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La guerra entra in classe

I come Intelligence. Il nome del “progetto” non lascia spazi a dubbi o fraintendimenti. È il frutto di un recentissimo accordo – senza precedenti in Italia – tra il ministero dell’Istruzione e del merito e il dipartimento delle Informazioni per la sicurezza (DIS), l’organo della presidenza del Consiglio a capo dei servizi segreti.

di Antonio Mazzeo (giornalista ecopacifista)

“Nell’ambito di questo accordo, ha preso il via I come Intelligence, un percorso itinerante rivolto agli studenti del primo biennio delle scuole superiori”, spiegano i firmatari. “Esso è volto ad accompagnare i giovani alla scoperta di funzioni, compiti, organizzazione e protagonisti degli Organismi informativi, così come dei principali fenomeni di minaccia”.

Nello specifico, l’intesa Istruzione-DIS prevede l’organizzazione di “iniziative di divulgazione e formazione” rivolte alle nuove generazioni per “favorire la consapevolezza sulle funzioni assegnate all’Intelligence italiana” ed “esplorare la storia, il linguaggio, i protagonisti e l’organizzazione dei Servizi Segreti italiani, oltre alle principali minacce del mondo contemporaneo”.

Il via all’inedito progetto di educazione all’intelligence è stato dato lo scorso 16 aprile all’Istituto di Istruzione Superiore “San Benedetto” di Latina. “A dare il benvenuto ai ragazzi la mascotte Int che ha illustrato il percorso della mostra: diversi stand tematici con la possibilità di approfondire, attraverso un codice QR, la storia e gli eventi degli agenti segreti più famosi della storia, italiani ed esteri”, spiega l’ufficio stampa del Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza. “La mostra termina con un quiz per testare le proprie abilità di agente segreto e con la consegna a tutti i partecipanti di un tesserino da 007 in erba”.

L’iniziativa nella scuola di Latina è stata prontamente stigmatizzata dall’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e dell’università promosso lo scorso anno da oltre un centinaio di intellettuali, docenti universitari e insegnanti. “L’immancabile mascotte di turno e il gadget del tesserino da agente segreto sarebbero da relegare nel registro del comico se non fosse che proprio questo linguaggio apparentemente innocuo contiene in sé una fortissima attrattività nei confronti delle giovani generazioni”, spiegano gli esponenti dell’Osservatorio. “Attrattività che come docenti dobbiamo smontare e denunciare nella sua pericolosità, in quanto minaccia alla formazione di un pensiero critico e autonomo rispetto al militarismo e alla guerra”.

La cooptazione delle studentesse e degli studenti del primo biennio delle scuole secondarie di secondo grado (età compresa tra i 14 e i 16 anni) all’interno del sistema a capo delle Agenzie Nazionali di Intelligence e Sicurezza Interna ed Esterna (AISI ed AISE) è solo l’ultimo step del processo di militarizzazione e securizzazione che ha investito le istituzioni scolastiche italiane. Così come accadeva ai tempi del fascismo, nelle scuole di ogni ordine e grado si sperimentano comportamenti, percorsi e curricula del tutto subalterni alle logiche di guerra e agli interessi politico-militari dominanti. Non c’è giorno in cui gli studenti non vengano chiamati ad assistere a cerimonie e parate militari, presentat’arm e alzabandiera, conferimenti di onorificenze, mostre di antichi cimeli o di più moderne tecnologie di distruzione. Ci sono poi le attività didattico-culturali affidate a generali e ammiragli docenti (dalla lettura e interpretazione della Costituzione e della Storia all’educazione ambientale, alla salute, alla lotta alla droga e alla prevenzione dei comportamenti classificati come devianti, bullismo, cyberbullismo, ecc.); i cori e le bande di studenti e soldati; gli stage formativi su cacciabombardieri, carri armati, sottomarini e fregate di guerra; l’alternanza scuola-lavoro a fianco dei reparti d’élite delle Forze Armate o nelle aziende produttrici di armi. Il frenetico attivismo dei militari in ambito scolastico si manifesta anche con la raccolta e la donazione di libri e ausili didattici a studenti e istituti svantaggiati; l’istituzione di borse di studio o premi intitolati a “eroi” di guerra o a deceduti nel corso delle missioni internazionali; il lobbying sugli enti locali per intitolare nuovi plessi scolastici a dispersi in combattimento o a decorati con medaglie d’oro al valor militare.

