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Ritorno a casa. Dentro la zona rossa di via Verdi 15

Mark Twain

Già dalla prima assemblea successiva allo sgombero, a Palazzo Nuovo Occupato, abbiamo chiarito un fondamento del nostro essere in movimento: nessuno si azzardi a utilizzare il verbo passato con la Verdi Quindici Occupata, siamo presente e futuro; non è ovviamente una questione grammaticale ma politica, che immediatamente diventa programma di lotta e resistenza.

Via Verdi 15 dalla mattina del 30 ottobre è circondata dalle molteplici camionette della polizia, dalle numerose forze dell’ordine che proteggono le transenne di acciaio che dovrebbero rappresentare la linea di confine della zona rossa. Guardando la militarizzazione che la questura di Torino ha ordinato lungo tutta l’area della Verdi Quindici Occupata c’è da scommettere che hanno paura delle nostre mosse, e per una volta, fanno bene, questa paura la debbono avere. I residenti della zona possono accedere alle loro case mostrando i documenti, esponendo il certificato di residenza, tutti gli altri debbono fare altri giri. I turisti sono allontanati, non si passa, per andare al Teatro Regio o in Piazza Castello o altrove bisogna fare altri tragitti, e la Verdi Quindici non si può visitare più perchè ora è un fortino della polizia.

Il turismo in via Verdi 15 è un’altra storia, che potrà far sorridere ma che innervosiva tanto un sindacato come il Sap (che qualche mese fa lo brandiva come ragione per lo sgombero), che quindi rappresenta una delle tante pagine scritte dall’occupazione, laddove la socialità e la condivisione non era interpretata dalla Verdi Quindici Occupata come bestemmia, come invece sembra facciano altri signori, in divisa o meno. Le loro città sono tristi e vuote e povere, il che diventa la ragione per la quale perderanno, perchè alla vita differente e dinamica che abbiamo conosciuto in via Verdi 15 non abbiamo nessuna intenzione di rinunciare.

Ma quell’architettura di sbirri e funzionari l’abbiamo rotta, siamo diventati capaci di fare anche questo: ce l’hanno insegnato dieci mesi di lotta. Siamo riusciti a superare le barriere della polizia, siamo riusciti a rimettere piede in quella che fino a martedì era casa e spazio comune di una collettività che ora, come i pirati sui loro vascelli di fortuna, darà battaglia fino all’ultimo respiro. Oltre la rabbia, oltre l’adrenalina del combattere, l’ingresso di via Verdi 15 ed il suo cortile sono un colpo al cuore, che ti lascia senza respiro per la bruttezza e per l’infamità di quello che stanno combinando in uno spazio che fino a ieri era voci colori e rumori ed oggi è ridotto a silenzio grigio e frastuoni. Anche l’emozione però, è politica, perchè diventa una motivazione in più per non arrendersi.

Non c’è più un manifesto attaccato, i muri sono stati devastati dalla furia della cancellazione, sventola solamente qualche angolo di carta duro a morire. I murales sono ancora lì, colorati e belli, interrotti solamente dall’opera di rimozione delle finestre sulle quali erano stati (in parte) disegnati. Le sedie di mille assemblee e i tavoli di mille iniziative sono radunati in cortile, ma la maggior parte sono già sopra camion carichi che non si capisce che direzione prenderanno. La stanza d’ingresso è stata devastata, c’è solo silenzio e qualche detrito per terra, mentre nel gabbiotto un uomo è indaffarato a sgarbugliare le carte bollate di una residenza universitaria che non c’è più, facendosi largo tra i materiali rimanenti di dieci mesi di occupazione.

Come sono tristi questi funzionarietti dell’Edisu, che si dimostrano sconvolti dalla vita che ha attraversato questo stabile, che s’inventano storie strane per rincarare la dose della frustazione per non aver avuto accesso in via Verdi 15 per quasi un anno, che magnificano non solamente la bellezza architettonica della struttura ma anche il radioso futuro comandato dall’Edisu… Nelle ciance silenziose del cortile si discute di bandi, di soldi, di ristrutturazione, e di altre idiozie di questo tipo. Idiozie perchè le chiacchiere stanno a zero dinnanzi alla realtà delle cose: il finanziamento ministeriale non è chiaro se arriverà, la proroga concessa nei mesi precedenti non è garanzia che i due milioni di euro promessi arriveranno per davvero da Roma; mentre il finanziamento regionale costituisce l’interrogativo più grande, perchè il presidente Cota e il suo assessore Maccanti hanno a più riprese dichiarato che l’intenzione di investire sul diritto allo studio non c’è, e che la disastrosa situazione finanziaria della Regione Piemonte non permette di dare alcuna garanzia sui due milioni di euro che dovrebbero cacciare.

Nel frattempo però il presidente dell’Edisu Trabucco ha mostrato la smania da bravo soldatino, mostrando riconoscenza e servitù a coloro che una poltrona sulla quale sedersi gliel’hanno garantita. Lo sgombero non è stato ovviamente motivato dall’impellenza di restituire via Verdi 15 agli ‘studenti veramente bisognosi’ (come dicono, come se noi fossimo alieni!), ma da un barbaro calcolo del revisore dei conti Edisu e dalla necessità di riappropriarsi di uno stabile fruttuoso, che si lo ristrutturi (speculando) o che lo si cartolarizzi (privatizzandolo). Le dichiarazioni dell’assessore Maccanti, di qualche mese fa, quando esplose la questione delle borse di studio non finanziate, restano lì a farci da monito: ‘il diritto allo studio non è una priorità della Regione Piemonte’. Lo sgombero di via Verdi 15 fa contento l’ex fascista diventato ciellino Trabucco, che si è imposto come capomastro dell’irruzione della polizia, il leghista Cota e la sua truppa di ladruncoli, che così vede realizzata la possibilità di mettere lo stabile nelle mani del mercato finanziario, ma anche il democratico Fassino e la sua banda di clienti fidati, che nella trasformazione metropolitana trova le motivazioni per altre vuote promesse, altri strutturali tagli e altre cooperative da assoldare.

La conferma di queste indicazioni l’abbiamo rinvenuta nel cortile della Verdi, dove lavora imperterrita questa gigantesca gru che recupera mobili, cucine, armadi; la Verdi la stanno svuotando di tutto. Dai balconi ogni tanto viene buttato giù qualcosa, a rinforzare un terribile assembramento di coperte, sacchi a pelo, televisioni, scatole e volantini: la quotidianità della Verdi Quindici Occupata viene raccolta in un angolo del cortile, pronta per essere buttata via. L’onta della pulizia totale deve però fare i conti con l’opera di demolizione della struttura che sta avvendo, a partire dai suoi arredi, ma anche dall’attività di messa in inagibilità del posto: tutti gli infissi sono stati tolti, le finestre sono state divelte. Gli accessi che danno sulla Cavallerizza sono stati murati per impedire futuri accessi, ma sbagliano ancora: noi, al contrario loro, ovunque andiamo passiamo dalla porta principale.

Abbiamo scattato furtivamente qualche fotografia, divincolandoci dagli occhi pedanti della polizia: l’abbiamo fatto per mostrare a tutti cosa stanno combinando là dentro, per avere un quadro dei piani dell’Edisu e della Regione Piemonte su quella struttura, per dimostrare (ancora) a sbirri e questurini che fermarci è davvero impossibile. La Verdi Quindici è dappertutto, la Verdi Quindici si riprende la città, la Verdi Quindici non si sgombera. Che dormano sonni agitati, ne hanno tutte le ragioni, perchè la Verdi Quindici Resiste.

Verdi Quindici Resiste

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