di Factotum.
La sua visione è mondiale: se una fabbrica in Europa mi permette una possibilità di guadagno di pochi punti percentuali, mentre la stessa fabbrica in Cina o in India mi permette una possibilità di guadagno di 100 o mille volte superiore grazie allo sfruttamento selvaggio della manodopera ed agendo sul differenziale tra prezzo di produzione e prezzo di vendita nei mercati più ricchi, è ovvio che Speculo non esiterà a promuovere il movimento dei capitali di sua pertinenza, nei luoghi in cui ottiene un risultato migliore.
Si arriva dunque al paradosso che i risparmi degli anziani di un paese di antica industrializzazione, vengono utilizzati per spazzare via da quel paese le strutture produttive che avevano permesso a quegli anziani di accumulare un poco di benessere. E tutto questo proprio prescindendo dall’utilità sociale di quegli strumenti produttivi: se una fabbrica era in grado di produrre auto in Europa, ma costava meno produrle in Brasile, per poi rivendere le auto sempre in Europa, Speculo certo non esitava. Nessuna preoccupazione per coloro che perdendo il lavoro si trovavano nella disperazione più nera, né che il loro lavoro potesse avere una utilità reale: per Speculo l’unico problema era avere dei denari da dare ai suoi finanziatori.
Speculo si occupava solo di trovare acquirenti sempre nuovi in senso aggregato.
In altri termini, la domanda di fondo è la seguente: come possiamo trovare sempre nuovi acquirenti?
Ricordiamo chi erano i primi investitori: ricchi commercianti, una esigua parte di nobili con qualche liquido da investire, ecc., insomma una èlite.
Poi iniziano ad investire anche gli assicuratori e i Factotum di maggior successo, che certamente non si lasciano scappare la possibilità di diventare soci di parte di aziende con interessi diversi, ma talvolta di controllare anche il destino di potenziali concorrenti, proprio operando sul mercato azionario.
Questa è la norma.
E questo porta la borsa ad un certo livello di sviluppo, ma troppo limitato per le ampie ambizioni di Speculo.
Speculo si rende conto che nel gioco della compra-vendita, l’importante è la velocità delle transazioni, non la qualità di ciò che si possiede. O meglio: lui sa che fino a che le azioni cambiano di mano velocemente, nessuno si metterà a guardare cosa ha in mano, perché avrà costantemente l’impressione di avere qualcosa che vale sempre di più, visto che ci sarà sempre qualcuno che, qualora volesse vendere, comprerà volentieri ad un prezzo più alto.
Speculo è molto attivo e determinato, osannato da Factotum che vede moltiplicarsi il valore delle sue aziende, anche se magari le deve smontare da un luogo per rimontarle in un altro, ed è adorato da Circolazio, che non sa più come fare per gestire montagne crescenti di ricchezza.
Speculo comincia a suggerire a Circolazio: perché non coinvolgi coloro che depositano soldi nelle tue banche e che si fidano di te, a guadagnare di più investendo i loro soldi in borsa?
Tutti sono presi dalla febbre delle percentuali: anche i vecchi operai in pensione, i vecchi commercianti con qualche risparmio, tutti diventano assetati di percentuali, contenti di poter prendere il 6 invece del 2,5 % sui loro soldi a deposito, anche se la differenza a fine anno magari sarà di 30, 40, magari 100 euro.
Gli uffici di Circolazio si moltiplicano: su tutto il territorio ogni persona che abbia qualche soldino, troverà a sua disposizione un nuovo sportello bancario al quale rivolgersi per poter diversificare i suoi investimenti. Si crea una nuova mobilità: persone entrano ed escono dalle banche tutti i giorni, controllando flussi e trasformazioni del valore di titoli che non sapranno mai a cosa corrispondono. Del resto non interessa: poco importa cosa compri o vendi, importa che moltiplichi il tuo gruzzolo!
Alcuni definiscono questo periodo della storia “turbocapitalismo”; noi ci accontenteremo di considerarlo il periodo della “idrovora”.
Cosa fa una idrovora?
Una idrovora è una pompa di grandi dimensioni che succhia acqua da un punto e la porta in un altro.
E’ esattamente la cosa che fa la borsa con il denaro: succhia denaro da un luogo e lo sposta in un altro in cui quel denaro trova una migliore capacità di valorizzazione, o così si fa credere.
