Polonia, la rivolta del web
A Varsavia, Cracovia, Poznan, Wrloclaw, Danzica, per citare le grandi città, ma anche nei piccoli centri e nei paesini di campagna la protesta ha fatto sentire la sua voce. Un’onda colorata e spontanea, senza bandiere di partito, è scesa per strada. E’ bastato il passaparola sui social-network per mettere le ali al movimento di protesta, con le manifestazioni che si sono susseguite per tutta la settimana, riuscendo a catalizzare l’attenzione dei media e soprattutto aprire un dibattito pubblico senza precedenti sulla questione. Ma andiamo per ordine.
Tutto ha inizio una settimana fa, quando Wikipedia Polska denuncia sulla propria home page l’intenzione del governo polacco di firmare la legge anti-pirateria senza aver prima promosso una discussione pubblica con gli operatori e gli utenti. Inizia il tam-tam sulla rete. In poche ore monta la protesta sul web col moltiplicarsi dei gruppi di discussione sui socialnetwork. Il governo però ribadisce l’intenzione di andare avanti. Ed ecco che la scorsa domenica viene accesa la miccia che dà fuoco alle polveri. I siti web della presidenza del consiglio, dei ministeri della pubblica istruzione e della cultura e quello del parlamento vengono messi fuori uso. Immediata la rivendicazione dell’attacco con un messaggio su tweeter da parte di Anonymous: «La rivoluzione polacca è iniziata», scrivono gli hacker, invitando tutti gli internauti alla mobilitazione.
La risposta del governo è stizzita: «Non ci faremo dettare l’agenda politica da un gruppo di criminali informatici». Parole che si trasformano in un boomerang. Nel giro di 48 ore la protesta si sposta dalla rete alle piazze: diecimila persone a Cracovia e altrettante a Varsavia martedì e mercoledì. Nei giorni successivi altre migliaia di dimostranti per strada in tutta la Polonia. Il governo guidato dal liberal conservatore Donald Tusk viene preso alla sprovvista. Nessuno si aspettava una protesta spontanea di tali dimensioni. La prima marcia indietro arriva giovedì: «Il governo firmerà il trattato, ma sarà il parlamento a decidere sulla ratifica».
Insomma, non c’è niente di definitivo. Ma ormai la frittata era fatta, con i sondaggi che decretavano la popolarità del premier a picco tra gli under 30. «Non siamo stati in grado di capire una cosa fondamentale – ha commentato il ministro della digitalizzazione – oggi per i nostri giovani, il concetto di libertà non è più l’indipendenza della Polonia, come lo era ai miei tempi quando lottavamo contro il comunismo. Oggi, per loro la libertà è il web».
di Mauro Caterina per Il Manifesto
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