Principio “pedagogico” perseguito dalla partnership forze armate/industrie belliche e ministero dell’Istruzione è quello di diffondere tra i giovani la “cultura della difesa e della sicurezza”, concetto mutuato integralmente – guarda caso –dal testo della legge n.124 del 2007 con cui sono stati riformati i servizi segreti. Tra gli obiettivi della nuova architettura d’intelligence veniva specificato infatti quello di “far crescere la consapevolezza per i temi dell’interesse nazionale e della sua difesa, in tutte le declinazioni che esso assume di fronte alle sfide della globalizzazione e alle minacce transnazionali che arrivano dentro il sistema Paese mettendo a rischio la sua integrità patrimoniale e industriale, la sua competitività, la sicurezza delle sue infrastrutture e dei sistemi informativi”.

“Il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza deve essere in continuo contatto con il sistema educativo, dalle scuole superiori alle università, e con tutti coloro che si occupano a vario titolo di intelligence e contribuiscono alla creazione di una via nazionale per la diffusione della cultura della sicurezza”, specificava la legge del 2007. Da allora è stato un crescendo di incontri, stage e proposte di orientamento “occupazionale” tra 007 e studenti, fino all’accordo quadro tra il ministero dell’Istruzione e del merito e il DIS dell’aprile 2024.

In linea al processo di revisionismo storico in atto nel Paese e di rilegittimazione dei “valori” educativi del Ventennio (Patria, nazione, onore, obbedienza, ecc.) può accadere che a far lezione a scuola siano chiamati perfino i componenti delle organizzazioni paramilitari che la Cia e la Nato hanno attivato in Italia in piena guerra fredda per “contenere” qualsivoglia spostamento a sinistra del quadro politico dominante. A Milazzo, in Sicilia, il 24 aprile la dirigente dell’IIS “Impallomeni” ha pensato bene di proporre agli studenti delle V classi un incontro di formazione su “Portella della Ginestra. Una storia di Potere, Mafia e Geopolitica”, relatore tale Maurizio Castagna, autore del volume Montelepre Caput Mundi. Una storia siciliana di patrioti, banditi e lotte sociali. Per l’evento è stato diramato anche un ordine di servizio per la “sorveglianza delle classi” rivolto ai docenti di filosofia e storia. Coincidenza vuole che proprio il nome di Maurizio Castagna compaia nell’elenco (“purgato”) dei 622 appartenenti all’organizzazione Gladio, reso pubblico nel 1990 dall’allora Presidente del Consiglio Giulio Andreotti.

Atleta della nazionale italiana di nuoto (medaglia d’oro ai Giochi del Mediterraneo del 1971), poi istruttore e docente all’Università degli Studi di Messina, Castagna ha pure collaborato con un’organizzazione non governativa in Afghanistan. In un’intervista rilasciata al giornalista Pino Aprile, l’ex gladiatore ha raccontato di essere nipote dell’ex capo del Sisde e poi della Polizia di Stato, Vincenzo Parisi, e di essersi avvicinato ai servizi segreti all’età di 22 anni, quando era residente a Napoli. “In Gladio ci addestrarono per anni; ci portavano in un aeroporto in pullman oscurati, come gli aerei con cui ci trasferivano in una base militare segreta: all’italiana, s’intende, ché al ritorno, i piloti caricavano casse di Cannonau di Alghero”, ha ricordato Castagna. “Insomma avrebbero fatto prima a dirci che eravamo a Capo Caccia. In tanti anni, mai visto un’arma. Non mi era chiaro a che pro tutto quell’addestramento, senza mai essere impegnati, neppure in un’azione dimostrativa. Poi, temo di averlo capito: siamo stati usati, per coprire una sezione sporca”.

Cosa il gladiatore ha avuto modo di raccontare agli studenti siciliani non ci è dato sapere, purtroppo. Di certo il suo volume sulla Strage di Portella della Ginestra nuota controcorrente. “All’interno di questa mia visione del mondo va inserito il saggio Montelepre Caput Mundi: un lavoro di analisi e lettura dei documenti presenti in archivi militari, processi e sentenze sulla strage di Portella, una rilettura dei fatti non politicamente corretta o, molto più semplicemente, sbucciata dalla finzione diplomatica”, spiega l’ospite d’onore dell’istituto scolastico di Milazzo.

La scuola va alla guerra e le guerre, i servizi e le organizzazioni paramilitari occulte occupano le aule scolastiche.

Foto: dalla pagina facebook de “La scuola va alla guerra” – Contestazione di studenti dell’Università di Padova (novembre 2019)

Articolo tratto dal Granello di Sabbia n. 53 di Maggio – Giugno 2024: “Chi fa la guerra non va lasciato in pace

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