Perché diciamo “così si fa credere”?
Perché il fatto che la ricchezza possa moltiplicarsi all’infinito è, naturalmente, una assurdità: l’importante è che coloro che danno il denaro, “credano” che ciò possa avvenire.
Ancora un piccolo riassunto per poter andare avanti: per ottenere un aumento del valore azionario, non è necessario che tutte le azioni delle aziende vengano rivendute, ma solo una percentuale sufficiente a moltiplicarne il valore.
E’ dunque necessario che ci siano sempre nuovi fondi che vengono immessi nella borsa.
Abbiamo parlato prima dei risparmi dei piccoli risparmiatori, ma dal punto di vista di Speculo, ogni riserva di ricchezza che non prende la strada del gioco in borsa, è riserva sprecata.
Ecco allora che Speculo, per esempio in Italia, si rivolge ad imprenditori e sindacati, perché una grossa riserva di denaro immobilizzato era messa da parte dalle aziende per pagare il TFR (il Trattamento di Fine Rapporto), cioè una cifra che ogni anno veniva accantonata per ogni operaia ed ogni operaio e che ora viene incanalata attraverso i fondi pensione nel gioco in borsa.
Del resto tutti i fondi pensione nei paesi a cosiddetto “capitalismo avanzato”, fanno la stessa fine.
Del resto i sindacati facevano gli interessi degli operai aiutandoli a moltiplicare i loro risparmi, no?
Basta crederci.
Così per Speculo, era inammissibile che ci fossero fonti possibili di ricchezza che restavano nelle mani di piccoli amministratori locali: pensate all’elettricità. L’elettricità fino ad alcuni anni fa era in mano ad un ente pubblico nazionale, che la vendeva a delle aziende di proprietà pubblica su scala locale, che la distribuivano ad un prezzo calmierato ai singoli cittadini. Un vero scandalo! Una circolazione enorme di denaro, che dal pubblico tornava al pubblico, senza che Speculo ne potesse trarre nessun vantaggio! Ecco allora che Speculo vuole, pretende la privatizzazione di queste imprese: la parola d’ordine è che il privato gestisce meglio, spreca di meno, fa lavorare di più.
Ed ecco che l’Enel, l’Ente Nazionale Energia Elettrica, viene privatizzata.
Perché?
E’ una azienda in perdita?
No, l’utile netto di bilancio del 1998, l’anno precedente la privatizzazione, è di 2,072 miliardi di lire.
E’ una azienda in cui gli addetti lavorano male?
No, è una della aziende che, pur lavorando con impianti ad alta tensione, garantisce un ambiente di lavoro con uno standard di sicurezza che non ha eguali in Europa.
Forse le famiglie pagano la corrente elettrica troppo cara?
No, esistono diversi casi in cui la privatizzazione ha comportato aumento del prezzo: quella ferroviaria lo insegna.
Tuttavia la privatizzazione è stata fatta: Speculo ha fatto capire a qualcuno giusto, che i dividendi ed il giro azionario avrebbero portato a giri di denaro pressoché incontrollabili ed … ampiamente redistribuibili. Tra i consumatori? Bé, non proprio.
L’importante è credere, ma soprattutto è far credere che la privatizzazione comporti dei benefici per tutti i cittadini.
Come si fa a diventare credenti?
Tanti economisti parlavano da anni del problema delle bolle.
Se volessimo essere poetici potremmo dire che le bolle si creano con le … balle!
Se noi compriamo delle azioni che poi aumentano di valore e di fatto diventiamo più ricchi, poi lo fa il mio vicino di casa ed anche lui diventa più ricco, poi se tutti in quartiere lo fanno e di fatto diventano più ricchi, poi magari nella mia città tutti quelli che possono lo fanno e diventano più ricchi e la ricchezza nominale cresce.
Poi ad un certo punto Speculo si rende conto che tutti quelli che possono sono già stati cooptati dentro il grande gioco; allora comincia ad avere timore.
L’idea che gli viene è: devo fare in modo di poter far giocare anche quelli che non possono permetterselo.
Ad esempio: tutti hanno bisogno di una casa.
Allora se io dico a Circolazio di concedere mutui a tutti coloro che sono senza la casa, anche se non possono permetterselo, facendo pubblicità in televisione, con volantini, ecc. cosa succede?
