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18 febbraio, corteo studentesco a Torino: un momento di riscatto!

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Riprendiamo dalla pagina del Kollettivo Studenti Autorganizzati Torino

 

La morte di Lorenzo prima e di Giuseppe dopo ci hanno posto come irrimandabile la necessità di scendere nelle piazze per metterci di traverso a questo sistema di morte dentro cui ci costringono a stare. La parola d’ordine è chiara: “vogliamo vivere”. Questo non è solamente un riferimento alle ingiuste morti di due nostri coetanei per mano della tanto decantata “scuola pubblica”, ma è un urlo che contempla le condizioni quotidiane di insofferenza che tutti/e sopportiamo dietro ai banchi di scuola e nella nostra vita.

Da settimane i giovani di tutta Italia scendono nelle piazze e occupano le loro scuole avendo ben chiaro chi siano i responsabili delle morti scuola-lavoro. E Confindustria è proprio l’organo per eccellenza che decide che all’anno possano morire 1400 lavoratrici e lavoratori e ormai abbiamo chiaro che questo macabro conteggio contempli anche noi. Se l’alternanza scuola-lavoro o nuovo PCTO esiste dobbiamo ringraziare proprio Confindustria insieme a Renzi e a tutti i ministri che si sono susseguiti che, non solo non hanno abolito l’alternanza istituita dal PD, ma che negli anni l’hanno resa obbligatoria come requisito d’ammissione all’esame di maturità. In sostanza, viviamo in un ricatto per cui se non andiamo per mesi a lavorare gratuitamente non ci viene concesso di possedere un pezzo di carta che certifica le nostre competenze. Ci dobbiamo poi sentire dire dal ministro Bianchi che a Lorenzo piaceva andare in fabbrica, e allora ci chiediamo, se anche così non fosse stato, Lorenzo non sarebbe morto? Lorenzo era obbligato a stare dov’era, gli piacesse o meno; esattamente come Giuseppe, morto sì per un incidente stradale, ma a bordo di un furgoncino su cui non sarebbe dovuto essere, durante le ore di stage. Non possiamo interpretare ciò come una casualità, ma come la conferma che sin dal 2016 abbiamo avuto ragione noi.

Venerdì il corteo, forte della determinazione e della voglia di riscatto una volta arrivato sotto Confindustria, ha espresso grande rabbia davanti a quel palazzo. In quella giornata abbiamo scelto di scendere in piazza e di puntare il dito contro i nostri nemici, gli assassini di Giuseppe e Lorenzo, e lo abbiamo fatto in maniera esplicita perché non ci interessa dare occasione alle istituzioni di utilizzare le nostre manifestazioni per dare prova di paternalismo e pacche sulle spalle. Quando decidiamo di conquistare lo spazio pubblico, lo facciamo per affrontare senza timore una realtà troppo stretta. Abbiamo dimostrato che esiste una netta differenza tra noi e una classe politica che dice una cosa e ne fa un’altra, noi in queste settimane di mobilitazione abbiamo sempre mantenuto le promesse fatte.

In questa giornata il corteo ha anche avuto la capacità di dare seguito alle nostre posizioni nei confronti delle rivendicazioni principali di questa mobilitazione, l’abolizione dell’alternanza scuola-lavoro e le critiche alla nuova maturità, pretendendo che le istituzioni diano delle risposte. Arrivati sotto L’USR (Miur), abbiamo chiesto che scendesse un delegato per assumersi l’impegno di soddisfare le nostre pretese di base, declinate in tre punti:

-IMMEDIATA SOSPENSIONE DEL PCTO E RIMOZIONE DI QUESTO COME REQUISITO D’ESAME DI MATURITA’

-ABOLIZIONE ISTANTANEA DELLA SECONDA PROVA ALL’ESAME DI MATURITA’

-L’IMPEGNO IRREMOVIBILE A GARANTIRE CHE NON CI SARANNO RIPERCUSSIONI SUGLI/SULLE STUDENTI/ESSE IN SEGUITO A QUESTA MOBILITAZIONI E ALLE OCCUPAZIONI

Come c’era da aspettarsi, nessuno è sceso da quegli uffici ma, senza farci scoraggiare, abbiamo dato un ultimatum di 3 settimane alle istituzioni per realizzare questi tre punti, al termine delle quali torneremo a chiedere conto. Siamo anche convinti che per soddisfare le nostre richieste non sarà sufficiente accogliere dei delegati o delle rappresentanze, saremo ancora una volta tutti e tutte insieme. Per noi è fondamentale che le istituzioni facciano dei passi decisivi nel dare concretezza alle loro parole.

“Vogliamo vivere” non è solo uno slogan, si tratta di una necessità per costruirsi un presente e un futuro migliori. Le parole di conforto dei ministri, le parole di condanna da un lato e di comprensione dall’altro riportate dai giornali, sono l’evidente segno di voler distogliere l’attenzione dalle priorità e dalle nostre richieste. La vera violenza sono le morti sul lavoro, la vera violenza sono le morti a scuola, la vera violenza è quello che è disposto a fare questo sistema pur di guadagnare.

Oggi la cosa importante è essere consapevoli che la forza collettiva che abbiamo costruito in questo ultimo mese è ciò che abbiamo di più prezioso. Per vincere va fatta crescere e coltivata, convinti del fatto che solo noi oggi abbiamo la possibilità di cambiare le cose, non possiamo delegare questa lotta a qualcun altro.

Lo dobbiamo a Lorenzo, a Giuseppe, a tutti/e i/le morti/e causati dal lavoro di merda a cui ci costringono, ma soprattutto lo dobbiamo a noi e a chi verrà dopo, per un’esistenza che valga la pena vivere.

La strada è ancora lunga ma il nostro entusiasmo, la voglia di lottare insieme e riprendersi un presente più giusto ci daranno la forza per andare avanti!

 

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