Bologna, di nuovo migliaia in corteo! No ai tornelli e a questo modello di città!
In corteo, come nei bar, nelle piazze e nelle lezioni, non si parla d’altro. Se dopo a seguito della partecipatissima assemblea di martedì la stampa cittadina è stata costretta a riconoscere il consenso intorno alla mobilitazione, aumentano sempre più i numeri dei partecipanti che sembrano quasi moltiplicarsi via via che vengono criminalizzati. I quattro gatti di cui si parlava all’inizio sono sempre di più, e sono sempre più rappresentativi
E’ una discussione continua cittadina che ha fatto macerie delle misere petizioni di ciellini e giovani democratici, e sempre più è capace di andare oltre la pur legittima questione dei tornelli per parlare di un modello di città. Le menzogne dell’amministrazione, le minacce del procuratore, sono respinte ai mittenti, mentre si afferma la forza della risposta collettiva che sta venendo data in queste giornate.
Mentre in tutta Italia nelle università si davano momenti di solidarietà alla lotta bolognese, la giornata bolognese è stata di lotta fin dalla mattina. In parallelo a quanto successo in altre località del paese, anche a Bologna è stato preso di mira il Rettorato, il cui corridoio è stato trasformato in una sala studio temporanea dove da un lato si leggevano libri e dall’altro si organizzavano gli ultimi preparativi per il corteo del 16.
L’obiettivo è ormai non mediabile: bisogna riaprire il 36, senza tornelli, e tornare a viverlo in maniera autogestita come reclamano le migliaia di persone che oggi hanno sfilato per la città. Se l’Ateneo non provvederà a quanto richiesto, gli studenti e le studentesse sono pronti a riaprilo con le loro mani.
Da piazza Verdi a piazza Puntoni, dove è presente la sede della mensa universitaria. Da lì in via Irnerio, poi nelle vicinanze della stazione, poi di nuovo su via Irnerio e in blocco dei viali. “Tout le monde deteste la police” e “Che cazzo ci fanno gli sbirri in biblioteca?” sono i cori più cantati mentre la viabilità è paralizzata.
Slogan a ripetizione per la liberazione di Sara e Orlando si accoppiano a quelli che esigono le dimissioni di Ubertini e Coccia, sottolineando nel contempo le responsabilità politiche dell’amministrazione PD di Merola del tentativo di desertificare la città attraverso l’attacco ai movimenti sociali e agli spazi liberati.
Il corteo finisce poi di fronte alla sala studio di via Zamboni 36, dove le forze dell’ordine non hanno effettuato alcun presidio. Finisce con i manifestanti che al grido di “Riapertura, riapertura!” battono forte sul portone annunciando la loro determinazione a continuare la battaglia.
Domani una nuova assemblea farà il punto della situazione, ma sembra evidente che sono all’ordine del giorno nuove giornate di lotta sul tema del libero accesso al sapere e non solo..
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