Dalla parte della costruzione non ho problemi: non devo anticipare danaro, visto che ci sono capitali illegali che sono in grado di provvedere alla costruzione delle opere.
Visto che so che i mutui concessi non mi verranno restituiti, posso fare una operazione di cartolarizzazione, andando in borsa a farmi dare quei soldi che non possono venire dai miei creditori.
Come faccio?
Quello che sta facendo ad esempio la Banca Popolare dell’Emilia in questi giorni: prendo tanti mutui, li cedo ad una società inventata separata patrimonialmente da me, che può anche cambiare le condizioni dei mutui stessi, che rivende questi mutui mettendoli tutti insieme in una serie di obbligazioni che verranno portate in borsa. Se sono bravo, come erano bravi quelli di Lehman Brothers, posso fare questo gioco in modo sofisticato, mettendo insieme mutui di gente che paga, con mutui di persone che non pagano, mescolandoli magari con azioni ad alto rischio che possono portare ad un rendimento tale da azzerare le perdite e costruire un mondo in cui la falsità regna sovrana.
Questo significa che, in apparenza, Speculo ha realizzato il sogno di tanta povera gente che mai avrebbe potuto permettersi una casa, cedendo il debito ad altri risparmiatori che acquistando quelle obbligazioni di fatto regalano denaro a … Speculo, i Factotum costruttori e Circolazio, che ad ogni operazione prende comunque la sua parte.
Dalla parte della borsa, Gonzo il credente, vede aziende costruttrici che crescono in capitale e mezzi e commesse, ecc. quindi tende ad investire in borsa su quelle stesse aziende, che aumentano vertiginosamente il loro valore, magari compra anche, senza saperlo, parte del loro debito e contribuisce a rendere più grande la falsificazione … ma non lo fa apposta! Lo fa solo perchè Speculo gli fa vedere che può moltiplicare il suo denaro.
Quando cessa di funzionare questo meccanismo?
Bè, chiariamo che Speculo fa di tutto per ottenere un meccanismo che si svincoli il più possibile dalla realtà: la chiamano “finanza creativa” ed assisteremo ai “bilanci creativi” in cui è impossibile capire se una società è in attivo o in passivo. Ad esempio: un prestito è un debito o un credito? O meglio: è un attivo o un passivo? In teoria è una uscita di cassa, cioè un passivo. Ma se io considero che un giorno mi ritornerà indietro, lo metto nella lista degli attivi ed ottengo un risultato abbastanza diverso, non vi pare?
E’ interessante leggere un pezzo di definizione di finanza creativa che si può trovare su wikipedia: <<finanza creativa è una branca della scienza delle finanze di nuova coniazione che sta ad indicare l’uso dell’intelletto umano per trovare soluzioni ed ideare manovre finanziarie atte a migliorare situazioni compromesse o bisognose di una rapida crescita. >>
I maggiori osservatori di borsa internazionali se lo chiedevano continuamente: quando cesserà di funzionare questa enorme mole di bugie che sostengono l’economia?
Parmalat è stato l’emblema della perfezione di questo meccanismo di falsificazione della realtà.
Dietro ad una azienda sana, dopo una serie di investimenti che avevano portato sul lastrico il proprietario, si erano create le condizioni per poter costruire il meccanismo perfetto: il titolare era diventato un uomo di paglia costretto a coprire tutte le menzogne che si facevano grazie al suo nome, mentre banchieri di ogni e grado, insieme a politici di ogni colore, insieme a finanzieri di ogni nazionalità, costruivano operazioni sempre più sofisticate e sempre più vuote di contenuto, obbligazioni che mai sarebbero state pagate, operazioni di acquisto di aziende decotte, rivendita di queste in pacchetti che poi tornavano in borsa attuando un rastrellamento di denaro buono, fino a che …
Fino a che qualche voce di troppo sfugge al controllo, diverse persone che comprano e vendono grandi quantità di titoli, si rendono conto che la finzione è arrivata al limite massimo e cominciano a disfarsi di quelle azioni che non sono buone ed il passaggio di voce crea una voragine finaziaria.
E’ in quelle condizioni che la borsa rallenta.
Il sintomo del disastro è lì: il rallentamento. Il turbo si rompe.
