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Pisa. Assemblea d’ateneo occupa verso il #15N

Già l’occupazione di ieri mattina dell’albergo, attualmente di proprietà del comune, di Santa Croce in Fossabanda ha posto nuovamento il problema della destinazione del patrimonio immobiliare pubblico. Questo è stato un primo gesto indice della necessità di riappropriazione di spazi pubblici che altrimenti sarebbero svenduti a speculatori privati o ingeriti in piani di alienazione per il finanziamento di opere pubbliche.

In particolare questo stabile sarebbe capace di ospitare centinaia di studenti e una mensa per quei poli didattici segregati in zona Piagge. Più volte era stato chiesto in sede istituzionale che fosse concesso Fossabanda al DSU, ma le richieste non sono mai state accolte. Anche ieri lo stesso muro di gomma è stato eretto dalle istituzioni.

Ma dall’assemblea di oggi si è voluto dare un forte segnale di attacco alle scelte politiche di chi ci espropria delle nostre risorse pubbliche. I partecipanti sono usciti in un corteo che ha percorso le strade della città, passando attraverso il Polo Fibonacci, un simbolo della carenza di fondi che dallo Stato vengono concessi agli studi, e muovendosi verso lo studentato mai aperto di via Da Buti, rivendicando passo dopo passo la legittimità delle lotte e la carenza di interventi da parte di chi, istituito, dovrebbe garantire il diritto allo studio.

Il corteo ha occupato lo stabile con l’intenzione di tenerlo per l’intera giornata di oggi e renderlo la sede dell’assemblea cittadina indetta per stasera alle 21.30 verso la mobilitazione del 15/11 p.v. per una nuova politica di welfare studentesco e sociale.

 

 

Di seguito riportiamo il report dell’assemblea d’Ateneo e il comunicato d’occupazione

 

Report assemblea

 

Oggi,12 novembre,gli studenti di pisa si sono riuniti in assemblea d’ateneo. Un assemblea che è riuscita a porre in essere le esigenze e i problemi che quotidianamente sono attraversati dagli studenti,frutto di un meccanismo di impoverimento che ricade direttamente sugli studenti.

Il problema della ricchezza sociale, della sua appropriazione e della sua redistribuzione è diventato fatto centrale nell’assemblea. Davanti a palesi squilibri in questo campo,noi studenti abbiamo deciso come organizzarci per riprenderci una quota di reddito di cui siamo privati. Quella del patrimonio immobiliare pubblico.

È infatti inevitabilmente risultata come emblematica della distanza tra l’immagine che l’università di pisa cerca di crearsi attraverso classifiche condotte arbitrariamente,e l’esigenza immediata dei 1500 studenti su 3000 che quest’anno non avranno l’alloggio, e che dovranno quindi pagare mensilmente (e spesso a nero) 350 euro circa ai soliti privati e speculatori.

Una contraddizione quindi, che ricade direttamente sugli studenti, e che presenta una situazione in città dove molteplici sono le strutture che possono essere utilizzate, ma che per motivi speculativi e di arricchimento vengono tenute volutamente chiuse! Un esempio può essere Fossabanda o Paradisa.

La chiusura della politica istituzionale verso l’espressione dei nostri bisogni sociali è stata confermata dall’inoperatività della Conferenza Università e Territorio del 21 ottobre e dal recente CdA d’Ateneo, ed è inoltre stata ribadita anche ieri con la criminalizzazione dell’occupazione di Santa Croce in Fossabanda, uno stabile che gli studenti vogliono aperta per rispondere alle esigenze studentesche sul patrimonio pubblico,e che invece è destinata a essere svenduta ai privati.

È necessario capire che oggi la pratica della riappropriazione dei nostri bisogni attraverso percorsi continuativi e reali è l’unica possibilità di strappare reddito da chi tenta quotidianamente di privarcelo.

L’alternativa al rifiuto di questo stato di cose, è l’accettazione. L’accettazione alla rincorsa a crediti sempre più inaccessibili per ottenere la borsa,al pagamento di affitti che costringono gli studenti fuori sede a lavorare o ad abbonamenti ferroviari carissimi.

Tutto questo in cambio di una didattica ormai completamente dequalificata e che non permette agli studenti di poter accedere alle risorse di welfare o semplicemente a vivere in università. Una didattica,che attraverso la parola d’ordine della meritocrazia, è la chiave di volta che permette l’esclusione di una grande fetta di studenti da una formazione dignitosa.

La soppressione di corsi di studio, insegnamenti e appelli d’esame, i corsi unici di transizione e i relativi debiti formativi imposti dalla modulizzazione degli esami, i ritmi di studio esasperati e il blocco dei turn over (i posti lasciati dai docenti che andranno in pensione saranno coperti solo del 20%) ne sono la testimonianza.

Un trattamento che risulta molto diverso nel caso delle scuole d’elite Sant’anna e Normale,dove il ricambio sarà invece del 200%, e dove molti servizi che non sono più accessibili agli studenti sono invece garantiti in queste scuole.

