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Democratici, meritevoli e razzisti

“Le democrazie non si fanno la guerra tra loro;  l’allargamento dei regimi democratici è condizione di una pacificazione globale del mondo;  la difesa della sicurezza delle democrazie implica anche l’emergere di compromessi, in cui il diritto si piega di fronte alle esigenze di salvaguardia delle nostre democrazie.” Queste alcune delle teorie esposte nei libri e negli editoriali di Angelo Panebianco, docente alla Scuola di Scienze Politiche di Bologna e importante commentatore del Corriere. Peccato non ammettere che le tanto pacifiche democrazie esaltate da uno dei più grandi baroni dell’Ateneo bolognese la guerra la facciano quotidianamente nei confronti di chi non è evidentemente meritevole del tenore di vita occidentale, tenore di vita da difendere secondo Panebianco anche controllando l’impatto delle migrazioni.

Razzismi democratici della peggior specie, accumulati da una sola constante. Quella del trattare con disprezzo reale, dovuto ad una volontaria inazione, chi muore ogni giorno nel Canale diSicilia o affronta esodi biblici dovuti ai bombardamenti delle potenze democratiche. Quelle potenze democratiche che facevano affari con Gheddafi o con Assad, che tramite Banca Mondiale e Fondo Monetario impongono politiche assassine ai paesi più poveri del mondo, che sostengono i peggiori dittatori in Africa e Sud-Est asiatico. Per poi però non volersi piegare neanche ad ospitarne le vittime, ma che anzi si impegnano nell’oliarne lo sfruttamento come avviene anche da noi, sia nelle aziende della logistica o nei campi di pomodori. E allora via ad uno sfoggio prepotente e disgustoso di razzismo democratico, sulle pagine di oggi del Corriere della Sera, che trascura il suo tradizionale aplomb per ospitare una sequela di affermazioni all’insegna del peggior razzismo istituzionale.

“L’unico criterio su cui è possibile fondare una politica razionale dell’immigrazione, per quanto arido o «meschino» possa apparire a coloro che non apprezzano l’etica della responsabilità, è dunque quello della convenienza, della nostra convenienza.”…” Una volta adottato con franchezza ci consente di porci il problema – che altri Stati si sono già posti – di come selezionare gli immigrati. È evidente che se usiamo il criterio dell’accoglienza non possiamo selezionare. Invece, possiamo, e dobbiamo, farlo alla luce delle convenienze. Di quali immigrati abbiamo bisogno?”

Le dichiarazioni di Panebianco sono senza dubbio più pericolose, in termini di impatto sulle vite di centinaia di migliaia di persone che si muovono alla ricerca di migliori condizioni di vita ogni giorno, dei soliti ignobili sproloqui della Lega contro la Kyenge. Il fido cagnolino del capitale Panebianco ci mette qui di fronte alla natura reale del capitalismo opprimente della nostra vita di ogni giorno: il razzismo è un’ideologia che affonda le sue radici in maniera profonda nell’utilizzo della segmentazione su base etnica del mercato del lavoro e della guerra come dispositivi di sfruttamento e messa a valore, come strumenti di profitto basato sullo sfruttamento.

Ancora più gravi queste parole allora, che fungono da contrappeso all’ondata di indignazione scaturita dalle immagini vergognose delle condizioni dei CARA e dei CIE che la Fortezza Europa ha instaurato nel nostro paese. E che avevano spinto ancora più avanti la volontà comune di chiudere quei lager a cielo aperto che talvolta neanche vengono raggiunti da chi trova nel Mediterraneo la propria tomba. Ma questo non è certo conveniente, come direbbe Panebianco, per i poteri forti che le sue parole macchiate di sangue giustificano ancora una volta.

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