Fino a che le cose vanno bene, il passaggio di mano della proprietà dei titoli è quello che pare produrre moltiplicazione nominale di ricchezza: quando i credenti cominciano a perdere la loro fiducia, la loro fede vacilla, allora cominciano i problemi.
Il problema nasce da una domanda: cosa ho realmente in mano?
E’ come quando in una partita a poker si va a “vedere” il punteggio che gli altri giocatori hanno in mano.
A quel punto si crea il panico: come si fa a sapere cosa si ha in mano quando si hanno obbligazioni composte da differenti parti di cui è impossibile rintracciare l’origine?
Si comincia a pensare che a tenere azioni o obbligazioni in mano, sia rischioso, si comincia a pensare che l’ultimo che tiene in mano il cerino, si brucerà.
Allora si cominciano a cercare dei titoli buoni.
Le bolle di volatizzano, le false ricchezze scompaiono, si cominciano a valutare i titoli, uno ad uno.
Fino a che anche i titoli degli stati cominciano ad essere guardati con sospetto. Magari la scelta con la quale si procede, può anche essere orientata da una scelta maliziosa, tuttavia i problemi restano, anche se si tiene conto di questo aspetto del problema.
Ricordate che avevamo parlato del debito pubblico come un modo per rilanciare l’economia?
Come si costruisce il debito pubblico?
Emettendo delle promesse di pagamento con le quali, tanto per cambiare, uno stato si impegna a restituire più denaro di quello che viene prestato. Del resto in una economia in espansione, lo stato via via incassa più tasse, quindi tende a poter fare fronte alle promesse di pagamento che aveva emesso.
E quando una economia non è più in espansione? Come può uno stato pensare di pagare?
Cosa succede in particolare all’Italia, per esempio.
Una nazione può sperare di continuare a crescere in una economia competitiva se riesce a produrre un livello di innovazione costante o crescente nel tempo, che rendano i suoi prodotti costantemente cercati dal mercato.
Tuttavia questo paese alla fine della guerra fredda, diciamo dal 1980 in poi, si è trovato in una situazione interessante per troppi interessi convergenti: era uno stato con una economia molto articolata, una struttura industriale molto agile, seppur frastagliata, una sistema scolastico di buon livello che, pur nelle sue innumerevoli pecche, era in grado di garantire una riproduzione di conoscenza di alto livello, con un sistema di garanzie sul terreno del lavoro, da cui potevano trarre pericolosi insegnamenti altri soggetti organizzati di altri paesi.
Tuttavia il sistema sindacale italiano, resta lontanissimo dalla possibilità di sviluppare un percorso di convergenza con le strutture sindacali degli altri paesi europei. Del resto questo è un fenomeno rispetto al quale è in ottima compagnia: non ci sono state riflessioni importanti nelle strutture sindacali degli altri paesi che abbiano visto convergenze significative. Diciamo che abbiamo assistito a sindacati con una visione nazionalista, quando andava bene. Quando andava male, con infiltrazioni di stampo localistico-razzista, come la forte influenza della lega nord sugli operai della Cgil nel nord Italia.
Del resto il crollo del cosiddetto “socialismo reale” omogenizza il già asfittico panorama culturale di questo paese.
Il partito più vicino ai paesi dell’est, cioè a quell’area del mondo che aveva tentato, senza successo, di liberarsi del giogo capitalista, cioè il PCI italiano, si ritrovava a dover reinventare completamente i suoi punti di riferimento, a dover faticosamente ricostruire una immagine liberale, cercando di emanciparsi dalla storica vicinanza con il movimento operaio nazionale.
Per un poco sembrò trovare una specie di nuova identità culturale nell’idea della costruzione europea e divenne un paladino del pareggio di bilancio in vista dell’entrata nell’euro. Ma non è stata una identità abbastanza diffusa nelle sue file, non prese veramente piede.
E’ per questo che al montare dell’onda anti-europeista che stava dietro all’ipotesi del centro-destra italiano, non è riuscito a porsi come alternativa culturale e si è ripiegato su posizioni filo-atlantiste, cioè di fiancheggiamento degli interessi americani, contentandosi di una specie di superiorità etica degli appartenenti al suo schieramento. Del resto già Romano Prodi era un uomo di Goldman Sachs, di una delle più grandi banche d’affari americana.
