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Solo perché questa scuola fa schifo

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Dall’aria di tempesta alla tempesta vera e propria nelle scuole pisane. Il ritmo della mobilitazione studentesca di questo gennaio non segue il dettato di nessuno e sembra non avere uno spartito. È scandito da cortei chiamati per passaparola e dalle occupazioni, prima una poi l’altra, poi tre in contemporanea, una smette altre due se ne aggiungono.

A pochi giorni di distanza dall’ultimo corteo selvaggio finito a spintoni con la polizia sotto il comune questa mattina un altro corteo ha attraversato la città. In mezzo le occupazioni hanno fatto montare una protesta che non si ferma alla richiesta di più fondi e risorse per l’edilizia scolastica. In fondo si potrebbe dire che non si sa per cosa si protesta, e non è un problema. È una condizione a rivoltarsi. Quella degli adolescenti reclusi in scuole prigione dove l’istanza di controllo viene prima di quella della libertà e l’autonomia per formarsi, dove la sicurezza non è l’incolumità nei luoghi di studio ma i poliziotti del decreto scuole sicure, quella della soppressione di ogni margine di decisione sui luoghi in cui si vive e si studia, quella della gabbia burocratica che produce confusione e spaesamento. Occupare è giusto. Sovverte quest’ordine. Lo sentono in tanti. È un modo di cercare delle soluzioni perché questa scuola così fa male.

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L’onda lunga della protesta analoga nata a Livorno continua a montare a Pisa mentre laggiù si è infranta nell’impegno preso dal sindaco pentastellato Nogarin direttamente con il governo per finanziare i lavori nelle scuole cittadine. Qui c’è un nodo forte. La cosiddetta autonomia finanziaria degli enti locali obbedisce a una logica di risparmio più che di snellimento amministrativo. Secondo il presidente della provincia di Pisa, l’ente che ha in carico la gestione e la manutenzione degli edifici scolastici, per rimettere a posto solo il complesso Marchesi, uno dei poli didattici principali della città, servirebbero 56 milioni di euro. Le casse della provincia sono vuote. A chi rivolgersi? A Livorno la giunta dello stesso colore del governo ha salvato la situazione in corner contattando direttamente l’esecutivo. A Pisa la politica tace. Eppure stanno dalla stessa parte di chi siede al governo. Allora non basta la protesta alla provincia degli studenti del Santoni che scendono in strada lunedì mattina contro le temperature rigidissime sofferte a scuola per la mancanza di riscaldamento, non basta l’occupazione del tecnico industriale Fascetti che occupa martedì contro la mancanza di strutture adeguate per i laboratori, non bastano neanche le occupazioni di Santoni e ITIS. Se non basta si continua.

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Venerdì mattina, il giorno successivo al corteo di giovedì, occupa il Buonarroti, lo scientifico che condivide con il Santoni il complesso Marchesi che risulta completamente controllato dagli studenti. Sabato sera, nelle ore dei corsi serali, viene tentata l’occupazione dell’alberghiero Matteotti ma il preside, avvertito dai collaboratori scolastici, interviene per sgomberare. Nella notte gli studenti ci riprovano, alcuni infissi vengono forzati, vengono segnalati dei danni. Al mattino la scuola è di nuovo sgomberata. Il preside convoca i giornalisti: “i responsabili verranno denunciati, chi sbaglia paga”. Il Preside parla come Salvini che parla come un poliziotto. “Questa scuola fa schifo. Il preside non ci ha mai ascoltato, che dobbiamo fare?” replicano i ragazzi. È una lotta per negare la messa perenne in stato di accusa, l’infantilizzazione, la colpevolizzazione: altro che grembiuli a scuola. È una lotta all’attacco. Parte un tentativo di accerchiamento della protesta e di criminalizzazione: è la caccia ai responsabili per frammentare la mobilitazione e indebolirla. “Basta con questa farsa del ‘68” strillano anche grillini pisani.

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La risposta è la migliore possibile. Nella notte la scuola viene nuovamente occupata e da lì gli studenti invitano a partecipare al corteo della mattina. I giovani non demordono. Da piazza Santa Caterina il corteo è ancora più grosso di quello di giovedì, convocato ancora per catene di messaggi e passaparola. È facile trovarsi in questi giorni, i ragazzi sono sempre assieme, fuori e dentro le occupazioni. Le notizie viaggiano rapide. Alle nove in punto la manifestazione si muove. È uno sciame, più di mille. Numeri che non si vedevano da un po’ di tempo. Dal Matteotti arrivano notizie contrastanti, pare sia arrivata la polizia e i vigili del Fuoco. Un giornalista ha fatto irruzione nella scuola e rincorre gli studenti.

“La protesta pacifica della maggioranza è rovinata da un piccolo gruppo di estremisti”, dice. Ancora sentenze ma in fondo anche questi giornalisti sono solo gli ultimi della categoria di chi parla sui giovani senza ascoltare. Ora devono capire, e bisogna che capiscano. Il corteo devia dal Lungarno e imbocca via Garibaldi per dirigersi verso il Matteotti per difendere l’occupazione. Gli occupanti e il corteo si fondono. La scuola è di nuovo sotto il controllo della protesta. “Decidiamo noi quando e come lasciarla”. Il corteo riparte. Fa un giro largo, passa sotto il complesso Marchesi, sotto di licei di via Benedetto Croce e finisce in piazza XX settembre, ancora sotto il comune. L’assemblea rilancia. Non è finita qui.

 

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