Una testimonianza è riportata da una studentessa di biotecnologie che ci parla della mancanza dei laboratori e il pericolo della chiusura della sua facoltà, la quale afferma che i laboratori in Sant’anna e Normale sono servizi esistenti. Una studentessa che come tante ha dovuto cominciare a lavorare per pagarsi l’affitto esorbitante,e che ha poi visto nella riappropriazione di uno spazio abitativo nello studentato occupato SPOT una soluzione per restare a Pisa e poter continuare a studiare al di fuori del ricatto del debito.

Ed è proprio attraverso la centralità dei bisogni pratici e quotidiani che l’assemblea ha deciso di andare a riaprire la residenza studentesca di via Da Buti, in progetto da 10 anni e ancora chiusa andando a indicare con un protagonismo concreto l’immobilismo di politiche che ci costringono a sacrifici intollerabili. L’emergenza abitativa e l’incrocio della mancanza di reddito con i problemi della didattica ci hanno fatto ritrovare oggi in assemblea per aprire un percorso di lotta che indica controparti precise nella governance cittadina, segnala gli scandali responsabili della nostra condizione e occupando apre spazi di confronto democratico reale e radicato nelle lotte e nei contesti sociali.

Da via Da Buti occupata infatti rilanciamo con un’assemblea pubblica cittadina per le ore 21 di oggi verso la giornata di mobilitazione del 15 contro le politiche di austerità.

 

 

 

 

Comunicato d’occupazione

 

 

Dopo la partecipata assemblea di ateneo, gli studenti e le studentesse sono andati in corteo a segnalare un altro immobile pubblico lasciato vuoto e inutilizzato: la residenza studentesca in Via da Buti, più volte inaugurata e mai aperta definitivamente. Anche questa occupazione vuole portare alla luce l’emergenza abitativa presente in città, inserendosi in un percorso rafforzato ieri dall’occupazione di Santa Croce in Fossabanda e che ci vedrà scendere in piazza il 15 novembre con lo scopo di far emergere nel dibattito cittadino sia il problema degli alloggi, sia la necessità che DSU, Comune e Università si confrontino con i bisogni reali dei soggetti sociali studenteschi nell’utilizzo dei beni immobili pubblici.

Le istituzioni di questa città – dal comune, al DSU, all’università – non possono continuare a mettere la testa sotto la sabbia quando oltre 1500 studenti risultano idonei ma non beneficiari di borsa di studio, quando i lavori in nero e sottopagati dilagano e i costi degli affitti salgono alle stelle. Il recente protagonismo e le occupazioni degli ultimi giorni sono un segnale che le istituzioni non possono permettersi di ignorare trincerandosi dietro le rituali formule del rispetto della legalità. Un problema di giustizia sociale deve essere posto. Per questo riteniamo legittimo ridiscutere con le nostre pratiche i limiti della stessa legalità costituita che ogni giorno ci costringe a fare sacrifici ingiusti. Il goffo tentativo di marginalizzare queste esperienze, criminalizzandole e tacciandole di antidemocraticità, non è altro che l’ennesima dimostrazione dell’incapacità delle istituzioni tutte di fornire risposte adeguate alle istanze che da mesi in questa città vengono poste da chi subisce la crisi.

In questi mesi abbiamo saputo costruire risposte legittime, anche oltre gli stretti limiti della “legalità”, per trovare quelle soluzioni che le istituzioni non hanno saputo dare. Anche l’occupazione di Palazzo Feroci a seguito della scorsa assemblea d’ateneo, come quelle recenti, segnala scelte politiche precise operate dal pubblico contro i nostri bisogni. Gli immobili pubblici vengono destinati ai piani d’alienazione o tenuti vuoti invece di essere destinati all’emergenza abitativa studentesca. Inoltre da Palazzo Feroci con l’apertura dello studentato autogestito Spot siamo stati in grado di fornire una prima alternativa per le migliaia di studenti traditi da un welfare incapace di garantire alcunché. Queste esperienze rivendicano un problema di equità e di decisionalità che non può essere ignorato da chi gestisce la cosa pubblica.

L’immobile di via Da Buti che oggi abbiamo chiamato in causa, è stato costruito dal comune di Pisa con lo scopo di cederlo all’Azienda Regionale per il Diritto allo Studio Universitario. Questo permetterebbe la creazione di 30 posti alloggio, e così un possibile alleggerimento dell’emergenza a fronte dello scenario emerso dalle graduatorie provvisorie del DSU. In progetto da oltre dieci anni, la sua apertura è stata piú volte promessa e mai mantenuta, rinviata più volte per il blocco dei finanziamenti a causa del patto di stabilità. Si parla ancora di rallentamenti di natura tecnica dei quali l’azienda e il comune devono farsi carico affinché la struttura possa essere al più presto resa fruibile. Situazioni come questa non possono più essere tollerate.

Il nostro territorio ha bisogno di risposte: per questo motivo scenderemo in piazza il 15 novembre, per riappropriarci del reddito che ci viene sottratto e costruire nuove forme di welfare all’altezza dei nostri bisogni e desideri.
Per questo stasera nella residenza studentesca occupata di via Da Buti abbiamo indetto un’assemblea pubblica cittadina di avvicinamento alla giornata del 15.

Le risorse ci sono, sono le scelte politiche a non rispondere ai bisogni sociali.

 

Assemblea d’Ateneo 12.11.13

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