Per questo è al centro di un’area politica che non riesce neppure a fiancheggiare le posizioni tedesche di non intervento in guerra nel primo decennio 2000, facendosi forza di un movimento spontaneo anti-guerra di dimensioni enormi, nel passaggio che caratterizza la guerra in Afghanistan.
Del resto, agli Stati Uniti, che avevano tentato di spingere con forza sul possibile fallimento finanziario dell’Euro nell’anno che precedeva il suo conio come moneta corrente, dovevano spingere sulla possibilità di utilizzare stati compiacenti per destabilizzare un colosso economico come avrebbe potuto essere l’Unione Europea.
L’Italia svolge, anche grazie al suo “utile idiota” come la Cia definiva il presidente del consiglio italiano, un ruolo di devastazione del consesso europeo perfettamente funzionale agli interessi statunitensi. I vari insulti ai tedeschi, il paese che sicuramente rappresenta la spina dorsale dal punto di vista economico di ogni possibile progetto europeo, fanno parte di un disegno preciso, seppur condotto in modo cialtronesco.
D’altro canto è nel 2007 che la borsa italiana si fonde con quella di Londra, cioè durante il governo Prodi, completando un processo iniziato grazie alla privatizzazione della borsa italiana promossa da Mario Draghi ed iniziata attraverso un decreto legislativo del 1996, cioè varato dall’allora governo Prodi, chiaramente in ottemperanza ad una direttiva europea. Nulla di drammatico, ma certamente questa è la registrazione di una qualche forma di alleanza o comunque di interlocuzione costante, tra il capitalismo italiano e quello di area anglosassone, che si attua, in questo caso, grazie all’attivismo del centro-sinistra.
Tuttavia il governo di centro-destra non si limita a minare il processo di convergenza europea, ma svolge una funzione attiva di declassamento dell’Italia come stato industrializzato.
L’attacco non è frontale, ma abile, progressivo, determinato.
L’idea è quella di destrutturare il tessuto produttivo del paese, rafforzando via via il ruolo dell’economia del mattone: è su quello che si costruisce il compromesso tra centro-destra e centro sinistra. Mentre il centro-destra è fortissimo nei legami con l’economia illegale che ripulisce denaro attraverso il mattone grazie ad imprese del centro-sud, il centro-sinistra attraverso le cooperative rosse cui si sommano anche quelle bianche, è ben contento di condividere buona parte dei misfatti in cui i loro apparenti avversari li coinvolgono.
E’ per questo che sprofondiamo in una italietta cui solo un’impossibile personale politico di grandi vedute avrebbe potuto garantire un differente destino, un personale politico impossibile da costruire da parte della rete delle piccole e medie imprese che caratterizzano il nostro paese, incapaci di concentrare i denari sufficienti a far emergere un interesse altro, che nessun imprenditore sente come suo, essendo legato al suo punto di vista particolare, subalterno a quello dei grandi gruppi. Siamo un paese che può emergere dal pantano solo grazie ad uno sforzo titanico da parte delle classi subalterne, le uniche che potrebbero farsi interpreti di un interesse generale, da condividere con le nuove generazioni dei paesi in lotta dal mediterraneo agli USA, attraversando l’Asia.
Che ha combinato, dunque, il governo precedente, con la evidente complicità della cosiddetta opposizione, sul piano dell’indebitamento dello stato?
Una cosa molto semplice: se ne è riempito le tasche, sue, di quelli dell’opposizione e di tutti coloro che erano collusi con la fase di espansione dell’economia del mattone.
Quindi il debito è andato alle stelle; tuttavia il debito attuale, non è il più alto in assoluto rispetto al prodotto interno lordo. Nel 1994 il debito pubblico italiano era di quasi tre punti percentuali più alto di quanto non sia stato alla fine del 2010, eppure non si parlava di default dell’Italia di allora.
Perché dunque se ne parla adesso?
Perché, come dicevamo più sopra, le borse sono ferme e chi ha in mano delle promesse di pagamento ha cominciato a chiedersi chi onorerà i propri debiti.
