Scuola e sopraffazione
Snuff movies tra i banchi di scuola: ogni episodio di violenza catturato da smartphone tra le mura scolastiche si candida alle migliaia di visualizzazioni catturando un pubblico attratto da un misto di sadismo e curiosità morbosa. Così si passa da Scuola Zoo all’allarme bullismo. Con la complicità dei video-consumatori: chi lo guarda e chi lo commenta. Non i pedagoghi, ma i formatori, come si dice ora, salgono in cattedra!
Ora va per la maggiore e riaggiorna il filone la vicenda dell’istituto tecnico di Lucca dove un ragazzo urla al professore di mettergli sei. Lucca, Venezia, Velletri, Chieti ogni scuola in ogni angolo d’Italia è ostaggio delle gang di bulli, una categoria fuffa da sociologi on line utile a ridurre i fenomeni in ballo al binomio vittima/aggressore per punire l’aggressore e riconsegnare la vittima al suo sistema lasciandone immutato il ruolo. Si mobilitano i questurini, fioccano gli indagati e tutti quelli che mai ne hanno assaggiato in vita loro invocano punizioni esemplari a suon di cinghiate e schiaffi per ristabilire la buona educazione. Palati fini per sapori forti.
Insomma questa storia del bullismo è un raccontino speso a buon mercato per ogni caso di cronaca minorile: un termine ambiguo ed esteso che vede ovunque aggressori forti e vittime deboli. Ma in questo caso viene occultato qualcosa, quel rapporto rivelato da un frame preciso in cui il nemico pubblico del’iti di Lucca sbraitando contro il professore punta l’indice e ammonisce “chi è che comanda qui?”… e quello? E quello si ritrae mettendo al sicuro il tablet del registro elettronico, la risorsa del comando, il terminale che sanziona o premia. Oggi la scuola è sopraffazione. Il bullo cosiddetto è lo sfigato che esteriorizza una reazione a una regola formativa ricattatoria… conseguire il risultato non è in fondo tanto diverso da strapparlo, basta ottenerlo il sei e per ottenere si comanda. Chi è comanda qui? È la scuola, e perché dovrebbe intenderla diversamente, il bullo cosiddetto? Gli hanno insegnato che si tratta di quello, di comando. Gli è andata bene fino a quando uno smartphone non l’ha tradito: aveva imposto in classe la sua autorità ma il mondo esterno ristabilisce quella del professore. Allora di nuovo ognuno al suo posto, punite il mostro e assicurate il tablet al prof, a maggio ci sono i test invalsi, gli obiettivi da conseguire e bisogna prepararsi a conseguirli. Costi quel che costi.
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