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Tempo di bilanci (il caldo batte forte)

Ma quest’anno molti di noi faranno anche altri bilanci: bilanci di un anno di lotte. E i nostri coetanei che faranno questi bilanci sono molti di più di quelli che l’opinione pubblica penserebbe. E sono bilanci molto più vivi e particolari di quelli che abbiamo tracciato sopra, sono bilanci collettivi.

Quest’ultimo anno è stato intenso e particolare, pieno di novità che hanno segnato le piazze italiane ed euromediterranee, i percorsi di rivolta che hanno attraversato il mare dove in molti con gioia approderemo quest’estate si sono caratterizzati parlando soprattutto di noi, di quella generazione zero, di quella generazione precaria, di quella generazione in rivolta che ha sconvolto non solo le varie abbozzate exit strategy dalla crisi, ma anche gli equilibri geopolitici di questo mondo in mutamento.

Che cosa ha rappresentato in senso più largo quest’anno nella particolarità italiana e studentesca, tanto dal punto di vista della fase, quanto dal punto di vista di come si sono dati i movimenti rispetto a questa?

Partiamo da un assunto fondamentale, le piazze di quest’anno non hanno parlato solo di Riforma Gelmini, anzi hanno gridato con vigore anche molto altro. Le nostre piazze in particolare.

Infatti, già dall’inizio dell’anno eravamo a conoscenza del fatto che un ciclo andava via via a chiudersi, la riforma era ormai passata per quanto riguarda le scuole superiori, ma gli effetti di questa visti nella pratica non avevano che aumentato la nostra “rigidità” nel recepirla. La nostra lettura della Riforma andava ben oltre il concepirla come una mera sommatoria di tagli (come facevano la CGIL e i sindacati studenteschi), e la inseriva dentro una logica di mercato atta a creare una forza lavoro maggiormente malleabile e investibile nei processi di precarizzazione. Logica ulteriormente avvalorata dalla crisi e dall’attacco al welfare portato dai governi. Una precarietà, come spesso abbiamo rilevato, esistenziale, perché investe anche la nostra vita al di fuori della scuola e la rende commerciabile e commerciale nell’essere consumatori-merce.

E da qui avevamo capito che la lotta era tutt’altro che persa, nonostante la riforma fosse passata ancora molti erano i fronti su cui battersi e in cui mettersi in gioco per la conquista dei nostri bisogni e delle nostre necessità. Per questo motivo abbiamo riempito i cortei per tutto l’autunno a fianco degli universitari. Non per una becera solidarietà, ma per una comunanza d’intenti: far tremare i palazzi dei potenti che volevano scaricare questa crisi sulle nostre spalle.

Proprio noi studenti medi abbiamo giocato un ruolo fondamentale, forse ancora più protagonista degli universitari, anticipandone e radicalizzandone le pratiche. I blocchi del traffico, le occupazioni, i cortei selvaggi erano solo un assaggio di quello che doveva venire. E poi c’è stato il 14 dicembre, si è materializzato quel “Que se vayan todos!” che fortunatamente avevamo rispolverato dal 2001 argentino.

Ci siamo finalmente resi conto della nostra potenza e di come anche nell’essere precari e frammentati la lotta ricompone e fa vivere forte. Abbiamo capito che è possibile riprendersi il proprio futuro, e che è necessario per farlo camminare sopra la testa dei re! O dei rais!

Renderci conto di questo non è stato tutto, non ci siamo fermati là, non abbiamo lasciato che quella giornata rimanesse un momento isolato e bellissimo, ma esclusivamente da ricordare.

Tornati nelle nostre città, ci siamo messi al lavoro di nuovo, abbiamo iniziato a far scaldare questa bellissima primavera al grido di “Cacciamo il rais!”, di “Noi la crisi ve la creiamo”, costruendo intorno alle pratiche che nell’autunno ci avevano contraddistinto nuovo immaginario e linfa vitale.

Tutto ciò si è sedimentato dentro quello sciopero generale che doveva caratterizzarsi come una semplice sfilata preelettorale, ma che è stato trasformato da noi ancora una volta in un momento di conflitto e costruzione di alterità! E quindi gli studenti medi sono stati capaci di generalizzare la propria lotta ancora una volta, di rendersi soggetto sociale, di caratterizzarsi ben al di fuori della politica di opinione occupando ancora una volta le strade e le stazioni, assaltando Equitalia, cacciando Maroni da Bologna, sanzionando le banche e la Confindustria.

Un messaggio forte e potente lanciato chiaramente a delle controparti precise…

Ed è vero, adesso ci sarà un’estate, ma voi potenti, voi governanti corrotti, voi impresari ladri non andate al mare, non uscite sul bagnasciuga, ma preparatevi a tremare, perché un’estate alle porte vuol dire un nuovo autunno che si avvicina.

Chissà che il caldo di quest’estate non ci porti i sentori delle piazze dall’altra sponda del Mediterraneo…

Editoriale di StudAut

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