Più repressione per tutti… tranne per gli amici
Daspo che arrivano a 10 anni. Arresti con flagranza differita. Stadi chiusi per chi ha condanne per reati non da “stadio”. Introduzione di una sorta di “pentitismo” sportivo Ecco il decretobis di Salvini, che però continua a fare l’amico degli ultras
È il giorno 11 giugno, Matteo Salvini, con un post su Facebook annuncia il varo nel Consiglio dei ministri del Decreto Legge cosiddetto «Sicurezza bis».
Sulla sua pagina ha scritto: «Habemus decretum! Lotta ancora più dura all’immigrazione clandestina, pene più severe per chi aggredisce le forze dell’ordine, 800 assunzioni per l’esecuzione delle pene dei condannati in via definitiva…e molto altro». Annuncia così, il vicepremier e ministro dell’Interno, il decreto passatonella sua ultima versione, dopo un travagliato lavoro di limatura, probabilmente anche in interlocuzione coi giuristi del Quirinale, e una serrata trattativa politica fra Lega e M5s, che ha portato a correggere le precedenti bozze, almeno cinque, del Viminale.
Scorrendo tra gli articoli si arriva al Capo III “Disposizioni urgenti in materia di contrasto alla violenza in occasione di manifestazioni sportive.”
Nell’articolo 13 vengono introdotte le nuove misure per il contrasto di fenomeni di violenza connessi alle manifestazioni sportive. Il questore potrà dunque disporre il divieto di accesso agli impianti sportivi per svariati motivi. In primis, coloro che risultino denunciati per aver preso parte attiva a episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive, o che nelle medesime circostanze abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza. La medesima disposizione si applica anche nei confronti di chi, sulla base di elementi di fatto, risultino avere tenuto, anche all’estero, sia singolarmente che in gruppo, una condotta evidentemente finalizzata alla partecipazione attiva a episodi di violenza, di minaccia o di intimidazione, tali da porre in pericolo la sicurezza pubblica o da creare turbative per l’ordine pubblico nelle circostanze di manifestazioni sportive. Quel che spaventa è l’introduzione di una fattispecie di una sanzione fondata su responsabilità oggettiva e cultura del sospetto: gli elementi di fatto, sono ben diversi da condanne! Terza ipotesi di impossibilità di accesso risiede per chi sia stato condannato, anche con sentenza non definitiva, nei precedenti cinque anni, per i reati di detenzione e porto d’armi illegale, per l’uso di casco protettivo, per chi si sia recato in stadio con emblemi o simboli razzisti-nazisti-contro etnie, per l’utilizzo di striscioni e cartelli incitanti alla violenza o recanti ingiurie o minacce, o per alcuno dei delitti contro l’ordine pubblico o dei delitti di comune pericolo mediante violenza, rissa, rapina e delitti concernenti sostanze stupefacenti o psicotrope, oltre che per i reati specificati dal Codice Antimafia, anche se non connessi a momenti sportivi.
Questa è una novità sostanziale, sulla scorta di quanto avvenuto per la tessera del tifoso, infatti, chiunque abbia ricevuto denunce e condanne come sopra, anche se non definitive e nei passati 5 anni si vedrà “affibbiare” un Daspo, una sorta di pena accessoria oltre a quanto già si stia scontando. Sempre in materia di Daspo, quest’ultimo è stato peggiorato in termini di massimo edittale, dagli otto di prima ai dieci anni di oggi, aggravandolo ancor più se in presenza di recidiva.
Come se non bastasse, sono stati inseriti strumenti, dalla dubbia costituzionalità, come quello della cd. “flagranza differita”. Se risulta da strumenti informatici o circuiti (videocamere, video smartphone), si eseguirà l’arresto come se la condotta stesse avvenendo in flagranza.
Infine, è stato introdotto una sorta di “pentitismo” in versione sportiva, con sconti sui periodi di inibizione per quanti oltre ad esprimere viva redenzione per quanto commesso, si attivino aiutando le indagini, il cd. “ravvedimento operoso”, già conosciuto nell’ambito penale come revirement da parte dei mafiosi. Il ministro degli Interni, ad ogni modo, continua con il metodo del “un colpo al cerchio e uno alla botte”: se da un lato sembrerebbe essere diventato il nemico numero uno del mondo Ultras, dall’altro garantisce lui per determinate tifoserie.
Oggi le notizie scrivono che il Ministro sia sceso personalmente in campo per garantire il normale svolgimento della festa della curva nord dell’Inter. Qualche giorno fa, infatti, è stata revocata l’autorizzazione da parte dell’amministrazio del comune di Milano affinché non si svolgesse la festa da tenersi in Parco Valentino. Salvini ha dichiarato:«Come ministero dell’Interno siamo sicuri di poter garantire la sicurezza e l’ordine pubblico. Anche perché al momento non sono emersi problemi. Auspico che il Comune di Milano decida in tempi rapidi – ha concluso Salvini -, confermando il via libera alla festa della Curva Nord dell’Inter».
È solo un caso che, Matteo Salvini, milanista sfegatato, abbia preso le difese della curva dell’Inter due giorni dopo aver inaugurato nuove politiche repressive nei confronti degli Ultras? Personalmente, mi verrebbe da dire, no! Un tifoso nerazzurro, Luca Da Ros, arrestato per avere partecipato agli scontri di via Novara tenutosi prima della partita Inter-Napoli dello scorso 26 dicembre, ha specificato nomi e cognomi degli otto ultras che avevano preso parte agli scontri, facendo addirittura arrestare l’ultrà Marco Piovella. Da Ros è andato avanti nonostante le minacce social piovutogli addosso dal mondo ultras, anche perché la sua collaborazione gli è valsa la concessione da parte del gip degli arresti domiciliari. Sei mesi dopo, ecco arrivare la stretta repressiva nei confronti degli “ultras violenti”, per preservare la “mano buona” nei confronti dei “pentiti da stadio” e, come ciliegina sulla torta, una buona parola del ministro per la tifoseria nerazzurra.
Sembrerebbe iniziata una nuova fase per la politica repressiva negli stadi, tale probabilmente costerà la corsa da parte del mondo ultras ai fini di diventare “amico” del ministro Salvini. Ci attendono, sul serio, mesi confusi e frastagliati.
Davide Drago
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