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Storie di ordinaria follia in alternanza Parte #3 Ritorniamo ad Eataly

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Eccoci con una nuova folle storia di alternanza scuola-lavoro o come preferiamo chiamarla noi “alternanza scuola-sfruttamento”. Lo scenario è nuovamente il colosso dei punti vendita di alimentari fondato da Farinetti: Eataly.

 

Lo stesso posto dove si è svolta la storia che vi abbiamo raccontato qualche settimana fa del ragazzo sfruttato in alternanza che ribellatosi a questo sfruttamento era stato licenziato e mandato a casa. Questa volta invece protagoniste di un’altra brutta vicenda ad Eataly sono tre studentesse di un istituto professionale commerciale di Milano. Le tre ragazze, come molti studenti da tre anni a questa parte, si trovano a novembre con la preoccupazione di non sapere dove fare il periodo di alternanza. Poiché non hanno aziende o luoghi di lavoro da proporre, si rivolgono alla loro coordinatrice di classe,che gli propone di andare a fare alternanza nel periodo natalizio da Eataly, dove sarebbero state, a detta sua, negli uffici a fare quello per cui la loro scuola le prepara ovvero gestire la contabilità. Le ragazze anche se a malincuore, poiché l’ idea di lavorare gratuitamente durante la vacanze di natale giustamente non le alletta granché, accettano. Perché arrivare con ore mancate di alternanza alla fine dell’ anno è troppo rischioso. “ Arrivate lì ci siamo dovute ricredere. Non siamo state collocate né negli uffici né tanto meno a contatto con i clienti” mi dice Sara, che si sarebbe accontenta anche semplicemente di aiutare i clienti. Perché davanti all’ alternanza considerata ormai come un dato di fatto imprescindibile si arriva a questo: ad accontentarsi e a trovare remunerativo esperienze di fasulla formazione e utilità come l’ assistenza alla spesa dei clienti. Ma in confronto a quello che si sono ritrovare a fare sarebbe stato quasi un privilegio. Fatico a crederci quando Sara mi dice che il loro “lavoro” per una settimana e oltre è stato fare scatole con fili di paglia nelle scale antincendio del negozio. Elena, un’altra delle tre ragazze inizia a sfogarsi e mi racconta più nel dettaglio : “Le condizioni lì dentro erano allucinanti, faceva caldissimo e a malapena si riusciva a respirare perché arrivava dai piani inferiori il puzzo del panificio e l’ unica finestra era al piano di sopra e si poteva aprire solo di una spanna”. Riguardo all’ incarico che dovevano svolgere ancora fortemente indignata mi dice: “Eravamo immerse nella paglia e lavoravamo ai cesti instancabilmente 7/8 ore al giorno, arrivando persino a tagliarci le mani . Avremmo creato minimo 300 scatole di paglia”. Insomma un attività meccanica, disturbante e alienante. Ma lo stage di queste ragazze non si è limitato a questo. I loro superiori infatti, gli hanno anche fatto fare tante altre cose molto “utili” e “formative” tipo pulire le corsie del negozio, mettere la spesa delle persone nelle buste e spostare prodotti e scatoloni nel magazzino.”E’ stato veramente orribile. La peggior alternanza scuola lavoro che si possa mai fare” è l’ opinione molto chiara di Elena che facendo un istituto professionale crede nella possibilità che fare uno stage in una azienda possa aiutarla a trovare un lavoro una volta uscita da scuola e che invece si è trovata faccia a faccia con la cruda realtà di queste grandi aziende che sfruttano gli studenti propinando loro “esperienza utile per un futuro lavoro”.

E a quanto dicono il magazzino sarebbe pieno di ragazzi in stage. ”Abbiamo incontrato molti ragazzi del liceo scientifico messi a fare i magazzinieri durante tutto il periodo natalizio”. Questa testimonianza è veramente preoccupante perché rende noto un fatto che già si supponeva: nei magazzini di Eataly vengono fatti lavorare numerosi studenti. E mentre ai piani alti la gente ignara consuma prodotti costosi, ai piani bassi ci sono studenti che passano il loro tempo libero a essere la manovalanza non retribuita di un azienda che è l’ ennesimo esempio di come l’ alternanza scuola lavoro sia solo un accordo che favorisce delle aziende a discapito di generazioni di ragazzi, colpevoli di essere la generazione dei “futuri disoccupati” a cui ci si può permettere di propinare riforme indecenti come quelle della Buona Scuola in nome della lotta alla disoccupazione giovanile.

Da Osa – Organizzazione studentesca autonoma (Milano) 

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