
L’invasione della Striscia di Gaza per continuare il genocidio e imporre il controllo biopolitico
Il piano di invasione della Striscia di Gaza annunciato da Benjamin Netanyahu aggiunge orrore ad orrore.
Non ci sono sufficienti parole per descrivere quanto disgusto provochi il piano ideato e approvato dal Gabinetto di Guerra israeliano per l’invasione della Striscia di Gaza. Il piano prevede l’occupazione militare del 90% della striscia e rinchiudere l’intera popolazione nel restante 10%.
Come riporta Alessandro Ferretti: “Due milioni e duecentomila persone verranno costrette a stare a tempo indefinito in un’area di 45 chilometri quadrati, ovvero quasi cinquantamila persone per chilometro quadrato. Per farsi un’idea, la “zona umanitaria” avrebbe una densità abitativa quasi sette volte più grande di quella dell’affollatissimo comune di Milano… senza parlare del fatto che a Milano la gente abita in condomini a più piani, mentre a Gaza Israele li ha appositamente rasi tutti al suolo. In pratica, stiamo parlando di una densità abitativa paragonabile a quella di Auschwitz e naturalmente, nella zona non c’è nulla di nulla: niente acqua potabile, niente servizi igienici, niente elettricità, niente ospedali.. il niente.”
Le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno affermato che la nuova offensiva, denominata ‘Operazione Carri di Gedeone’, “comporterà un attacco su larga scala e lo spostamento della maggior parte della popolazione della Striscia, al fine di proteggerla in un’area libera da Hamas. E continueranno i raid aerei, l’eliminazione dei terroristi e lo smantellamento delle infrastrutture”.
Il piano è stato evidentemente a lungo ponderato e non è iniziato con l’annuncio di Netanyahu, ma con lo stop agli ingressi di aiuti umanitari che dura da due mesi con l’obiettivo di gettare la popolazione della striscia nella più totale disperazione con i segni di una carestia che si fanno sempre più evidenti. Sì perché, oltre all’occupazione militare, il piano prevede un rigido controllo della distribuzione degli aiuti umanitari da parte dell’IDF. Il piano prevede la creazione di grandi centri di distribuzione gestiti da appaltatori privati nel sud di Gaza, dove i rappresentanti selezionati di ogni famiglia palestinese potrebbero recarsi per ritirare pacchi alimentari. Le truppe israeliane sorveglierebbero le basi, che probabilmente sarebbero situate in una vasta zona larga fino a 5 km attualmente in fase di sgombero lungo il confine con l’Egitto.
Nella retorica israeliana l’obiettivo di questa manovra sarebbe quello di impedire ad Hamas di gestire la distribuzione degli aiuti, ma in realtà quello che vorrebbe mettere in atto Israele è un vero e proprio esperimento biopolitico: utilizzare il ricatto della fame come strumento di disciplinamento della popolazione al fine di rompere i legami sociali dei palestinesi di Gaza e imporre un regime di sopravvivenza condizionata all’obbedienza all’occupazione.
Come scrivevamo qui:
Prima del 7 ottobre, il regime israeliano in Palestina operava come una sofisticata macchina di comando in cui apartheid, assedio e sorveglianza formavano un dispositivo integrato di governo coloniale. Gaza era ridotta ad uno spazio di confinamento assoluto e veniva gestita come laboratorio necropolitico, mentre in Cisgiordania la frammentazione territoriale e il controllo capillare governavano l’accesso della popolazione palestinese alla vita e al suo inserimento all’interno delle catene produttive israeliane secondo una logica di disciplinamento e contenimento. Questo regime non era solo puro esercizio di forza, ma una forma di dominio che si presentava come amministrazione tecnica della normalità e di fronte alla cui inamovibilità e progressione la testimonianza di solidarietà alla Palestina a cui eravamo abituati alle nostre latitudini si dimostrava sempre più incapace di incidere.
Ora l’obiettivo di Israele è imporre un ancora più atroce dispositivo di disciplinamento nella prospettiva, un domani, della definitiva pulizia etnica della striscia o quanto meno della destrutturazione totale dell’identità e delle comunità gazawi. Sulle macerie ed i cadaveri Israele vuole dimostrare di essere in grado di riprendere il totale controllo delle vite dei palestinesi, di decidere insindacabilmente chi vive e chi muore in base alla loro obbedienza al regime coloniale.
Non solo: il piano altro non è che la premessa al compimento del progetto israelo-statunitense immaginato per Gaza: senza l’imposizione di un nuovo rigido regime di disciplinamento i sionisti non riusciranno ad imporre la valorizzazione privata delle terre delle striscia, valorizzazione che inizia proprio dal meccanismo di distribuzione degli aiuti umanitari voluto dal governo israeliano.
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