Dunque uno Speculo di importanza senza pari, la Goldman Sachs, ha messo alla guida dello stato italiano un suo uomo, convincendo il primo ministro precedente a questa abdicazione attraverso una serie di manovre finanziarie che cominciavano a far fluttuare in modo pericoloso il valore delle azioni delle sue proprietà, che tuttora non godono di ottima salute.
Cosa raccomanda Goldman Sachs al sig. Mario Monti, la mano sinistra di Dio? Semplice: di trovare i soldi per pagare le promesse di pagamento dello stato italiano alle prossime scadenze.
Ecco perché ha costretto la sua ministra al pianto in diretta nel mentre prendevano i soldi dalle pensioni pubbliche: sono persone colte, che sanno che stanno mentendo agli italiani. La ministra sapeva che non era una questione di sacrifici che venivano chiesti ai suoi concittadini, ma che si trattava di un vero e proprio furto con scasso ai danni delle lavoratrici e dei lavoratori, fatto senza contropartita ed in uno scatto di dignità, non ha voluto pronunciare una menzogna in diretta mondiale.
La mano sinistra del Dio Denaro, non si è fatto di certo scrupoli del genere: Lui, la parola sacrifici, la ha pronunciata eccome.
Lui sa bene che mandando meno persone in pensione, ci sarà meno ricambio sui posti di lavoro e meno persone che potranno far muovere l’economia verso un incremento dei consumi. Perché chi va in pensione, mantiene capacità di spesa e chi va a lavorare in sostituzione acquisisce capacità di spesa: bloccare questa dinamica, significa bloccare l’economia, è abbastanza evidente.
Tuttavia la borsa necessita di rassicurazioni sul fatto che lo stato italiano possa pagare i suoi debiti e sicuramente l’Inps è l’unico ente in attivo dal quale prelevare a man bassa, come stanno facendo da anni tutti i governi che si sono succeduti. I soldi dell’Inps sono soldi che provengono dalle tasse che i lavoratori italiani versano attraverso le trattenute in busta paga.
L’altra cosa che verrà garantita alle lavoratrici ed ai lavoratori italiani è esattamente il taglio delle garanzie contro gli abusi dei padroni: in altri termini i padroni italiani, o cinesi o tedeschi a seconda dei casi, potranno disporre a loro piacere della nostra forza lavoro, tagliando buste paga, imponendo orari fantasiosi, utilizzando a loro piacere le conoscenze che si sono via via sedimentate nel nostro tessuto produttivo.
Eppure sia chiaro: il capitalismo, le borse, le banche, gli istituti di rating, non sono come il sole, le piante, l’ossigeno. In altri termini: sono produzioni umane di una certa epoca storica, nessuno può pensare che siano cose di cui non è possibile fare a meno, che sempre sono esistite e quindi sempre esisteranno. Questo sistema di produzione è un fenomeno piuttosto recente nella storia umana ed è possibilissimo costruire una alternativa: magari non è un fatto semplice e neppure banale. La certezza è che non solo è possibile: è anche necessario e dobbiamo costruire questa alternativa nel più breve tempo possibile, perché la distruzione che ci garantiscono loro è ogni giorno più devastante e si respira come la sensazione che ci rimanga poco tempo a disposizione.
Il fenomeno Parmalat ha dimostrato che nulla, nessuna componente di questo sistema di produzione, di questo sistema creditizio, di questo sistema politico è sano. Non esistono imprenditori onesti e banchieri disonesti: se viene loro richiesto gli imprenditori spostano la loro produzione dove più rende e conviene, non c’è problema, oppure abbattono i salari ai livelli che saranno richiesti, anche se loro preferiscono dire “nel modo che si renderà necessario”. Non esiste finanza buona e finanza malata: esiste un meccanismo di moltiplicazione che tutti devono comunque salvaguardare a qualunque costo, a prescindere dalle conseguenze a lungo termine delle loro scelte. Finché tiene, tutte e tutti sono disposti a stendere tappeti rossi per coloro che inventano scatole vuote, prodotti finanziari fittizi, bugie sotto forma di impegni obbligazionari di ogni tipo: quando il meccanismo crolla, quando la fede vacilla, sono sempre disposti a scaricare qualcuno per cercare di salvare il salvabile. Con loro non c’è via d’uscita, non c’è nessun futuro possibile.
Nonostante questo la mano sinistra di Dio ti sta chiedendo: tu sei ancora un credente?
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