Più di centomila contro il Congresso Mondiale delle Famiglie
Si sta tenendo a Verona “XIII Congresso mondiale delle famiglie” che raccoglierà dal 29 al 31 Marzo, i movimenti prolife, antiabortisti e antidivorzisti, di tutto il mondo. Sono già decine di migliaia le persone che stanno invadendo la città scaligera contro questa provocazione che saldala violenza neoliberale alla mentalità confessionale dell’ultradestra.
I fascisti di Forza Nuova improvvisano un comizio antiabortista nei pressi di piazza Bra, vicino alla location del congresso per sfruttarne i riflettori, ma vengono fermati dagli organizzatori. Già nella giornata di ieri a Padova i forzanovisti erano stati protetti dalla polizia che aveva caricato un corteo antifascista che voleva impedire la sfilata del partito di Fiore nel centro cittadino. Nel frattempo i numeri in piazza XXV Aprile continuano a crescere. Davanti alla stazione di Porta Nuova si sta infatti concentrando il corteo di contestazione al Congresso Mondiale delle Famiglie. Pullman e treni continuano ad arrivare e circola la notizia di un treno proveniente da Vicenza sotto sequestro da parte di polizia e trenitalia sui binari della stazione di Verona. Sui vagoni centinaia di manifestanti vicentine e trevigiane. Mentre la testa è partita da più di mezz’ora oltre metà corteo si trova ancora in piazza in attesa di mettersi in marcia. La questura dichiara 20 mila manifestanti. Sembrano almeno quattro volte tanto.
Il primo World Congress of Families si è svolto a Praga nel 1997. Era un evento nato dalla saldatura di gruppi della destra religiosa statunitense – che si opponeva all’aborto, al divorzio e all’omosessualità – e del tradizionalismo ortodosso russo preoccupato della denatalità e della salvaguardia dei valori della famiglia. Il WCF è diventato con il tempo un vero e proprio collante per le destre e le estreme destre di tutto il mondo. In Italia, dopo l’esplosione sociale dello stato di agitazione permanente dell’8 Marzo, che ha portato in centinaia di città in tutto il mondo un’aspra opposizione sociale, le giornate veronesi acquistano centralità nella lotta delle donne.
Non Una di Meno ha convocato una tre giorni di mobilitazione “Verona Città Transfemminista” il cui apice è la manifestazione di oggi in cui è previsto l’arrivo a Verona anche del vice premier Matteo Salvini. Decine di bus da tutta Italia hanno raggiunto la città veneta per invaderla di corpi, parole, pratiche e istanze che vanno nella direzione opposta, e che hanno costretto a schierarsi individualità e pezzi di potere. Il Vaticano, che si è di fatto sottratto dall’iniziativa, la Presidenza del Consiglio dei ministri è stata costretta a ritirare il patrocinio inizialmente concesso al Congresso.
Ulteriori rimostranze ci sono state anche da parte dei lavoratori Istat, che hanno costretto il nuovo presidente, Giancarlo Blangiardo, a rinunciare alla partecipazione al Congresso, imponendo il ruolo imparziale dell’istituto di ricerca. Il rettore dell’università di Verona ha negato agli organizzatori l’uso delle aule dell’università e più di cinquecento accademici hanno firmato un appello contro il Wcf ; la Società Italiana delle storiche ha dichiarato chiaramente che il ricchissimo patrimonio di ricerche ha mostrato che non esiste un unico modello di famiglia e che il concetto di famiglia “naturale” è privo di qualsiasi base scientifica.
I promotori del Congresso negli anni hanno cambiato modelli comunicativi, prediligendo alle dichiarazioni apertamente omofobe e misogine, sulle conseguenze negative dell’aborto, della denatalità, dei matrimoni tra persone dello stesso sesso, la costruzione di un “immaginario positivo”: “la bellezza del matrimonio, i diritti dei bambini, l’importanza della donna nella storia e sulla tutela giuridica della vita e della famiglia”. Il neofondamentalismo che va in scena in questi giorni,nella sua veste pubblica non esprime una mentalità retrograda e regressiva, ma, al contrario, costituisce un regime discorsivo complementare a quello neoliberale. Chi ha potere e soldi non deve stare sotto i dictat della famiglia oppressiva e tradizionale. La dichiarazione di Salvini che promette di non toccare la 194 non esprime solo ipocrisia, ma la necessità articolare lo stesso risultato con altri strumenti, tant’è che ad oggi la legge non è sufficiente a garantire l’effettività del diritto di abortire. La difesa la famiglia tradizionale, dunque si riferisce ai figli, mogli e mariti altrui.
È un attaccho a chi richiede servizi per la cura dei bambini e degli anziani, maggiori investimenti nel sistema sanitario, valorizzazione del sistema educativo, la possibilità di avere una casa anche in situazioni di monogenitorialità, effettivi spazi di socialità nelle periferie delle metropoli, spesso teatro del peggior isolamento. Ogni comportamento individuale come aborto, divorzio, omosessualità e sopratutto le rivendicazioni collettive rappresentano una minaccia alla stabilità bramata. Nella crisi del neoliberismo narrano uno spiraglio di possibilità, tentano di mettere maldestramente in secondo piano il grottesco repertorio medioevale per ambire ad influenzare la politica globale; infatti molti dei partecipanti al meeting sono parte integrante delle istituzioni pubbliche e sociali del nostro paese e non solo, che propongono la famiglia “naturale” come il nucleo della stabilità sociale, del controllo e del ricatto. L’impoverimento sempre più aggressivo di grosse fette di società come occasione unica per ristabilire ruoli e gerarchie, per disciplinare donne e uomini ad un certo tipo di riproduzione sociale ed etica del lavoro, che non gravi sulle casse dello Stato, ma sia il frutto del sacrificio e della propria intraprendenza.
Da una parte lo smantellamento del welfare, le politiche di austerità, indebitamento e privatizzazione dall’altra il mettere a lavoro le donne nella riproduzione della vita, rinunciando ad ogni pretesa, diventa condizione indispensabile per garantire la riproduzione della società e assicurarla nel tempo. Eppure, la ribellione esiste…
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